Sabato, a Zawiya, il Consiglio municipale, il Consiglio degli anziani, la Direzione della sicurezza, gli ufficiali della zona militare occidentale, il capo della Guardia dei depositi petroliferi, il responsabile locale dell’intelligence e rappresentanti di diverse organizzazioni della società civile si sono seduti intorno ad un tavolo per discutere sulle sorti di Sabrata dopo gli scontri che hanno visto sconfitti i miliziani della Brigata 48 dello “Zio” al-Ammu Dabbashi. La preoccupazione per la provincia riguarda la sicurezza della zona ma anche gli affari. Dopo la riunione, le brigate Al-Farouq e Al-Kilani hanno annunciato la loro dissoluzione e la consegna delle loro armi al Ministero della Difesa del Consiglio Presidenziale. Lo riporta il quotidiano locale Libya Observer sottolineando la preoccupazione emersa nel corso della riunione circa la possibilità che Sabrata possa essere il teatro di una vera e propria guerra.
Nel frattempo, la prima conseguenza degli scontri che hanno causato la dipartita dei Dabbashi è la rivelazione del numero e dello stato in cui venivano detenuti i migranti nel distretto. Oltre 14.000 migranti erano rinchiusi in vari centri di detenzione dislocati nella zona di Sabrata. Quotidianamente avvengono trasferimenti ed i migranti vengo smistati tra Zuwara – già porto di lancio dei trafficanti per le barche cariche di migranti – e altri centri dislocati tra Trig al Seka, Ghariyan, Tajoura, Trig al Matar e la capitale Tripoli. Che questa detenzione, illegale ed inumana, fosse conseguenza di un impegno preso dalla Brigata Dabbashi o degli accordi con l’Italia non è dato saperlo con certezza. Quel che è certo è che dei migranti si sta occupando l’OIM e che per loro la stessa Italia, come annunciato dal ministro degli Esteri Angelino Alfano lo scorso venerdì, sta inviando aiuti umanitari. Il volo, operato dell’Aeronautica Militare, trasporta tende, coperte, materassi e kit igienici destinati ai migranti ospiti del Centro di accoglienza di quella città.
La stessa Organizzazione Internazionale per le Migrazioni sta gestendo con il Governo del Sudan il ritorno a casa dei migranti sudanesi trovati nei lager di Sabrata. L’ambasciata sudanese in Libia ha quindi rilasciato già domenica i primi documenti di viaggio temporanei per i cittadini detenuti nei centri-lager nei pressi di Tripoli. Il ritorno in patria dovrebbe avvenire dall’aeroporto di Mitiga, alle porte di Tripoli, che attualmente è chiuso a causa degli scontri a suon di artiglieria pesante con si è questa mattina risvegliata la zona. La condizione di instabilità della Libia, con la capitale assediata dai gheddafiani e minacciata dalle Forze di Haftar, non offre però grandi garanzie per i migranti che non riusciranno a tornare in patria o che non potranno farlo. Il rischio è quindi che le vecchie milizie di trafficanti che operavano nello stesso distretto di Sabrata e nei piccoli porti di Zawiya e Zuwara possano rimettere in piedi il traffico armando gommoni e carrette del mare per “sgomberare” l’area da subsahariani già sufficientemente spremuti dai loro precedenti aguzzini. Se così fosse, il flusso migratorio potrebbe ripartire anche in pieno inverno, perché l’obiettivo non sarebbero i proventi di spedizioni ben riuscite ma semplicemente quello di disfarsi di bocche da sfamare nel momento in cui le Ong dovessero abbassare la guardia.
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