di Mauro Seminara
Il 3 maggio, domenica mattina, una nave cargo si è fermata al confine con le acque territoriali italiane su indicazione della Centrale di coordinamento soccorso marittimo di Malta. La nave si chiama “Marina” e il territorio italiano più vicino è quello dell’isola pelagica di Lampedusa. La nave cargo ha a bordo 78 naufraghi, soccorsi la notte tra sabato e domenica all’esito di una lunga ricerca. La nave, che batte bandiera Antigua Barbuda, si trova ferma in fascia di contiguità, appena fuori acque territoriali a sud di Lampedusa, da domenica mattina con i 78 naufraghi soccorsi. Uno stallo, sulla pelle di equipaggio e migranti, frutto del braccio di ferro che le autorità di Malta e Italia stanno mettendo in atto ormai da cinque giorni. Non è dato sapere se sul caso ci sono attività diplomatiche in corso oppure la nave è stata semplicemente dimenticata.
Il caso della nave cargo Marina è uno di quelli che può causare, quale effetto collaterale, una sequenza gravissima di omissioni di soccorso. Il mercantile era infatti una delle tre navi dirottate dal MRCC di Malta per la ricerca dell’imbarcazione poi soccorsa. Proprio il cargo Marina è quello che ha risposto alla richiesta di intervento con lieve ritardo rispetto alla nave cisterna maltese “Pyxis Epsilon” ed al cargo gemello “Karina”. Il mercantile Marina aveva navigato un po’ prima di assumere la disposizione e tornare indietro per unirsi alle ricerche. Un incidente del genere, con una nave mercantile che viene sequestrata da due Stati che non si mettono d’accordo, con a bordo 78 persone non previste dalle caratteristiche della nave e dalle scorte, non è certo un incentivo per futuri interventi di soccorso in mare.
Al rischio di incremento esponenziale di mancate risposte ai navtex delle autorità marittime nel Mediterraneo centrale si aggiunge il disagio che intanto subisce il mercantile che ha la sfortuna di salvare vite umane. A bordo del Marina, come già accennato, le scorte non bastano per tutti e nessuno sa dire quando e dove la nave potrà sbarcare i naufraghi e tornare alle proprie attività. Da Lampedusa però sono stati inviati a bordo acqua e cibi secchi per dare un margine di resistenza ulteriore a bordo. A mettere mano al portafogli ed acquistare le scorte sono state la Parrocchia San Gerlando di Lampedusa ed il progetto delle Chiese evangeliche “Mediterranean Hope”. Chiaramente, né il parroco, don Carmelo La Magra, né gli operatori di Mediterranean Hope potevano raggiungere il mercantile a quasi 13 miglia nautiche con un carico di acqua e cibo. Ad effettuare la consegna è stata infatti la Guardia Costiera con una propria motovedetta. La Capitaneria di Porto però non può autorizzare lo sbarco della nave Marina e neanche trasbordare i naufraghi che ha a bordo.
Il conflitto tra i due Stati, Italia e Malta, si gioca su un tavolo in cui sono stati ormai del tutto stracciate le regole e le convenzioni. La nave Marina aveva operato in area SAR maltese, ma a 30 miglia dal porto di Lampedusa ed oltre 120 miglia da quello di Malta. Le autorità marittime di La Valletta avevano assunto, come dovuto, il coordinamento del soccorso ma spettava all’Italia la concessione del porto di sbarco essendo il proprio “place of safety” (luogo sicuro di sbarco) il più vicino. L’Italia però pare abbia deciso di far valere il decreto interministeriale dell’8 aprile ed opporre il proprio porto “non sicuro” per l’emergenza sanitaria a Malta che ne faceva richiesta. L’isola-Stato, a sua volta, ha contrapposto analoga misura presa l’indomani del decreto italiano – poi mai pubblicato in Gazzetta Ufficiale – e quindi insiste sulla doverosa competenza italiana per il porto più vicino.
Da domenica mattina, infatti, il cargo Marina staziona davanti il porto di Lampedusa, in fascia di contiguità (la fascia di 12 miglia oltre le 12 miglia di acque territoriali) e quindi anche sotto la giurisdizione italiana. Tecnicamente, anche la Procura di Agrigento potrebbe intervenire. L’episodio del cargo Marina non è il primo della storia ed anche in passato lo stallo dovuto allo scontro tra i due Stati ha causato sofferenze a bordo di navi mercantili. Nel 2009 il mercantile turco Pinar era rimasto tre giorni immobilizzato al largo di Lampedusa per analoga vicenda. Quella volta il clamore mediatico lo si vide sulle prime pagine di tutti i giornali. Oggi, dei naufraghi a bordo del cargo Marina da cinque giorni sembra non interessare a nessuno. Ma nel 2009 erano altri tempi ed al secolo l’Italia era ancora quella che le persone le soccorreva anche a cento miglia da Lampedusa con fierezza, la Guardia Costiera era il corpo degli “angeli del mare” e gli italiani pare fossero anch’essi diversi da oggi.
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