“Proprio adesso, nel Mar Mediterraneo centrale”. È il tweet del photoreporter Santi Palacios, imbarcato sulla nave della Ong catalana Open Arms per conto della Associated Press. Il tweet commenta la foto agghiacciante scattata poco prima. L’istantanea ritrae i corpi nudi e privi di vita di 13 migranti sul fondo di un gommone. Una donna denudata, bambini, ragazzi e uomini ammassati l’uno sull’altro come in una fossa comune da campo di concentramento, quando si recuperavano gli indumenti prima di disfarsi dei corpi. Solo che la fossa è il fondo di un gommone e tutto intorno c’è il mare, il Mediterraneo. L’ennesima macabra scoperta è stata fatta, questa volta, dall’equipaggio della Ong Open Arms. È accaduto ieri pomeriggio, proprio mentre pubblicavamo un articolo su Open Arms e sulla posizione sempre molto vicina alla costa libica che la Ong pare tenda a mantenere più di altre analoghe organizzazioni. Il tweet del fotografo era stato preceduto da un lancio sull’account Twitter Proactiva Open Arms: “Avvistata barca che sta per affondare con circa 140 persone a bordo e mare agitato. Nessun altro all’orizzonte. O si soccorrono o muoiono”.
Il gommone si trovava nel quadrante definito “Area Sar 1”. Questo si estende da nord di Tripoli fino al confine con le acque territoriali tunisine ad ovest della Tripolitania. In questtriangolo della morte vengono soccorse la massima parte delle barche perché questa è la regione dei trafficanti di esseri umani. Essi operano tra Zuwarah e Sabrata, pochi chilometri ad ovest della Capitale in cui risiede il Governo presieduto da Sarraj. Durante l’intervento di soccorso sono emerse le sconcertanti scoperte. Sul gommone giallo c’erano 181 migranti subsahariani. Tredici di questi erano morti e tra essi, come è inevitabile che sia, c’erano anche i più deboli ed indifesi: i corpi dei bambini erano sotto quelli delle altre vittime.
Sulle cause di decesso indagheranno autorità giudiziaria e medico legale. Dalla foto di Santi Palacios si evincono, su alcuni corpi, lividi ed escoriazioni che potrebbero però essere antecedenti l’imbarco. I trafficanti hanno quindi raggiunto livelli di crudeltà mai visti prima. Qualche anno addietro venivano impiegati piccoli pescherecci per imbarcare lo stesso numero di migranti adesso ammassato su un tappeto di gomma lungo quasi venti metri e spesso monotubolare. Garanzia di morte già tre o quattro ore dopo la partenza. La tratta è ormai giunta ad un drammatico punto di non ritorno. Più le navi dei soccorritori si avvicinano alla costa e tanto più i trafficanti reputano non necessario investire sulla minima sicurezza dei natanti. Il risultato non sarà quindi una drastica riduzione delle vittime ma solo un allontanamento di queste dalle nostre coste. In molti casi infatti, già lo scorso anno, erano stati scoperti cadaveri al centro di gommoni sgonfi e tutti a meno di venti miglia dalla costa della Libia.
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