di Mauro Seminara
Della barca con stimate 55 persone a bordo, Malta aveva le coordinate e queste aveva trasmesso alle navi in transito. Tutte le navi che transitano in area devono cercarla e se necessario assisterla, era il messaggio diramato. In transito c’era una nave. Un grosso cargo Ro-ro salpato da Khoms, in Libia, e diretto a Genova. Il cargo “Ivan”, bandiera portoghese, che raccoglie l’appello e ferma i motori al minimo di giri per proseguire la sua rotta a circa tre chilometri orari. Le coordinate sono quelle che indicano un tratto di Mediterraneo centrale e circa 30 miglia sudest di Lampedusa. La Ivan stava puntando un passo tra le due isole delle Pelagie, Lampedusa e Linosa, ed era quindi proprio sul cammino delle ricerche. Ma le ricerche della barca venivano effettuate in mare da un mastodontico cargo, impossibilitato ad eventuale soccorso per caratteristiche tecniche della nave, ed in cielo da velivoli maltesi, italiani e dell’agenzia europea Frontex. Nel caso in cui la barca fosse stata avvistata, nessuno avrebbe potuto fare granché.
Questa notte, alle coordinate indicate da Malta, c’erano onde alte due metri. Mare grosso che si vedeva anche da Lampedusa, dove erano pacificamente ormeggiate tutte le motovedette ed i pattugliatori d’altura di stanza sull’isola pelagica italiana. Isola che, tra l’altro, era il porto in assoluto più vicino al punto di ricerche, sia per distanza che per direzione del mare. Malta, che pur volendo – anche se improbabile – non avrebbe potuto coprire la sua distanza e con il mare di traverso, ha annunciato che anche questa mattina stanno procedendo le ricerche della barca. Anche Frontex continua a cercare, ovviamente anch’essa dal cielo. Alarm Phone, continua a chiedere che fine abbia fatto la barca, su cui risulta alla centrale d’allarme che ci fossero 55 persone. Nessuno sa nulla, ma le ipotesi ragionevoli sono ormai soltanto due: la barca ha raggiunto in autonomia Lampedusa senza schiantarsi sugli scogli della sua costa sudest e nessuno si è accorto dei migranti approdato questa mattina, oppure la barca è scomparsa tra i flutti del mare mosso di questa notte. La seconda ipotesi è però più plausibile.
Anche in questo caso ci si attenderà il giro di valzer delle accuse e delle smentite, come nel caso del giorno di Pasqua con il gommone vuoto e semiaffondato che per Sea Watch era prova di un naufragio e che Guardia Costiera italiana e Frontex hanno smentito definendolo probabile residuo di soccorso libico dei giorni precedenti. Se il naufragio non c’è stato il 12 aprile, e se delle quattro barche avvistate da Frontex venerdì 10 sono arrivate davvero due in autonomia in Sicilia e due erano in SAR maltese, una delle quali soccorsa miracolosamente in tempo da Aita Mari, la barca scomparsa questa notte sarebbe la quarta di quattro: quella che alla fine un naufragio pare averlo avuto e che le decine di vittime annunciate le può aver fatte davvero. In Italia, la ministra dei Trasporti e delle Infrastrutture Paola De Micheli, stamattina ha ribadito che l’Italia non si volta dall’altra parte quando c’è da aiutare, ma ha anche puntualizzato, con una “aggiunta” buttata lì nel corso di un collegamento televisivo, che lo fa se le compete per evento in area SAR di appartenenza. Se quindi una barca carica di migranti che sta per essere travolta dalla tempesta si trova due miglia oltre la propria area SAR, in area di competenza di Malta che però dista il triplo della distanza, il temibile sottointeso parrebbe essere quello che questa notte si è potuto vedere a Lampedusa con tutte le motovedette ben salde alle rispettive bitte. Attendiamo adesso una nota sul probabile naufragio di questa notte. Magari anche questo non è mai esistito.