Al largo della Nuova Caledonia, a 1.500 est della costa australiana, si trova una delle più attive e pericolose faglie del pianeta. Questa è di recente particolarmente nervosa e i sismografi registrano una crescente attività sismica che ieri ha raggiunto una magnitudo di 6.9 gradi della scala Richter. Una scossa della durata di 215 secondi, quasi quattro minuti. L’anomalia consiste nella sequenza che già ha visto tremare la linea di congiungimento tra due placche per due volte con magnitudo 6.6 alle 02:09 ora locale e 6.9 alle 09:43 di oggi (alle 16:09 ed alle 09:43 di ieri con il fuso orario italiano). Crescente anche la durata dei due fortissimi terremoti: 170 secondi il primo e 215 il secondo. Negli ultimi 30 giorni la faglia è stata protagonista di 9 terremoti la cui magnitudo minima è stata di 5.9 gradi. Poi tutti sopra i sei gradi della scala Richter. Molti i movimenti tellurici sopra i sei gradi di magnitudo anche nelle vicinanze delle isole Tonga – circa 1.500 chilometri a nord dell’epicentro Nuova Caledonia – e Seram, nell’arcipelago indonesiano, prossimo alla Papua Nuova Guinea.
Tra una collisione di placche e l’altra, nell’Oceano Pacifico, si sono registrate le scosse in Cile, quella al confine tra Iran ed Iraq di 7.2 gradi e quella di 6.4 gradi che venerdì ha scosso la catena montuosa nel sud della Cina. Le scosse in questione seguono una catena di movimenti di grosse placche terrestri che collidono causando il rilascio di energia tellurica. La linea di epicentri è anch’essa conseguentemente concatenata e rispecchia la naturale necessità di assestamenti delle placche. Nelle ultime settimane sono state registrate scosse con sciame sismico lungo tutta la dorsale appenninica italiana ma anche nel sud della Francia. Da anni ormai – nel 2009 L’Aquila venne distrutta dal terremoto – persiste l’attività sismica nell’area del Gran Sasso, punto di sfogo conseguente alla collisione tra due placche, e Norcia ed Amatrice non smettono di tremare. Nelle scorse settimane intensi terremoti si sono scatenati in Grecia ed in Turchia, e la scossa di 7.2 gradi che ha colpito la regione del Kurdistan al confine tra Iran ed Iraq ha causato oltre 400 vittime. L’area centrale del Mar Mediterraneo è una regione cuscinetto tra le placche continentali che danno vita alle più grandi catene montuose. Solitamente, nel bel mezzo di questa area, i vulcani di cui la regione è ricca pensano a sfogare come valvole di pressione l’energia che si accumula. In questo periodo però la crosta terrestre sta movendo grandi passi, come a voler aumentare la normale velocità di spostamento. La conseguenza è l’intensificazione dei terremoti di magnitudo superiore ai sei gradi nei pressi delle faglie oceaniche e di quelli superiori ai quattro gradi nel Mediterraneo.
L’Italia è notoriamente un Paese ad alto rischio sismico, come la Grecia e la Turchia, che vanta anche un enorme numero di vulcani attivi ed una storia poco felice dal punto di vista geosismico. La cosa che più allarma riguarda la totale assenza di attenzione istituzionale riguardo i rischi devastanti con cui la nazione convive. Oltre ad un ingiustificabile ritardo, di svariati decenni, delle strutture edificate nel Paese come scuole e grandi opere, in Italia manca ancora oggi un piano di evacuazione di massa studiato e collaudato per le varie singole regioni. Non sono mai mancati gli allarmi degli esperti sul rischio che un giorno il Vesuvio possa avere un brutto risveglio. Definizione che nel caso del Vesuvio equivale ad un evento come quello che seppellì Pompei sotto la cenere. Sappiamo adesso finalmente che il vulcano più grande ed attivo conosciuto è il Marsili, sito nel Tirreno meridionale a nord delle Eolie. Arcipelago di vulcani attivi, come lo Stromboli e Vulcano, sono soltanto satelliti in cerchio intorno al Marsili. Vantiamo il vulcano attivo più grande d’Europa: l’Etna. Abbiamo poi la dorsale appenninica che occupa gran parte del Paese ed altro non è che la conseguenza di due placche che spingono una sull’altra. Eppure non è previsto un fondo di emergenza sostanziale né un piano di evacuazione. Anzi, abbiamo ancora L’Aquila da ricostruire e terremotati che vivono in tenda o in albergo da un anno e casette prefabbricate ancora da montare.
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