Candidato alla presidenza della Libia con il sostegno della Libia Cirenaica, il generale Khalifa Haftar attende sicuro di sé la fine dell’accordo di Skirhat. Dal 17 dicembre, secondo gruppi di manifestanti della regione libica intorno a Tobruk, il generale dovrebbe essere già considerato presidente della Libia. Propaganda a parte, quel che è certo è che in Libia il capo dell’Operazione Dignità, o esercito libico, potrebbe essere l’unico nome in grado di mettere d’accordo tutte le tribù; compresa la forza gheddafiana che segue fedelmente il figlio del fu colonnello Gheddafi: Saif Al Islam Gheddafi. Secondo indiscrezioni, che non hanno modo di trovare conferma, per questo scenario ci sarebbe stato anche un accordo tra il generale Haftar ed il presidente del Governo transitorio Fayez Al Serraj. Accordo siglato negli Emirati Arabi Uniti i primi di maggio di quest’anno. Sotto l’egida degli Emirati, i due avrebbero concluso un concordato politico secondo cui Fayez Al Serraj non si opporrà alla successione programmata di Khalifa Haftar prevista per il marzo del 2018. Quindi il generale sarebbe attualmente in pole position per l’elezione alla presidenza, sostenuto anche dalle parti concorrenti o alcune di esse. Uno scenario non molto gradito all’Unione europea ed agli Stati Uniti, perché Haftar viene indicato come molto vicino alla Russia, oltre che al popolo arabo-musulmano, e poco al Patto Atlantico. Sarebbe insomma un uomo difficile da controllare, se non addirittura impossibile.
Lunedì il candidato presidente Haftar si è recato per la seconda volta in quest’anno a Roma. L’incontro era nell’agenda del titolare della Farnesina, il ministro degli Estari Angelino Alfano, ma non si esclude come nella precedente visita un incontro con il capo di Stato Maggiore della Difesa generale Graziano e con la ministra della Difesa Roberta Pinotti. La notizia viene data dai media libici mentre nessun riferimento si trova sui media italiani e sulle agende dei titolari di Esteri e Difesa che nella versione pubblica riportano un buco proprio in coincidenza di lunedì. L’ospite che i media nordafricani definiscono in visita a Roma è comunque “l’uomo forte della Cirenaica”, sostenuto dalla Camera dei Rappresentanti di Tobruk e gode dell’appoggio dell’Egitto di Al-Sisi, dell’Arabia Saudita del principe Mohammed bin Salman, degli Emirati Arabi Uniti e della Russia. Inoltre, alla elezione di Haftar strizza l’occhio anche il presidente francese Emmanuel Macron giocando una partita che dovrebbe evitare di essere tagliato fuori dai rapporti con quella Libia in cui gli interessi della Francia sono molto alti ed in forte competizione. Il generale Haftar avrebbe quindi tutto il sostegno necessario dalla parte araba e confinante, ma resta il nodo dell’Unione europea e di una eventuale mediazione con gli Stati Uniti. Questi ultimi, oltre agli interessi legati alle forniture energetiche nel Mediterraneo, mediante il mercato degli idrocarburi che ancora impedisce una espansione nelle esportazioni di gas statunitense, hanno tutto l’interesse di moderare un ascendente russo in forte espansione nell’area mediterranea. Già nei mesi addietro il presidente egiziano aveva spezzato una lancia in favore della Libia per la revoca dell’embargo sulle armi. Adesso questa iniziativa viene sponsorizzata anche dalla Russia, che con l’Egitto sta stringendo rapporti diplomatici e commerciali sempre più forti. La rimozione, o moderazione, dell’embargo premierebbe un futuro presidente Haftar fornendogli autonomia militare, quindi sovranità e diritto di Difesa nel nord dell’Africa. Sarebbe in tal caso ben più complesso insidiare la stabilità della Libia o infiltrarla con milizie ribelli oppure ancora terroristi.
