Sgomberi a Roma, chi ci mette la faccia e chi no

Decisioni discutibili, scene vergognose e domande mai poste ai responsabili di questa Roma Capitale sfregiata da guerriglia urbana e titoli giornalistici quantomeno discutibili

La violenta guerriglia urbana di piazza Indipendenza a Roma tiene banco su tutti i media. Prime pagine ed aperture di telegiornali sulla vicenda che ancora una volta divide in due l’Italia. Da una parte i sostenitori del “mandiamoli via!” e dall’altra chi urla “vergogna!”. Ma i titoli sono diversi ed in molti casi anche fantasiosi. Ieri, ad esempio, l’attenzione è stata spostata sull’agente di Polizia che ha tentato di rassicurare una delle donne eritree sfollate ritratto dalle foto di Angelo Carconi dell’Ansa. In altri casi, in modo subdolo, l’attenzione viene spostata sull’assenza del Comune di Roma e della sua sindaca che fisicamente non ci ha messo la faccia in quella piazza da ritrarre come i recenti scontri venezuelani.
Giusto l’approfondimento e giusta è la libertà di quanti, tra i giornalisti, ritengano di voler approfondire particolari a margine della storia. Appare però un po’ meno equo lo spazio che le storie secondarie impegnano rispetto al nocciolo della questione. Ed il nocciolo della questione dovrebbe essere tanto semplice da richiedere altre voci ed altre interviste. Mancano ad esempio quelle del Ministero dell’Interno, la cui sede è appunto a Roma e da cui dipendono gli agenti del Reparto Mobile che hanno operato lo sfollamento di palazzo Curtatone prima e della piazza dopo.
Lecito chiedere al ministro se l’azione romana che da mesi attendeva l’esecuzione non sia un seguito del pugno duro che d’un tratto il Governo italiano ha deciso di mostrare con gli immigrati. Altro quesito riguarda la Prefettura e la Questura, che hanno rispettivamente acconsentito ed eseguito lo sfollamento del palazzo senza preoccuparsi che fosse già stata predisposta una alternativa. Scarsa è la copertura delle ragioni di tanta resistenza da parte degli eritrei che hanno rifiutato il trasferimento previsto per buona parte dei 400 sfollati in un centro di accoglienza.
Tra i quattrocento eritrei ed etiopi richiedenti asilo ed in possesso dei documenti c’erano anche 35 minori e 64 adulti con difficoltà fisiche. Questi vivevano a palazzo Curtatone da ben quattro anni, e nessuno si era mai chiesto perché “richiedenti asilo e protezione sussidiaria” – dopo quattro anni? – fossero accampati in uno stabile vuoto ed occupato abusivamente. Ma lo Stato, per mezzo della sua locale Prefettura, non doveva offrire loro alloggio adeguato e legale? Le vite italiane di questi migranti si sono sviluppate in quel palazzo vicino la stazione Termini e si sono sviluppate insieme, come una piccola comunità.
Sabato scorso è stato eseguito l’ordine di sfratto e ieri mattina, a suon di idranti, è stata sgomberata la piazza da quanti si ostinavano a voler vivere insieme in quel quartiere rifiutando il centro di accoglienza. Tra loro, appunto, c’erano anche dei bambini. E per i bambini quattro anni sono una vita. Quattro anni di amici ed abitudini rassicuranti. Poi arrivano i “celerini” a cacciare tutti via per una nuova “deportazione”, la dove danno meno fastidio. Perché il palazzo è stato occupato abusivamente – giusto – e il proprietario lo rivuole. La Questura dispone e gli agenti eseguono.
I giornali mostrano il lato umano rappresentato dall’agente ritratto nelle foto dell’Ansa e dal Ministero qualcuno accusa il Comune di Roma di inefficienza, a beneficio dei giornali che hanno di nuovo un motivo per polarizzarsi sulla titolare del Campidoglio che si è insediata una anno addietro. I precedenti tre anni vengono però abbonati a chi non aveva trovato una soluzione per i richiedenti asilo di palazzo Curtatone. Abbonata anche la scelta di uno sfollamento di massa in pieno periodo di crescente odio razziale. Abbonata anche la decisione di intervenire con la forza, i manganelli e gli idranti creando scene da guerriglia urbana durante il periodo estivo ed intensamente turistico di una capitale piena e sotto l’attenzione di tutti. Avevamo scritto ieri dell’impressione di “rastrellamenti” e questa impressione permane. L’unica nota riguarda però chi esegue ordini e chi li da. Provare a partire dall’alto sarebbe cosa giusta, ma comprendiamo che prendersela con chi li esegue è sempre più facile.

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