Dicembre alla Masseria Pappalardo:
«È permesso?»
«Avanti, avanti! Trasiti!»
È arrivato! Il Natale è arrivato e no, non è ancora il 25 Dicembre.
Alla masseria Pappalardo, in tutta la Sicilia a dire il vero, il Natale non ha date né orari. Il Natale comincia quando tornano i parenti che vivono fuori: fratelli, nipoti, figli, cugini. Quando tutti saranno presenti, tutti nessuno escluso, poco importerà se mancherà una settimana alla vigilia.
Alla Masseria sarà già religione, tradizione, cibo, famiglia. Sarà già Natale e lo sarà per molti giorni.
«Quanto ti hai fatto alto!» dice lo zio Antonino, nel suo italiano stentato, ad Alessandro.
Lo zio Antonino è il fratello maggiore di Natina ed è sempre l’ultimo ad arrivare. E’ vedovo, molto anziano e ogni anno, alla fine delle feste, torna a casa con un saluto che ha il sapore di un addio.
Ma l’anno dopo, nel dicembre trepidante della Masseria, torna. Torna con figli e nipoti al seguito.
Saranno giorni di abbracci, risate, racconti, giorni di luci e presepi.
Ma saranno, più di tutto, giorni di cibo, di gambe sotto a un tavolo pieno di scorze di noci e pistacchi.
Alla Masseria, a Natale, non fa mai davvero freddo e tra camino acceso, più per tradizione che per esigenza, e respiri festosi della famiglia si può addirittura tenere la porta aperta.
Si può e così è.
Un via vai continuo di parenti, amici, vicini di casa: chi passa a salutare, chi porta una cesta natalizia in cambio di un favore ricevuto, i bambini che non rinunciano a giocare fuori con gli animali e rientrano perché hanno dimenticato il cappello.
La porta è sempre aperta. Non simbolicamente.
La cucina è un tripudio di suoni e colori: verdure tagliate pronte per le scacce, le bucce d’arancia lasciate in giro perché “ciaurìano”, il borbottìo della caffittera e i bambini che giocano a calcio dentro casa con un pallone improvvisato con un sacchetto di juta.
«Ma st’annu nenti ‘o frati?»
«Comu?» Antonino è stranito dalla richiesta di Natina. ‘Che, con la vecchiaia, si aspettasse altro oltre alla…’
«A giuggiulenaaa!! Alessandro! Ma che si fa u palluni con la giuggulena??? Talè talè, quasi quasi tutte cose mi facevi buttare!»
Natina è adirata ma sollevata nel vedere che il fratello non aveva affatto dimenticato il suo consueto regalo. Il pallone improvvisato dai bambini, che prenderebbero a calci qualsiasi cosa possa rotolare, non era altro che un romanticissimo sacchetto di juta pieno di preziosi semi dalla storia ultramillenaria: il sesamo.
C’è un posto, in provincia di Palermo, dove quella pianta dalla più antica coltivazione al mondo, viene ancora lavorata con l’amore dei tempi lontani. Per questo Natina attende con ansia l’arrivo del fratello e dei semi dorati che porta con sé.
«Cubbaita co due bi!»
«No! Giuggiulena co due gi!»
Ennesima custione culinaria alla Masseria. Lo zio Antonino e Capo. Occidente e Oriente.
Una custione che sa di zucchero e miele. Le trame di mille usi e costumi, tanti quante le dominazioni di questa splendida isola, si intrecciano nelle giornate delle famiglie riunite per le feste.
Districarsi non è mai cosa facile ma a Natale tutti vanno accontentati, ogni tradizione rispettata, ogni palato onorato. Alla Masseria, Natina e le altre femmine di casa non prepareranno mai ciò che vogliono cucinare ma ciò che la famigghia vorrà mangiare.
Come conciliare i gusti di tutti? C’è lo zio Antonino che non ama i piatti elaborati, Michele che se non ci sono gli anelletti non è Natale, i bambini che aspettano solo le scacce e lasciano sempre il ripieno che poi Capo pensa a spolverare, Anna è perennemente a dieta e si aspetta un brodo leggero.
«E che problema c’è!? Facemu tutti còsi!» ecco come risponde una donna sicula, una nonna sicula.
«Cettu però u brodinu a Natali e a dieta… ma cchi semu o spitali?» aggiunge la stessa nonna sicula.
Il brodo ci sarà, come tutto il resto, Anna di certo lo apprezzerà, come apprezzerà tutto il resto.
La dieta? Alla Masseria non è la benvenuta. Non quella dimagrante almeno.
Ma torniamo alla dolce nuova custione.
«Pi Natali nun si sciarrìa. Cubbaita o Giuggiulena, comu a chiami chiami, sempri speciali è!»
A Natale non si litiga ed è davvero speciale il “torrone siciliano”.
Ha uno spirito arabeggiante, il colore dell’oro, il sapore tostato di mandorle e sesamo.
La cubbaita, o giuggiulena certo, aldilà del nome, mette tutti d’accordo perché ha il viso buffo di chi l’addenta. Ed è straordinario osservare quanto lo zio Antonino, mentre mangia quella dolce tradizione, somigli a suo nipote Antonino (quando si pronuncia questo nome, alla Masseria si voltano in dieci): sguardo convinto, morso sicuro, smorfia di disappunto, nuovo tentativo, rassegnazione. ‘Sarà meglio lasciarlo dolcemente sciogliere in bocca’.