La scorsa settimana il delegato delle Nazioni Unite per la Libia Ghassan Salame e la Commissione per le elezioni nazionali hanno annunciato il lancio della registrazione degli elettori per le elezioni presidenziali e parlamentari del 2018 in Libia. Negli stessi giorni in cui Haftar visitava nuovamente il Cairo prima e Roma dopo, in Libia comparivano manifesti e manifestazioni in favore del generale quale nuovo presidente della Libia. La benedizione all’instradamento di Haftar arriva proprio in questi giorni anche dal Governo di Accordo Nazionale di Fayez Al Serraj. Il primo passo sarebbe la nomina ufficiale del generale Haftar al ruolo di comandante dell’Esercito della Libia. Ruolo che Haftar si era già attribuito da sé e senza che il Governo potesse mettere in discussione la fedeltà dei suoi militari e della sua gente. Ma adesso, in vista dell’evoluzione di accordi a suo tempo siglati da Serraj e Haftar, il riconoscimento ufficiale assume altri contorni. Il generale passerebbe quindi allo sdoganamento, da presunto criminale di guerra a comandante in capo delle Forze Armate libiche. Una nota a parte la merita anche il contesto in cui la notizia è stata annunciata. Il ministro degli Esteri libico, Mohammad Al-Sayala, rappresentante del Governo di Accordo Nazionale a Mosca in una discussione presso il Club Valdai, ha asserito che il Governo ed il suo presidente Serraj non hanno nulla in contrario alla nomina di Haftar. Proprio mentre il comandante del Progetto di Dignità della Libia, il generale Haftar, si recava – sempre stando ai media locali – in Libia, Il ministro Mohammad Al-Sayala teneva incontri in Russia sulla liberazione di marinai russi detenuti in Libia e la ripresa degli accordi commerciali tra i due Paesi. Al centro delle proposte di cooperazione ci sono progetti energetici che prenderebbero vita grazie agli investimenti di compagnie russe interessate. Il ministro degli Esteri russo, Sergei Lavrov, ha dal canto suo confermato il mantenimento di buoni rapporti della Russia con entrambe le parti: Tobruk e Tripoli. Una par condicio che spiana la strada alla cooperazione della eventuale futura Libia riunificata.
La Russia nega intanto i rapporti con la Libia riguardanti l’installazione di basi militari del Cremlino su suolo libico. Secondo le voci dei corridoi diplomatici smentite dagli organi ufficiali, la Russia potrebbe installare basi militari nella Libia orientale, in Cirenaica. La trattativa per simili iniziative di insediamento militare verrebbero da accordi con il generale Haftar. La notizia, rimbalzata da media svizzeri che citano la presenza di media italiani all’atto di una presunta firma, sarebbe proprio di un accordo sottoscritto da Khalifa Haftar per l’insediamento militare russo in Tobruk e Bengasi. Potrebbe anche destare poco stupore in considerazione degli incontri tenutisi al Cairo ed al seguito dei quali l’Egitto si sarebbe detto disposto al supporto militare delle forze libiche di Haftar per l’addestramento e la “implementazione” militare. In altri termini: la suddetta revisione dell’embargo imposto alla Libia e la fornitura di armi di produzione russa mediante l’Egitto che ne risulterebbe formalmente proprietario. Se le voci dovessero un giorno trovare conferma, avremmo con un certo ritardo prove di un accordo che vede una fornitura di armi alle forze di Haftar per ben due miliardi di dollari. Lo scacchiere è ben articolato ed ogni pezzo sta giocando la sua partita. Quelli che però al momento sembrano più vicini ad una prossima intimazione di scacco al re sembrano i russi, che in Libia ed in Egitto pare stiano apparecchiando un vero e proprio banchetto. La centrale nucleare in Egitto, a breve distanza dal confine con la Cirenaica sulla sponda del Mediterraneo, vedrebbe quindi un aumento della produzione energetica capace di rendere autonoma l’area costiera e fornire indipendenza e slancio alla Libia di Tobruk e Bengasi. Il petrolio verrebbe quindi esportato in maggiore quantità, visto che già adesso pare che la Libia non sia molto interessata alle disposizioni dell’Opec circa i quantitativi estratti. In tutta questa complessa partita da grandi scacchisti però ci sono dei punti critici proprio sullo scenario mediterraneo. L’Italia, da sempre moderatrice e mediatrice del Mediterraneo e tra i Paesi arabi ed il resto degli attori, andrà al voto qualche giorno prima della Libia. A marzo del 2018 potrebbero quindi intavolarsi nuovi e diversi rapporti di politica internazionale. Risulterebbe pertanto plausibile che tutta la politica anti-Russia, la mega sceneggiata sulle fake news risse che influenzerebbero l’opinione pubblica italiana ed europea, e tutti gli attacchi in tal senso rivolti a Trump come al Movimento Cinque Stelle ed alla Lega Nord, sarebbe soltanto preparatoria di una più serrata guerra, mediatica e non, contro chiunque possa anche solo pensare di avallare rapporti politico-diplomatici con la nuova geopolitica filo-russa del Mediterraneo. Forse non a caso il ministro degli Esteri algerino Abdelkader Messahel ha dichiarato che, stando ai rapporti dell’intelligence algerina, grandi movimenti da parte di cittadini stranieri sarebbero stati rilevati dalla Siria e dall’Iraq verso la Libia.
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