È stata denominata “Efesto”, come il dio del fuoco del pantheon dell’antica Grecia, l’operazione conclusa stamattina dalla Squadra mobile di Ragusa nei confronti di 15 volontari dei Vigili del fuoco che, tra il 2013 ed il 2015, hanno appiccato molti incendi nella zona di Santa Croce Camerina in provincia di Ragusa. Gli uomini, tutti appartenenti alla medesima squadra, al fine di percepire le indennità di intervento, non esitavano a mettere in atto diversi trucchi per esser inviati dalla centrale del 115 su interventi da essi stessi cagionati.
Tutti sono adesso indagati per truffa ai danni dello Stato ed alcuni anche per incendio doloso. In particolare le tecniche scoperte dalla Squadra mobile erano di tre tipi; la prima, quella più grave, era di appiccare incendi e ritornare all’interno del comando ed aspettare la chiamata; la seconda era quella di far chiamare, da amici e parenti il centralino del 115 e far segnalare incendi inesistenti o animali vaganti sulla carreggiata; in altri casi le chiamate per gli interventi venivano effettuate dai componenti stessi della squadra.
Che la situazione non fosse chiara se ne erano accorti subito i Vigili del fuoco della centrale operativa che avevano notato alcune anomalie rispetto ai pagamenti degli interventi. I vigili volontari, infatti, pur assicurando turni di presenza in caserma, vengono pagati solo se effettuano interventi. Nella gestione dei registri degli interventi il personale dei Vigili del fuoco si era accorto che alcuni vigili volontari, tutti appartenenti alla stessa squadra, avevano effettuato il triplo degli interventi rispetto a quelli appartenenti alle altre squadre.
All’interno del gruppo dei volontari poi erano stati raccolti malumori e voci circa la volontà di alcuni di andare a lavorare per le squadra che effettuava più interventi. A questo punto iniziavano le indagini della Polizia che, attraverso intercettazioni telefoniche e pedinamenti elettronici con dispositivi Gps istallati sui mezzi in uso ai volontari e sulle loro auto private, ricostruivano l’intera vicenda. L’analisi dei tabulati delle chiamate di intervento faceva emergere che a chiamare erano spesso gli stessi volontari con i loro cellulari e, a volte, amici e parenti con numeri differenti o con nomi diversi ma identici numeri dai quali partiva la chiamata.
I Gps istallati in particolare sull’auto del capo squadra lo collocavano sul posto dove venivano appiccati gli incendi pochi minuti prima della chiamata al servizio 115. Anche le intercettazioni ambientali effettuate negli uffici della questura dove gli indagati erano stati convocati per essere interrogati, confermavano i sospetti degli investigatori tra loro i volontari discutevano sul fatto che la Polizia sapesse che erano stati loro ad appiccare gli incendi. Solo per il capo squadra la magistratura ha ritenuto necessarie le esigenze cautelari ed è stato messo agli arresti domiciliari.