di Alessandro Capucci
Professore Ordinario di Malattie Cardiovascolari,
Responsabile del gruppo di ricerca di Piacenza per la cura del Covid-19 per conto di AIFA.
Da una settimana circa si stanno affollando le indicazioni su come sia possibile passare dal lockdown, che ormai è entrato nelle nostre abitudini, alla ripresa graduale delle attività o fase 2.
Si sentono molteplici voci per radio e in TV che focalizzano sulle misure igieniche che dovrebbero essere adottate nei luoghi pubblici, ristoranti, luoghi di villeggiatura e sull’impiego diffuso di tamponi piuttosto che di test immunologici che, a detta di molti, medici compresi, sarebbero indispensabili per potere riprendere le attività in sicurezza.
Bisogna che sia chiaro invece, proprio per potere riprendere una vita normale, che la sicurezza assoluta non esiste per il coronavirus esattamente come non esiste per la nostra vita.
Bisogna in altre parole capire che dobbiamo riuscire a liberarci dei terrori che ci sono stati infusi durante questo lockdown nella nostra solitudine casalinga e riprendere la nostra attività semplicemente con qualche accortezza e qualche certezza in più rispetto all’inizio di questa vicenda.
La fase 2 deve essere attuata con regole semplici, monitorabili e che non richiedano inutili test che, data la loro scarsa sensibilità e specificità, non ci daranno mai le risposte che cerchiamo: uscire in assoluta sicurezza senza incorrere nel virus infettante.
Non si può sgarrare, ecco i punti fermi
Nel programmare la così detta Fase 2 vi sono alcuni punti fermi.
In assenza di una mappa della diffusione del virus, ormai impossibile per la grande popolazione, dobbiamo partire dal presupposto che ognuno di noi possa essere potenzialmente portatore di virus e infettante. Sarà necessario pertanto mantenere in fase 2, le attenzioni riguardanti la distanza (meglio 2 metri che 1 metro) dalle altre persone, l’impiego di mascherine per i comuni cittadini (sovra maschere in più per il personale esposto), dei guanti, il lavaggio molto frequente e accurato delle mani.
Le organizzazioni pubbliche e le aziende private dovranno farsi carico di accogliere le persone nei luoghi di frequentazione con le dovute distanze e così via. Molto utile, se non addirittura indispensabile, iniziare a lavare e disinfettare strade e luoghi pubblici, vista l’alta resistenza del virus anche in ambienti esterni, a contatto con specifiche superfici.
Ogni persona che si è ammalata di influenza ed è guarita dovrà stare comunque in isolamento domiciliare per 4 settimane prima di uscire e/o riprendere il lavoro. I medici dovranno essere protetti secondo norme igieniche precise, sia in ospedale, sia a domicilio dei pazienti. In quest’ultimo caso si potrà progressivamente attivare la visita a distanza con modalità telematica, già oggi possibile.
Questa ripresa di mobilizzazione non dovrà essere condizionata da alcuna fallace strategia di impiego di tamponi e/o test anticorpali, né tanto meno dall’età delle persone, come si vorrebbe fare passare a colpi di decreto.
Molti dubbi anche sull’utilità delle App, proprio per l’obiettiva difficoltà esistente a tracciare i possibili veri infettanti (essere stato ammalato, o essere positivo al tampone non vuol dire necessariamente avere uno specifico potere infettante).
La terapia: idrossiclorochina, antibiotico e anticoagulante
Tenuto conto delle precedenti misure e della conoscenza acquisita di efficaci armi terapeutiche (sia per la fase acuta influenzale, che delle possibili ulteriori complicanze) e in attesa di altre sempre più specifiche terapie, si può a questo punto riprendere la mobilizzazione da casa e l’attività lavorativa.
Nel caso che una persona sviluppi sintomi influenzali sarà trattato a casa dal Medico di Medicina Generale a cui verrà dato il protocollo d’azione che consiste in terapia con Azitromicina e Idrossoclorochina ai primi sintomi influenzali; la terapia con Eparina sottocutanea a dosi scoagulanti e il ricovero in ospedale saranno riservati ai casi di pazienti in cui compaia il sintomo dispnea.
Questa è la nuova ed efficiente strategia terapeutica, più efficace al momento. E’ possibile che dietro l’angolo ci sia la possibilità di impiegare farmaci antivirali (Remdesivir) probabilmente efficaci in caso di patologia avanzata. Quindi abbiamo le armi già oggi per combattere la malattia da coronavirus anche prima che arrivi il supposto vaccino.
Si dovranno approntare e organizzare le modalità di viaggio nei mezzi pubblici in sicurezza (autobus, metro, treni, aerei ecc.) in modo da potere riprendere la mobilizzazione.
Monitoraggio e cautela per 3-6 mesi
La fase 2 (mobilizzazione totale da casa, con le modalità sopra riportate) potrebbe avere una durata di 3-6 mesi, durante i quali saranno monitorati i casi ulteriori di ammalati molto sospetti o effettivi (che hanno necessitato ospedalizzazione) di coronavirus e la loro mortalità. Ci si attende un deciso calo sia delle ospedalizzazioni che della mortalità grazie alla strategia di cura precoce e al semplice rispetto delle norme igieniche.
Sarà di fondamentale importanza che i dati emersi siano monitorati e valutati in continuo da una commissione di esperti (preferibilmente in un numero ridotto) scelti fra medici e statistici senza alcun legame politico, dotati di esperienza provata sia sul campo di lavoro che di produzione scientifica (alto impact factor : superiore 40 secondo Scopus) e scelti mediante rapido e trasparente concorso.
Dall’andamento derivante da queste valutazioni, e considerando anche eventuali nuove efficaci terapie uscite nel frattempo, sarà programmata la definitiva fase 3.