
di Roberto Greco
L‘ho incontrata nel 2009. In quel periodo stavo realizzando le interviste/racconto del mio docu-film “Sopralluoghi per un film su un poliziotto ucciso” e lei, quel poliziotto, Giorgio Boris Giuliano, lo aveva conosciuto bene. Letizia Battaglia, in quegli anni, aveva la sua Pentax sempre ad altezza occhio. Come anticipava il suo cognome, lavorare come fotoreporter a Palermo negli anni ’70, soprattutto per una donna, era una ‘battaglia’: all’erta ventiquattro ore su ventiquattro, rullini vergini sempre a disposizione, in attesa di una chiamata dalla redazione, di una mezza parola raccolta a Palazzo di Giustizia o alla Squadra Mobile per correre via, sulla strada, a fotografare l’orrore di quei momenti, a cercare di contribuire, con forza e tenacia, alla presa di coscienza sociale della città e dell’isola.
“Non lo volli fotografare” racconta Letizia parlando del commissario Giuliano, “non ho voluto che nelle mie fotografie lo si ricordasse a terra, immerso nel suo sangue, lasciato solo, non volevo togliergli la dignità che aveva sempre avuto.”
Non è l’unica foto che Letizia non scattò in quel periodo. Abbassò la sua macchina fotografica davanti al corpo martoriato di Giovanni Falcone. “A cosa mi sarebbe servito quello scatto in più? C’era un rapporto quasi amicale, tra noi. Non potevo e non volevo mancargli di ripetto.”
In questo ambito nasce il progetto del “Centro Internazionale di Fotografia”, che si inaugura a Palermo, con uno spazio stabile all’interno del Padiglione 18 dei Cantieri Culturali della Zisa, il prossimo 16 novembre.


Il 16 dicembre sarà una giornata densa di eventi e d’inaugurazione di mostre fotografiche di giovani autori e, tra queste, “Fotografi per Palermo” a cura del Centro Internazionale di Fotografia, “Io sono persona” a cura di
Giovanna Calvenzi, Kitti Bolognesi e Marta Posani, “The Leopard” di Isaac Julien a cura di Paolo Falcone.

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