Via Libertà, la strada-salotto liberty della città. L’amministrazione di Lima e Ciancimino aveva già semidistrutto ville giardini per costruire i nuovi palazzi in vetro e cemento.
Il 1979 era stato un anno funesto, almeno per la città di Palermo. Mario Francese, Michele Reina, Boris Giuliano, Cesare Terranova. Le loro morti avevano scosso tutta la città e, nel caso di Reina, anche i salotti democristiani dell’isola. Piersanti Mattarella era stato eletto Presidente dell’Assemblea Regionale Siciliana il 9 febbraio 1978. La sua presidenza si fa subito notare per il forte impatto sociale delle sue scelte politiche, per il ben sapere che i giochi di potere in essere prima della sua elezione sarebbero durati ancora per anni e, sottilmente, cominciò a erodere la loro stabilità. Passo dopo passo. Le sue apparizioni non lasciavano dubbi sul suo pensiero e sul suo operato, come nel famoso discorso per la campagna elettorale che tenne a Cinisi poco dopo l’assassinio di Peppino Impastato e nel quale fece una lunga invettiva contro Cosa Nostra.
Le ipotesi iniziali su cui si mossero le indagini si devono alla corposa requisitoria denominata “delitti politici” che porta la firma del procuratore aggiunto che seguiva le indagini, il dottor Giovanni Falcone. All’interno dell’indagine, gli omicidi di Michele Reina, Piersanti Mattarella, Pio La Torre e del suo collaboratore Rosario Di Salvo. L’ipotesi puntava verso il coinvolgimento del terrorismo di estrema destra, nello specifico dei NAR, particolarmente attivi in Italia in quegli anni e che avevano dimostrato negli anni precedenti che ben volentieri si concedevano come mercenari per la soluzione di “affari di Stato” o “affari di partito”. Dopo la strage di Capaci, il lavoro del dottor Falcone fu accantonato e prese corpo una pista esclusivamente mafiosa che portò dritto ai corleonesi di Totò Riina. Condanne all’ergastolo come mandanti per Riina, Greco, Brusca, Provenzano, Calò, Madonia e Geraci. Durante il processo, la vedova di Mattarella riconobbe, come secutore materiale Giusva Fioravanti, noto estremista di destra. Ma la sua testimonianza non fu ritenuta esaustiva e Fioravanti fu assolto. Alcuni collaboratori di giustizia hanno fornito il nome degli esecutori materiali e, proprio in questi giorni, la Procura di Palermo ha deciso di riaprire le indagini. La famiglia, oltre diciotto mesi fa, aveva sollecitato nuove verifiche. Ora, durante l’analisi dei reperti del processo, ci si è resi conto che una delle targhe usate per la fuga era stata ricreata utilizzando per metà un’altra targa, ritrovata in un covo dei NAR. Si chiude di nuovo un anello. L’identikit in bianco e nero pubblicata dai quotidiani nei giorni successivi all’omicidio ricordava molto Fioravanti. La signora Irma lo ricordava bene. Vedremo se questa nuova apertura d’indagini potrà far luce su uno dei primi omicidi per il quale l’interesse di Cosa Nostra era condiviso con altri, forze eversive interne o esterne al nostro ordinamento o addirittura Paese.
Era nato a Castellamare del Golfo, il 24 maggio 1935. Entra in politica giovanissimo e milita, da subito, nella Democrazia Cristiana. Diventa Consigliere Comunale a Palermo nei primi anni ’60. Nel 1967 è eletto come deputato all’Assemblea Regionale Siciliana. Negli anni successivi ricoprì la carica di Assessore Regionale alla Regione Sicilia. Fu eletto Presidente della Regione Sicilia il 9 febbraio 1978 e ricoprì il mandato sino al 6 gennaio 1980, giorno del suo assassinio.
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