È stato battezzato “Progetto per la riconciliazione amministrativa” il colpo di mano con cui in Tunisia i corrotti ed i corruttori dell’epoca mafiosa di Ben Alì beneficeranno di una amnistia. Sarebbero circa 1.500 i funzionari statali che servivano fedelmente le disposizioni dell’ex dittatore a tornare adesso alle proprie funzioni. La “riconciliazione” sarebbe frutto della lunga e meditata regia del presidente della Repubblica Beji Caid Essebsi. Quello stesso Essebsi che fu ministro durante la lunga tirannia di Zine El-Abidine Ben Ali, il presidente-dittatore cacciato dalla rivolta tunisina del 2011. L’attuale presidente della Repubblica, il terzo nella storia repubblicana della Tunisia, adesso pare avere trovato la quadra per ricostituire il regime che per qualche anno il popolo tunisino credeva di avere cancellato. Il primo concreto passo verso la ricomposizione dello Stato semidittatoriale è quello approvato mercoledì in Parlamento con 117 voti favorevoli, 9 contrari, un astenuto e l’assenza in aula dell’opposizione al momento del voto.
Per raggiungere questo impensabile ed incostituzionale obiettivo, Beji Caid Essebsi ha lavorato molto sul modello italiano di partito unico apparentemente contrapposto. Così, grazie ad un accordo politico tra i principali partiti Nidaa Tunes e Ennahda, la Tunisia è arrivata con un disegno di legge in aula – approvato a maggioranza assoluta – che reinserisce nella vita amministrativa del Paese quei funzionari statali correi della corruzione che portò il popolo ad insorgere. Trovato un punto di incontro tra le due sponde – laici e confessionali – del Parlamento tunisino, difficilmente qualcosa potrà sbarrare la strada ai sogni presidenzialisti di Beji Caid Essebsi. In uno Stato democratico repubblicano ancora acerbo, privo di una Corte Costituzionale, in cui vigenti sono ancora leggi di stampo religioso e proibizioniste e con i corrotti tornati al loro posto a seguito di una alleanza che tanto ricorda quella italiana del “patto del Nazareno”, le riforme costituzionali sono adesso alla portata del presidente della Repubblica che non si è mai sforzato di nascondere le ambizioni di un accentramento dei poteri di stampo presidenzialistico.
La Tunisia potrebbe quindi portare a compimento, in breve tempo, quel piano di riforme più volte sfuggito all’Italia. La Camera dei Deputati e la Camera dei Consiglieri, i due rami del Parlamento tunisino, con una impronta presidenzialista passata da riforma costituzionale non sarebbero più un freno democratico per la reintroduzione del leader permanente come fu Ben Alì. Il generale Zine El-Abidine Ben Ali, Primo ministro del presidente Habib Bourguiba, si insediò con un “golpe facile” destituendo la presidenza dell’anziano leader. Ben Alì ebbe la Tunisia a disposizione per 24 anni facendo razzia di ogni bene con la complicità di un governo ombra costituito dalla mafia tunisina di cui era famigliare mediante la moglie. Il golpe tunisino di Ben Alì venne agevolato dall’Italia e dal 1987 alla rivoluzione del 2011 il presidente corrotto fu partner apprezzato trasversalmente da Italia e Francia.
Apprezzamento tacitamente manifestato dalle due influenti nazioni europee all’attuale presidente Essebsi. Il leader di Nidaa Tunes è infatti un modello di sopravvivenza politica degno dei migliori “highlander” del Parlamento italiano. Tra gli incarichi che lo vedono attraversare epoche storiche uscendone miracolosamente illeso ci sono quello di consigliere di Habib Bourguiba, poi ambasciatore negli Stati Uniti, ministro della Difesa, ambasciatore in Francia, ministro della Giustizia, presidente della Camera dei deputati nella Repubblica di Ben Alì, primo ministro per il Governo del presidente Ben Alì ed adesso presidente della Repubblica gattopardesca della Tunisia. Un uomo per tutte le stagioni molto apprezzato all’estero, soprattutto nei Paesi che contano ed influenzano la Tunisia. Attualmente l’accordo tra il partito di Beji Caid Essebsi e quello “islamista moderato” di Ennahda vanterebbe seggi per tre quarti del Parlamento tunisino. Una maggioranza schiacciante capace di portare a termine qualunque genere di riforma costituzionale.
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