L’equipaggio della Iuventa ha affrontato, sin dal momento del fermo nel porto di Lampedusa, la vicenda con una leggerezza disarmante. Un manipolo di ragazzi in apparenza strafottenti anche quando la Polizia, l’indomani, ha notificato il sequestro della nave e gli avvisi di garanzia. Attivisti del luogo si sono adoperati per procurare loro un avvocato qualora lo richiedessero, ma lungi dall’armata Brancaleone pensare che sarebbe stato immediatamente opportuno. Forse davvero non si rendevano conto, così come si percepisce dalle intercettazioni (nel video in basso), che gli strumenti a disposizione della Procura di Trapani, coadiuvata dalla Marina Militare e dalla Guardia Costiera, non avrebbero lasciato loro scampo. Le immagini, e l’audio, dipingono uno scenario impietoso in cui il numero della barche e delle persone prese a bordo era più importante del soccorso nella sua più genuina accezione.
Sul quotidiano La Repubblica.it di oggi, a firma di Viviano e Ziniti, viene pubblicato un articolo che apre anche un altro filone investigativo: una chat Whatsapp per il coordinamento tra navi Ong. “Una chat – scrivono Viviano e Ziniti nello stesso articolo – sulla quale, sempre secondo i due operatori della security, sarebbero spesso arrivati i messaggi del sacerdote eritreo Don Mussie Zerai, da sempre punto di riferimento in Europa degli eritrei che tentano la traversata”. Il meccanismo che ha condotto al sequestro della nave ed al resto delle azioni giudiziarie, documentato con prove valide per il Gip, lo ha espresso con poche ed esaustive parole il procuratore della Repubblica di Trapani Ambrogio Cartosio: “In più casi, questi interventi in mare da parte della Iuventa non avvengono per salvare delle persone che si trovano in imminente pericolo di vita ma semplicemente per trasbordare sulla imbarcazione dei soggetti che vengono scortati dai trafficanti libici, che vengono presi a bordo e, poiché l’imbarcazione in questione (la Iuventa, ndr) è una nave di non particolare capienza, i soggetti recuperati – non posso chiamarli “salvati” – o loro consegnati, vengono successivamente trasbordati su navi della Marina Militare o a bordo di navi di altre Organizzazioni non governative”. In pratica una corsa al migrante con un vero e proprio metodo di lavoro finalizzato a record statistici utili alla campagna di raccolta fondi della Ong tedesca Jugend Rettet.