Mancano meno di 24 ore al referendum proibito ed il principio di democrazia appare già morto. La Spagna è in assetto da guerra, ma si tratta di una guerra interna, fratricida. Da una parte ci sono i catalani, che per nulla intendono rinunciare alla consultazione pro indipendenza, e dall’altra ci sono le Forze di Polizia agli ordini del Governo di Madrid; incluso il Mossos d’Esquadra catalano. Per impedire la consultazione, Madrid ha schierato agenti ovunque con consegne di impedire categoricamente l’accesso ai 2.315 seggi elettorali predisposti malgrado il veto e presidiati dagli studenti che hanno occupato le scuole. Alcuni degli studenti sono stati feriti ieri sera a Manlleu da non identificati soggetti armati di carabine che pare abbiano sparato da un edificio di fronte. Quattro persone ferite da quello che il sindaco Àlex Garrido ha definito un attacco fascista.
“Siamo arrivati fin qui ed abbiamo tempo fino a domenica per ottenere l’indipendenza”, ha dichiarato il presidente della Catalogna Carles Puigdemont dal palco della festa di chiusura della campagna referendaria a Barcellona. La determinazione catalana pare fin qui senza precedenti, ma il rischio che domani in Spagna tutti si possano svegliare dal sogno – o dall’incubo, secondo le prospettive – in un bagno di sangue è concreto e quanto mai vicino. Ne è consapevole lo stesso presidente Puigdemont che in una recente intervista ha preventivamente ricoperto il capo del Governo Mariano Rajoy della respensabilità per ogni eventuale morto o ferito. Astuzia politica che premette una vittoria della Catalogna comunque vada a finire. Le Forze agli ordini della Spagna possono quindi impedire l’accesso dei catalani ai seggi con la forza ma sapendo per i secessionisti questo equivale ad una vera dichiarazione di guerra, oppure lasciare che la consultazione si svolga. Quest’ultima opzione è già stata esclusa.
Tensioni sono già in atto in Catalogna con il Mossos che sta sgomberando le scuole e le strutture destinate a seggio. Gli ordini sono di rendere liberi i seggi dalle 06:00 di domani mattina fino alle 07:00 di lunedì, ma gli studenti pare non abbiano alcuna intenzione di lasciare il presidio. Così come non sortisce l’effetto sperato la minaccia di sanzioni economiche stratosferiche per i funzionari pubblici che si presteranno all’esecuzione del referendum. Altre azioni sono state messe in campo dal Governo madrileno sul web. Il sito internet creato ad hoc per le votazioni è stato oscurato da Madrid. E sulla questione web interviene anche Julian Assange con dei tweet, confermando la vicinanza ai catalani e definendo quello in atto come “il conflitto occidentale più significativo tra le persone e lo Stato dopo la caduta del Muro di Berlino”. L’attivista fondatore di Wikileaks, a differenza del mainstream, reputa quanto sta accadendo in Spagna “la situazione politica più interessante d’Europa in questo momento”. Circostanza che dovrebbe rappresentare la notizia di apertura quotidiana già da parecchio tempo e che pare invece interessare poco alla stampa.
All’interno della faida che si sta consumando tra Spagna e Catalogna ci sono aspetti che rischiano di minare l’intero sistema europeo a causa della rottura insanabile che si sta venendo a creare, come ha già fatto notare Julian Assange, tra la popolazione e le istituzioni. Se lo Stato è il popolo, e le istituzioni sono la rappresentanza del popolo stesso, che lo Stato impedisca con la forza la manifesta volontà popolare è indiscutibilmente una dimostrazione di rottura del sistema democratico. La Catalogna non ha diritto ad esprimere la propria autodeterminazione e quindi a definire il proprio Stato. Analogamente una simile rottura si potrebbe verificare in qualunque altro Paese dell’Unione europea intenzionato a perseguire la condizione ottimale per il fabbisogno della propria regione oppure in caso di ineludibile volontà di fuoriuscire dalla stessa Unione europea. I trattati europei infatti determinano l’esclusione di consultazioni referendarie anche per la partecipazione all’Ue, come in Italia. La Brexit è stata il primo tassello di uno sgretolamento comunitario, malgrado l’uscita del Regno Unito dall’Unione europea non costituiva variazioni per il libero scambio valutario dell’Eurozona a cui Londra non aveva mai aderito. La Catalogna non intende, almeno in questa fase, abbandonare l’Ue. Ma è sempre più determinata ad abbandonare la Spagna, e questa è la volontà del popolo che lo Stato non intende rispettare; anche a costo di un bagno di sangue come purtroppo si prevede debba accadere domani tra i 207 seggi di Barcellona ed i restanti 2.018 sparsi per la Generalitat catalana.
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