Del giovane Genovese Junior si era molto parlato, sia prima che dopo le elezioni regionali del 6 novembre. Prima per il “pedigree” del candidato all’Assemblea Regionale Siciliana con la coalizione dell’attuale governatore Nello Musumeci. Dopo per il record di consensi che il giovane 21enne ha totalizzato: oltre 17mila preferenze. Il padre, Francantonio Genovese, già parlamentare alla Camera dei deputati e politico che vantava un “parco voti” da ventimila preferenze chiavi in mano, è stato condannato in primo grado di giudizio a 11 anni per la vicenda dei finanziamenti alla formazione professionale; l’inchiesta della Procura di Messina su truffa, peculato e associazione per delinquere definita “Corsi d’oro”. Il giovane deputato dell’ARS pare non fosse soltanto erede politico del padre ma anche di altre attività del padre Francantonio. Attività di riciclaggio ed evasione fiscale ad esempio. Queste gli sono state contestate con l’avviso di garanzia che gli è stato notificato oggi unitamente alle attività di sequestro effettuate dalla Guardia di Finanza del Comando provinciale di Messina.
Dalle indagini della Procura di Messina, tra l’altro, emerge anche un altro Genovese da cui il giovane “onorevole” deputato siciliano eletto nella file di Forza Italia eredita qualcosa: il nome del nonno Luigi Genovese, senatore democristiano scomparso il 26 luglio 2015. Cinque giorni prima della scarcerazione di Francantonio a cui erano di nuovo stati concessi i domiciliari. Nell’elenco dei Genovese agli atti delle indagini però non ci sono soltanto Genovese junior, il padre Francantonio ed il nonno con cui quest’ultimo si consultava. Risultano infatti coinvolti a pieno titolo anche la moglie, la sorella ed il nipote. Una famiglia che forse non si può definire virtuosa quella del 21enne Luigi, nel cui albero genealogico compaiono anche uno zio, politico da 18mila voti anch’esso e cognato del padre Francantonio, a sua volta nipote del democristiano e numerose volte ministro Nino Gullotti.
A conclusione delle indagini di polizia economico-finanziaria dirette dalla Procura della Repubblica di Messina per i reati di riciclaggio, autoriciclaggio e sottrazione fraudolenta di beni, i finanzieri del Comando Provinciale di Messina hanno eseguito oggi il sequestro, prodromico alla confisca, di società di capitali, conti correnti, beni mobili ed immobili, ed azioni riconducibili all’onorevole Francantonio Genovese, al figlio Luigi ed ai suoi più stretti familiari. Il provvedimento è stato emesso dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Messina, Dott. Salvatore Mastroeni, a seguito delle indagini e delle richieste depositate dalla Procura di Messina. Le indagini hanno inizialmente consentito di rinvenire fondi esteri per un ammontare pari ad oltre 16 milioni di euro, schermati da una polizza accesa attraverso un conto svizzero presso la società Credit Suisse Life Bermuda Ltd: fondi in parte transitati presso un istituto Bancario di Montecarlo ed intestati ad una società panamense (Palmarich Investments) controllata da Francantonio Genovese e dalla moglie Chiara Schirò; in parte, oltre 6 milioni di euro, trasferiti in contanti in Italia direttamente a Francantonio Genovese attraverso spalloni e resi così irrintracciabili.