Natina, nel timore di un nuovo attacco creativo dei bambini, si impossessa del sesamo.
Mette i semi in una pentola d’acciaio a bordi alti aggiungendo zucchero, miele, mandorle e buccia d’arancia. Fa cucinare a fiamma moderata, senza smettere di mescolare, fino al momento giusto. Sarà il naso sopraffino e allenato di Natina a riconoscerlo: profumo di zucchero caramellato alla giusta temperatura. Gli occhi e il naso di Natina valgono sono più affidabili di mille termometri da cucina. Spegne il fuoco.
Tutti sono intorno al tavolo. Non è facile resistere al fascino di quella colata dorata sul piano di marmo unto.
«Attenti che vi abbruciate! Fora, tutti fora!»
È un momento che dura sempre troppo poco, come lava fluida che, solidificandosi, cambia presto aspetto, forma, colore.
Natina taglia a metà un limone, lo infilza con una forchetta dalla parte della buccia e stende e profuma il composto dandogli aroma e lucentezza. Una volta freddo, comincia il taglio, deciso e dolce al tempo stesso.
Eccoli i piccoli rombi in fila indiana. Sono lì che aspettano smorfie affamate. Ma non è il momento. Non ancora.
«Prima devo mettere di lato quello per la commare Tina, quello per la commare Pina e quello per la commare Nina. Ah, pure quello per la commare Lina.» interviene la prodiga Natina.
«…eee, e senza lamintarivi camurrìa! Poi vi piacciono i cannoli di commare Tina no? E la cassata della commare Pina e la pasta al forno della commare Nina? E vogliamo parlare delle arancine della commare Lina che quasi quasi sono come le mie?»
In Sicilia ogni uso consueto, durante le feste, è amplificato: lo scambio di succulente pietanze natalizie è un rito pari alla messa della Santa Vigilia.
Natina prepara, devota e soddisfatta, tanti piccoli pacchetti: cinque pezzi di giuggiulena, un po’ di carta trasparente e un nastro rosso ciascuno.
«Vieni qua a nonna che mi fanno male i diti delle mani, aiutimi tu a fare ste nnocche.»
Carola è intenta ad assolvere con la massima dedizione il compito assegnato dalla nonna e, mentre fa e disfa ogni fiocco affinché il pacchetto risulti perfetto, Natalino e Alessandro la urtano spazzando via tutto dal tavolo.
«Forza levati che dobbiamo giocare! Trentasette, trentotto, trentanove. Miiiiiiii Giorgiaaaaaaa!!» Alessandro ha già contato per la quarta volta il mazzo di carte.
Ne manca una! Poco prima, l’ultima nata in casa Pappalardo, undici mesi di morbida meraviglia, figlia di Anna, stava seduta su una grande e spessa coperta stesa sul pavimento in cotto.
Aveva abbandonato il suo pupazzo, attratta da piccole tessere di carta dal fascino inspiegabile: spade, coppe, bastoni e denari ormai inumiditi da una boccuccia ansiosa di esplorare.
«Il tre di bastoni! Cercate il tre di bastoni!»
Tutti sono intenti a cercare la carta smarrita: chi sotto al tavolo, ed è fortunato perché approfitta di qualche pistacchio caduto, chi vicino al camino, chi sul divano. Come potrà essere Natale senza il piattello? Senza il cucù? Niente, nessuna traccia. Dopo un po’ i bambini si rassegnano, distratti dal vassoio di giuggiulena sopravvissuto solo grazie all’emergenza appena affrontata.
Lo zio Antonino racconta a Capo, davanti al camino, lo stesso aneddoto che ogni anno ha un dettaglio in meno mentre Natina, con figlie e nipoti, “cuttigghia” sulla figlia della signora Minichina che è ancora single.
«Zitella, chiamamu le cose coi suoi nnomi!»
I bambini corrono per le scale mentre la commare Tina, con un vassoio che quasi copre la sua figura, e ce ne vuole, stà sull’uscio aperto gridando un: “è permesso?” che nessuno ascolta.
Un religioso caos regna alla Masseria.
I cannoli della commare Tina, sì nel vassoio c’erano dei magnifici cannoli siciliani alla ricotta, fanno entra ed esci dal frigo perché c’è sempre qualcuno che: «manco lo sapevo che c’erano!»
Non si sa bene che giorno sia, forse nemmeno l’ora ma si è fatta sera e si vede, si è fatto fresco e si sente. Sarà meglio chiudere la porta ma Capo è costretto a forzare l’anta il legno massiccio: qualcosa si è incastrato e striscia quasi a voler negare quel gesto “innaturale”.
Eccolo: il tre di bastoni.
Ora sì, ci sono tutti.
Chiuditi Sesamo, Buon Natale!
(Tratto da “Capo e Natina” di Samantha Scala)
La rubrica Gusto Mediterraneo torna con Samantha Scala sabato 6 gennaio per un appuntamento settimanale
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