Un migliaio di lavoratori appartenenti a contesti “deboli” risultavano occupati completamente in nero. Prestavano manodopera persone provenienti dal sud Italia ma anche da Slovenia, Romania, Repubblica Ceca, Slovacca, ecc. Senza alcuna garanzia e sicurezza previdenziale. Le società effettivamente utilizzatrici della manodopera evitavano gli oneri previdenziali e assistenziali connessi alla stipula del contratto di lavoro e potevano indebitamente detrarre l’iva esposta nelle fatture dalla società appaltatrice. Le società che fornivano i lavoratori invece venivano dopo breve periodo messe in liquidazione o lasciate inattive e quindi sostituite con altre, dalle medesime caratteristiche, che assumevano la prosecuzione delle attività di caporalato.
Le indagini condotte dalla Guardia di Finanza di Spilimbergo hanno consentito di individuare 13 società attive nella fornitura di manodopera, tutte con sede legale nella provincia di Sassari. Nessuno però aveva interessi specifici o residenza in Sardegna, neanche i lavoratori. Le 37 aziende invece, i cui rappresentanti sono tutti indagati, avevano sede nelle provincie di Venezia, Brescia, Padova, Treviso, Vicenza, Bergamo, Modena, Pavia e Milano. Per tali attività illecite risultano indagate dalla Procura della Repubblica di Pordenone complessivamente 59 persone dei quali 4 per associazione a delinquere, 48 per reati tributari e 7 per reati di riciclaggio. Questi ultimi, i riciclatori, per la distrazione di circa 700.000 euro sui conti correnti societari operata mediante carte prepagate e vaglia postali. Complessivamente sono 1.057 le posizioni lavorative collegate a impieghi illegali di manodopera rilevate nel corso delle indagini. Infine è stata verificata anche l’emissione di 21 milioni di euro di fatture per operazioni inesistenti. Il Giudice delle Indagini Preliminari di Pordenone, su richiesta della Procura della Repubblica, ha inoltre disposto il sequestro di 3.978.000 euro di beni nei confronti del soggetto promotore delle illecite attività.
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