Ieri in Tunisia si è discusso di flussi migratori nel Mediterraneo con un vertice euro-africano ampio ed eterogeneo. Dal “Gruppo di Contatto” riunitosi a Tunisi è venuto fuori un piano di interventi suddiviso in tre principali linee programmatiche. Al tavolo sedevano I Ministri dell’Interno di Germania, Austria, Francia, Italia, Slovenia, Svizzera, Libia, Algeria, Mali, Malta, Niger, Ciad, Tunisia, il Commissario europeo per la Migrazione, gli Affari Interni e la Cittadinanza e il Ministro dell’Interno dell’Estonia che ha assunto la Presidenza del Consiglio dell’Unione Europea. Dal documento redatto emergono immediatamente un paio di premesse opinabili. L’attenzione viene posta con particolare riguardo alla riconosciuta crisi umanitaria del Mar Mediterraneo, quindi alle porte di casa Unione europea e non in casa di chi migra, e la cooperazione ed il supporto alla Libia viene considerata al fine di reprimere le partenze. Quindi si allude in vari punti alla necessità di dotare la Libia di barche d’altura per la Guardia Costiera che dovrebbe svolgere funzioni di contenimento delle partenze di barconi più che di soccorso in mare. Su questi aspetti di stampo securitario tutti i presenti hanno concordato la programmazione. I tre punti programmatici a cui bisognerà dare seguito con l’attuazione materiale si potrebbero riassumere con “Aiutiamoli a casa loro”, “La criminalità organizzata dei trafficanti è un problema libico” e “Rimandiamoli tutti indietro”.
Sul primo punto, provocatoriamente definito “Aiutiamoli a casa loro”, il gruppo di contatto conclude che è necessario implementare lo sforzo economico per rendere più corposo il Fondo fiduciario UE per l’Africa avviato in occasione del Vertice di La Valletta sulla migrazione del 2015. A questo progetto vengono così associate l’idea di supportare investimenti di imprese europee nei Paesi interessati – ovviamente al fine di creare occasioni di sviluppo economico – e rafforzare la cooperazione con l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati. Ma soprattutto di “favorire una più ampia comunicazione sulle rotte della mobilità legale ed esaminare le possibilità di facilitare le procedure di rilascio dei visti, soprattutto in favore di imprenditori, lavoratori, ricercatori, studenti, stagisti, ecc.”. Ci dispiace per chi muore di fame o per chi subisce violenze continuate per mano di gruppi terroristi come Boko Haram, ma il visto se lo possono scordare. Non sono previsti, da quanto emerge dal documento di dichiarazione intenti, interventi di supporto per la tutela dei villaggi siti in aree sotto il controllo di milizie non governative da cui provengono le più alte percentuali dei cosiddetti “migranti economici” degli ultimi anni.
Il secondo punto concordato a Tunisi è il “Rafforzamento dell’azione e della cooperazione contro il traffico e la tratta dei migranti”. Questo piano di interventi consisterebbe nella prevenzione del commercio di beni che facilitano il traffico e la tratta dei migranti, ad esempio i gommoni, e nell’identificazione e nella confisca dei proventi illegali derivanti da tali attività. Il Gruppo di Contatto prevede anche il rafforzamento delle attività di soccorso nel Mediterraneo ad opera degli Stati aderenti allo stesso Gruppo di Contatto. Tra questi, ad esempio, ci sono Malta, il Niger ed il Ciad come anche l’Austria, la Francia e la Svizzera. Immancabile poi il solito “sostenere le autorità di frontiera dei Paesi di origine e di transito in materia di prevenzione e di gestione dell’immigrazione irregolare, di sicurezza e di controllo delle frontiere, nonché di lotta contro le reti criminali, attraverso la formazione, le dotazioni di attrezzature e il sostegno all’infrastruttura, in particolare allo scopo di rafforzare la gestione delle frontiere terrestri della Libia che hanno un valore strategico per la Libia, l’Europa e l’Africa”. Si suppone questo venga dopo la stabilizzazione della Libia ed il riconoscimento in tutte le regioni libiche di un unico Stato con un unico Governo nazionale. Dopo la repressione dei gruppi terroristi insediati in Libia e dopo la confisca delle armi in possesso dei trafficanti nella regione ovest del Paese.
Si passa infine al punto 3: la “Cooperazione in materia di rimpatri”. Questo, dulcis in fundo, pare essere uno dei punti forti del programma di contenimento della grave crisi umanitaria. Si legge sul documento redatto dal Gruppo di Contatto: “Continuare a mettere in atto campagne informative e di comunicazione congiunte volte in particolare ad accrescere la sensibilizzazione nei confronti dei rischi legati alla migrazione irregolare e delle possibilità di rimpatrio volontario assistito”. A questo si aggiunge la manifesta volontà di “rafforzare la collaborazione con l‘OIM e l’UNHCR per meglio strutturare la risposta alle necessità dei migranti che vogliono tornare nel loro Paese di origine nel rispetto dei diritti umani e della dignità della persona”.