Serena Romano inizia la sua requisitoria citando Hannah Arendt, filosofa, storica e scrittrice tedesca naturalizzata americana morta nel 1975. E lo fa citando un suo scritto che portava in sé, forti, le continuate privazioni dei diritti civili e le persecuzioni subite in Germania. Chiede che, non essendo possibile metterlo agli atti, la Giuria del Tribunale Permanente dei Popoli lo utilizzi come materiale su cui riflettere. Molto forti le testimonianze che sono state raccolte dalla Giuria. In queste indimenticabili giornate, non possiamo non ricordare la rabbia razionale di Johannes Bayer e Ingolf Werth di Sea-Watch, mentre raccontano: “La guardia costiera libica stava abbandonando, al buio, la zona in cui c’era un barcone con 750 persone in difficoltà. Non solo, ma ci veniva chiesto di abbandonare la zona, essendo loro la competenza territoriale. Non abbiamo avuto dubbi, la nostra risposta è stata ‘Fuck you, we save them anyway!!!’, (Fottetevi, noi li salviamo comunque!)”. E se questo, forse, ci ha fatto sorridere e ha scatenato un grosso applauso per l’ONG perché, in fondo, anche noi avremmo risposto allo stesso modo, di ben diverso tenore sono state le testimonianze dirette ed indirette che vengono dal Mediterraneo e dalla Libia. E mentre ieri il Ministro Minniti, a Napoli, presentava il protocollo d’intesa “Città Rifugio”, in collaborazione con l’ANCI e sottoscritto da 265 sindici dei comuni della Regione Campania, oggi era atteso a Palermo dal Tribunale Permanente dei Popoli per dare conto delle politiche adottate dall’Italia. Le sue dichiarazioni di ieri non lasciano dubbi: “Oggi compiamo uno straordinario passo in avanti (…) Questo non è un pezzo di carta – ha affermato Minniti – ma un impegno, una riforma dell’accoglienza, una visione comune che ci consente di affrontare una questione storica del nostro Paese tenendo insieme quattro principi: accoglienza, umanità, integrazione e sicurezza”.
Ed è proprio su questi temi che si trova sul banco degli imputati nell’odierna udienza del Tribunale Permanente dei Popoli. E mentre il ministro parla di “accoglienza diffusa” come “una soluzione, perché consente di affrontare un nodo cruciale, superare le diffidenze. In una democrazia, bisogna tenere conto di entrambi i diritti, quelli di chi è accolto e quelli di chi sta accogliendo”, oggi, sul banco dei testimoni è salito un popolo migrante che non ha diritti, anche per colpa della recente legislazione italiana e dei suoi recenti accordi trans-nazionali. La requisitoria finale, letta da Serena Romano e da Fulvio Vassallo Paleologo, non lascia spazio a fraintendimenti. Analizza le testimonianze che via via si sono presentate alla Giuria, valuta le richieste iniziali dell’atto di accusa, ponendo il peso sulle concordanze tra le accuse rivolte e le testimonianze che la Giuria ha ascoltato.
La giuria, che ricordiamo è composta da Franco Ippolito, magistrato e Presidente del TPP, Philippe Texier, magistrato francese e vicepresidente del TPP, Carlos Beristain, medico e psicologo spagnolo, esperto di diritti umani e politiche di memoria, Donatella Di Cesare, filosofa, docente all’Università la Sapienza di Roma e alla Normale di Pisa, Luciana Castellina, politica, giornalista e scrittrice, Francesco Martone, esperto in relazioni internazionali, pacifismo e diritti umani e da Luis Moita, professore di teoria delle relazioni internazionali – Università Autonoma di Lisbona, con le parole di Franco Ippolito, dichiara chiuso il tempo del dibattimento e si ritira in camera di consiglio per deliberare. La decisione è attesa per le ore 16 di domani. Noi saremo là.
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