di Mauro Seminara
Mentre a 30 miglia sud della maggiore delle Pelagie si consumava questa notte una ricerca di persone in pericolo affidata a tre navi mercantili, nel porto dell’isola c’erano 78 persone abbandonate al nudo cemento del molo Favarolo. Sono le 69 persone approdate ieri mattina a Lampedusa, su una barca in legno dalle fattezze poco rassicuranti con la quale hanno attraversato il Mediterraneo centrale partendo da Sabrata, ed i 9 che su un piccolo motoscafo hanno raggiunto l’isola partendo dalla Tunisia. La nave che collega le Pelagie con la Sicilia – a Porto Empedocle – non è partita ieri sera ed il centro di prima accoglienza è pieni con i 116 migranti che già ieri avrebbero dovuto terminare il loro periodo di isolamento da Covid-19. Il risultato, del grande pasticcio umanitario, è che 78 esseri umani si trovano abbandonati all’addiaccio, nel recinto del molo militarizzato di Lampedusa, ormai da oltre 24 ore e l’unica prospettiva – al momento – è che vi rimarranno per altre 24.
Non ci sono navi in arrivo e non è ancora pronta la nave che il Ministero dei Trasporti è pronto a noleggiare per la modica cifra di 40mila euro al giorno. Un importo che include il noleggio della nave ed i servizi di base a bordo – pasti e pulizie – per un mese con un massimo di 250 migranti. La parola “migrante” intanto continua ad identificare qualcosa che sempre più sembra perdere la propria umanità. Migranti in un recinto, come bestie da far dormire a terra e che per questa terra devono anche ringraziare. Perché la dignità umana è ormai un optional. Non è più un dovere degli Stati civili garantirla. Al Molo Favarolo ci sono le forze dell’ordine, chiuse dentro, anche se all’aperto senza un tetto, che accompagnano ogni persona al bagno per le esigenze fisiologiche. E nei bagni del molo pare che anche l’acqua scarseggi. All’acqua da bere ed al cibo provvede invece l’ente gestore del centro di prima accoglienza che fa la spola dalla struttura di Contrada Imbriacola alla banchina militarizzata.
Nessuna nave quindi è pronta a trasferire le persone che hanno trascorso la notte umida sul molo e che oggi vi trascorrerà una giornata di sole caldo con clima estivo. Nessuna nave pronta a trasferire le 116 persone chiuse – alcune ormai da ben più di due settimane – nel centro di accoglienza. Nessuna nave pronta per fronteggiare il rischio che una flottiglia di gusci e barchini raggiunga l’isola già satura producendo un collasso del sistema di prima accoglienza. Un disastro umanitario degno di quell’anno che Lampedusa sperava di essersi definitivamente gettata alle spalle, ma anche indegno di una Unione di Stati civili. I tre mercantili intervenuti questa notte in soccorso dell’imbarcazione con circa 90 persone in pericolo – poi, sembra, risultate essere 78 – stanno navigando lentamente verso Lampedusa ed a breve raggiungeranno il limite delle 12 miglia. Il confine con le acque territoriali italiane quindi. Le tre navi, la più piccola misura 120 metri e la più grande 180, hanno operato in SAR maltese sotto il coordinamento di Malta, ma il porto sicuro europeo più vicino è quello di Lampedusa: appena 30 miglia dall’area di soccorso.
Le navi battono tutte e tre bandiera straniera, hanno operato in SAR maltese e sotto il coordinamento del MRCC di La Valletta. Per i tre mercantili quindi dovrebbe essere valido quanto prescritto dal decreto interministeriale dell’8 aprile, anche se non è stato poi pubblicato in Gazzetta Ufficiale e lo stesso Governo italiano ha aggirato il proprio ostacolo ministeriale con la nave Rubattino al largo di Palermo. Ma se l’Italia dovesse applicare il decreto, per le tre navi di questa notte (Pyxis Epsilon, Marina e Karina), una delle quali di bandiera maltese, il porto di Lampedusa come tutti i porti italiani dovrebbero essere “non sicuri” per via della pandemia di Covid-19. Questo sembra interessare poco a Malta, ed il braccio di ferro appena iniziato si evince dalla posizione della nave cargo Marina – pare sia quella con i 78 naufraghi a bordo – parcheggiata al confine con le acque territoriali italiane di Lampedusa. Dietro, a meno di cinque miglia l’una dall’altra, seguono la Pyxis Epsilon (la nave cisterna maltese) e la nave cargo Karina. Più giù altre barche con migranti a bordo e forse una con circa 60 persone già trasbordate su un altro mercantile dei tre vicini alle Pelagie. Il Governo italiano, quello maltese e l’intera Unione europea stanno in questi giorni manifestando il limite presto raggiunto di umanità, rispetto dei diritti umani, rispetto dei trattati internazionali ed anche la più assoluta incapacità di governare la questione migratoria. Tutto ciò è infatti la semplice conseguenza della criminalizzazione delle migrazioni di esseri umani e del delirio securitario con cui anche questa nuova classe dirigente intende fallire ogni obiettivo. Persone in terra, classificate come migranti e trattate come bestie, e persone in mare, respinte come bestie o scartate come cibo per i pesci.
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