La provenienza del denaro veniva riferita dall’indagato al proprio padre, il senatore democristiano Luigi Genovese, classe 1925. Le verifiche sui redditi di Francantonio Genovese e del padre – nonno del neoeletto Luigi – non consentivano di considerare compatibile tale patrimonio con le entrate dichiarate. Da qui la contestazione di riciclaggio per denaro derivante da reato, quantomeno da evasione fiscale. Successivamente, dopo che la moglie di Francantonio, Chiara Schirò, aveva aderito alla “voluntary disclosure” per la parte di sua competenza ed ai limitati effetti delle sanzioni previste dall’annualità in corso di accertamento, sono emersi ulteriori gravi illeciti. Dopo che, a partire dal 2016, al Genovese oggi condannato erano stati notificati – da parte dell’Agenzia delle Entrate – alcuni avvisi di accertamento per oltre 20 milioni di euro derivanti dalla conclusione di verifiche fiscali condotte nei suoi confronti, le indagini hanno messo in luce una complessa attività di ulteriore riciclaggio finalizzata anche a frodare il fisco. È emerso infatti che gli indagati, anche avvalendosi di alcune società a loro riconducibili, hanno posto in essere diverse operazioni immobiliari volte a trasferire ad altri soggetti beni immobili e disponibilità finanziarie in possesso di Francantonio Genovese per eludere il possibile sequestro dei 16 milioni provento del riciclaggio e per sottrarsi fraudolentemente al pagamento delle imposte e delle correlative sanzioni amministrative che frattanto venivano ad ammontare a circa 25 milioni di euro. In tal modo Francantonio Genovese, nel tentativo di sfuggire all’aggressione patrimoniale nei suoi confronti, si è spogliato di tutto il patrimonio finanziario, immobiliare e mobiliare a lui riconducibile, in via diretta e/o indiretta – per tramite della società schermo GE.FIN. s.r.l. (ora L&A Group s.r.l.) e Ge.Pa. s.r.l., di cui deteneva rispettivamente il 99% ed il 45% delle quote sociali – trasferendolo al figlio Luigi insieme a denaro proveniente dal precedente riciclaggio.
Ulteriori approfondimenti, hanno consentito di accertare che il deputato del Partito Democratico prima e di Forza Italia poi, Francantonio Genovese, ha di fatto dismesso le proprie partecipazioni societarie attraverso strumentali e complesse operazioni di riorganizzazione del patrimonio sociale delle medesime. Nel dettaglio, ricorrendo alla tecnica dell’altalena, deliberando prima la riduzione del capitale sociale – al di sotto della soglia di legge prevista dall’art. 2482 ter c.c. – delle medesime società per far fronte alle perdite artificiosamente generate dagli stessi indagati, per poi disporre il ripianamento delle stesse attraverso un nuovo versamento di capitale a carico dei soci. In tali circostanze, anziché provvedere in prima persona, nonostante il comprovato possesso di risorse finanziarie, l’onorevole Francantonio Genovese ha dichiarato di rinunciare alla qualità di socio motivando la mancanza dei fondi necessari per partecipare all’aumento di capitale (poche decine di migliaia di euro), permettendo così, ex novo, l’ingresso in società del figlio, il giovane rampollo Luigi Genovese, classe 1996 e privo di risorse economiche proprie. Queste manovre hanno consentito tra l’altro a Francantonio Genovese, con la complicità del figlio Luigi, di vanificare gli effetti del pignoramento che sulle sue quote era stato effettuato da Riscossione Sicilia. Egli infatti ha partecipato come custode delle quote alle assemblee nelle quali si è deciso di azzerare il valore delle proprie azioni – dell’importo di svariati milioni di euro – e di consentire al figlio Luigi di subentrare, con la sottoscrizione di strumentali aumenti di capitale, nella titolarità piena della società eludendo il pignoramento.
Le finalità illecite delle condotte sono state dimostrate dal fatto che il giovanissimo Luigi Genovese ha versato la propria quota di capitale con denaro bonificatogli, nei giorni immediatamente precedenti alle operazioni in argomento, dal padre Francantonio. Il decreto di sequestro preventivo è stato quindi notificato, oltre che a Francantonio Genovese ed alla moglie Chiara Schirò, anche al figlio Luigi Genovese, alla sorella Rosalia Genovese, al nipote Marco Lampuri accompagnato da informazione di garanzia per i reati di riciclaggio e sottrazione indebita. L’ammontare complessivo del valore delle aziende, dei conti e degli immobili sequestrati perché considerati profitto, ovvero strumento dei reati commessi, supera i 100 milioni di euro e rappresenta il sequestro preventivo più cospicuo mai effettuato dalla Procura dall’Autorità Giudiziaria di Messina. Anche in questo, oltre che sulle preferenze politiche alle elezioni, i Genovese pare abbiano fatto registrare un nuovo record.
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