di Mauro Seminara
Ieri sera è stata condotta una operazione “MedEvac” a sud di Lampedusa, ma sotto il riserbo che ormai avvolge tutto quello che riguarda la parola “migrante”. Il buco nero del Mediterraneo centrale ha inghiottito altre 50 persone migranti, ma queste, per fortuna, pare abbiano ancora un flebile contatto con il resto del mondo. Tra “pizzini”, informazioni sussurrate ed altre raccolte in un clima in cui le fonti ufficiali sembrano rischiare la corte marziale in caso di involontaria conferma o smentita di una notizia, si scopre che alla fine i circa 50 migranti in pericolo la notte tra sabato e domenica appena trascorsi sono stati salvati da un peschereccio. Si tratta di un peschereccio fantasma, come la flotta che Malta sta adoperando per le operazioni che riguardano i migranti. Tra segreti di Stato, violazioni del diritto internazionale e contractor adoperati invece dei preposti corpi ufficiali dello Stato, un incidente di percorso squarcia il buio che avvolge la vicenda a sud di Lampedusa che adesso riguarda anche la nave hotspot Moby Zazà.
Una donna che da sabato notte si trova a bordo della barca fantasma che ha soccorso lei ed i suoi compagni di viaggio, si presume gli stessi della richiesta di soccorso inoltrata da Alarm Phone, al termine della sua gravidanza, ha accusato dolori e per questi l’Italia ha accordato un “MedEvac” verso Lampedusa. L’evacuazione medica è stata operata dalla Guardia Costiera, a bordo delle cui motovedette opera il personale medico del CISOM (Sovrano Ordine dei Cavalieri di Malta) che ha però una convenzione con il corpo italiano che prevede un rigido accordo di riservatezza. La donna, secondo quanto assunto dall’ASP 6 di Palermo, il cui responsabile su Lampedusa è il dottor Francesco Cascio, accusava dolori e per questi, visto l’avanzato stato di gravidanza, è stata trasferita sull’isola pelagica e da qui in elisoccorso a Palermo. All’ospedale Ingrassia di Palermo però la donna migrante c’è andata da sola, perché i protocolli sanitari non hanno consentito al marito di seguirla a bordo dell’elicottero pur essendo stato evacuato insieme a lei dalla barca fantasma che li aveva soccorso.
Il marito della donna, che adesso si trova in ospedale nel capoluogo siciliano, è quindi rimasto a Lampedusa come a Lampedusa è rimasta la nave hotspot Moby Zazà
Dopo il caso della barca fantasma “Dar Al Salam 1” del capitano Carmelo Grech che a Pasquetta respinse sotto il coordinamento maltese 51 superstiti e cinque cadaveri a Tripoli, La Valletta ha intensificato l’uso delle imbarcazioni private per interventi in mare e per detenzione a bordo. La “barca fantasma” intervenuta sabato notte è tale perché, come per il Dar Al Salam 1 di Grech, non è visibile all’AIS e tutta l’operazione di soccorso è stata condotta con transponder disattivato in violazione delle norme internazionali. Fantasma anche grazie all’Italia che sul caso non fornisce nessuna informazione ufficiale. La barca, di cui al momento non conosciamo il nome e neanche le caratteristiche, si troverebbe quindi al largo della acque territoriali italiane, a sud di Lampedusa, da sabato notte in attesa di un place of safety (porto sicuro di sbarco) che spetta all’Italia assegnare stando al diritto ed alle convenzioni internazionali sul soccorso marittimo.
Un caso analogo a quello del mercantile “Marina”, che rimase giorni a sud di Lampedusa fino ad assegnazione, “poco pubblicizzata” di porto sicuro in Italia e sbarco notturno con tempi record a Porto Empedocle dove neanche un giornalista risulta fosse stato presente. Nel buco nero del Mediterraneo quindi potrebbero esserci in questo momento centinaia di persone, tra stalli tra Italia e Malta come a sud di Lampedusa, respingimenti illegali in Libia, omissioni di soccorso e tutto quello che può verificarsi dietro un omertoso silenzio istituzionale.