Fortunatamente a Parigi l’Italia aveva incassato “piena intesa” da Francia e Germania. Chiedersi cosa sarebbe accaduto a Tallinn se non ci fosse stata la “piena intesa” di Parigi rischierebbe di sembrare satira. Di fatto anche la Germania mette il cartello “Porto chiuso”. E questo non per paura che le navi cariche di migranti possano circumnavigare l’Europa per sbarcare i migranti dopo una settimana ad Amburgo. Ha più un valore simbolico la risposta tedesca incassata dall’Italia al Consiglio per gli Affari Interni estone. Con la Germania – che appunto avrebbe dovuto perorare la causa italiana come concordato a Parigi – si schierano anche gli altri “Interni” europei; tutto sommato compreso Malta che ha sempre negato il proprio supporto alle operazioni di soccorso anche quando di vero soccorso si trattava e ricadeva nella propria area “Search and Rescue”. Quindi i migranti che non vengono riconosciuti profughi da proteggere restano un problema italiano.
Date che indicano un periodo di Governo ben preciso, dal dopo Enrico Letta al Governo di Paolo Gentiloni, quindi passando per i quasi tre anni di Governo di Matteo Renzi. Contro l’ex premier toscano si scaglia subito il centrodestra, con il capogruppo di Forza Italia Renato Brunetta, accusando l’ex presidente del Consiglio dei Ministri Matteo Renzi di aver causato il danno a cui adesso non si riesce a porre rimedio. Il Movimento 5 Stelle lancia invece l’allarme pretendendo dal Governo immediate spiegazioni sul “siamo stati noi” annunciato da Emma Bonino. Mentre si accende – come se si fosse mai spenta – la dialettica politica interna sulla magra figura raccolta a Tallinn, le Camere nazionali continuano a produrre grottesche meraviglie. Tra queste si nota che lo Ius Soli, che tanto aveva infiammato gli animi del Paese, è andato a parcheggiarsi su un binario morto – forse non per caso visti i tempi che corrono in Ue e considerato il crollo dei consensi registrato dal partito di maggioranza italiano in casa – e nel frattempo viene approvato il tanto atteso “reato di tortura”. L’unico problema è che il reato di tortura, licenziato dalla Camera dei deputati con 198 voti a favore ed adesso Legge, prevede giustamente che reato è anche costringere le persone in luoghi in cui non vengono garantiti i diritti umani e si subiscono maltrattamenti. Come ad esempio la Libia, per dirne uno. In tal caso, chi dovesse ordinare un respingimento potrebbe venire incriminato per reato di tortura; e visto che per le Forze dell’ordine si è pensato all’aggravante, un eventuale funzionario del genere vedrebbe una pena assai più grave.
Questi i pastrocchi nazionali mentre si proclamano quali punti a favore gli accordi di Tallinn sul codice di regolamentazione delle Ong, sui rimpatri e sulla Libia. Sull’ultimo punto, visto il precedente turco, l’Ue sembra sempre favorevole purché siano dei “caporali” stranieri a fare il lavoro sporco. E il codice di regolamentazione delle Ong di fatto esiste già ed è composto dalle leggi nazionali e dal diritto internazionale. Il reato di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, nel caso in cui una nave di una Ong spegne il transponder e va a “caricare” migranti in acque territoriali libiche, se questi non stavano in mare o in procinto di finirci causa naufragio, esiste già e lo si può applicare in qualunque momento. La “stretta sui visti” è la pacifica intenzione di forzare in aumento i rimpatri dei migranti non riconosciuti potenziali richiedenti asilo per ragioni nazionali. Cioè il “rispedire” – non è del tutto chiaro dove e come se non c’è la collaborazione dello Stato di provenienza del migrante “economico” – a casa o in un Paese terzo una persona che potrebbe avere motivo di protezione internazionale per persecuzioni personali. Come rimandare in Italia un italiano a cui la mafia ha giurato morte, solo perché in Italia non c’è guerra. Quindi tutti d’accordo che l’Italia non va lasciata da sola. Inclusa l’Italia che chiede aiuto ma finisce sempre per farsi volontariamente carico dei problemi rifiutando gli aiuti per lamentare di contro le imposizioni Ue anche quando potrebbe provare ad alzare un po’ la voce. Ma forse è solo una questione di credibilità che l’Italia si è giocata da tempo. Indirettamente sembra confermarlo anche Emma Bonino.
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