Aveva deciso di conoscere la mafia dal suo interno e per anni si era infiltrato nella cosca dell’Arenella, uno dei quartieri di Palermo che si affaccia sul mare. Un’operazione di copertura molto delicata, della quale nemmeno tutti i suoi colleghi erano a conoscenza. Nato a Palermo il 21 ottobre 1952, Natale Mondo era un agente della Polizia di Stato. Si era arruolato nel 1972 e aveva prestato servizio al Ministero degli Interni, poi a Siracusa e a Trapani. Fu lì che conobbe Ninni Cassarà, che lo volle con sé dopo il suo trasferimento alla Questura del capoluogo siciliano. Affabile, sempre sorridente, Natale si guadagnò subito la stima e l’amicizia dei colleghi della Quinta Sezione Investigativa diretta dallo stesso Cassarà. Indagavano su Cosa Nostra. Per le quotidiane indagini sul territorio, non era ancora il tempo dei “pentiti” e dei “collaboratori di giustizia”. Le poche voci che fino a quel momento potevano dare una mano alla Polizia di Stato erano i confidenti. Anzi, quella fu l’ultima grande stagione dei confidenti che rappresentarono la possibilità di avere informazioni riguardanti Cosa Nostra. Natale viveva il territorio. All’Arenella ci era nato e conosceva tutti. Una sua fonte fu fondamentale in diverse occasioni per una svolta nelle indagini.
L’amicizia tra Natale Mondo e Ninni Cassarà era profonda e vera e prevaricava il concetto della differenza di grado. Tra loro c’era uno sguardo complice, entrambi avevano la capacità di leggere oltre. Negli anni che precedettero la morte di Mondo, la Squadra Mobile di Palermo aveva subito diversi traumi. Nel 1985 era stato ucciso prima Peppe Montana e poco tempo dopo, all’interno degli uffici della Squadra Mobile, era morto Salvatore Marino, indagato per l’omicidio di Montana. Il 6 agosto dello stesso anno furono uccisi Ninni Cassarà e il suo collega Roberto Antiochia e, in quel momento, iniziò la delegittimazione di Natale Mondo. Fu accusato di essere connivente con Cosa Nostra e di aver tradito il suo capo. Subì l’onta del disonore e del carcere. Natale Mondo fu scagionato, fu provata sia la sua fedeltà a Cassarà e allo Stato, sia la sua integrità.
Da qualche mese le vicissitudini processuali di Natale erano terminate e aveva ripreso servizio presso la Questura di Trapani. È il 14 gennaio 1988 e Palermo, come spesso accadeva in quel periodo, è sotto shock per un brutale assassinio: la mafia aveva ucciso Giuseppe Insalaco, “Il Sindaco dei 100 giorni”, appena due giorni prima. Natale è a Palermo, all’Arenella, il suo quartiere. Porta sempre con sé la sua pistola calibro 38, anche quando non è in servizio.
Era scampato alla pioggia di fuoco del 6 agosto del 1985, quando i Kalashnikov della mafia ebbero la meglio su Cassarà e Antiochia. Natale teme per la sua vita. Sa perfettamente che la mafia non perdona e non dimentica, aspetta solo l’occasione giusta. Tutti i nodi vengono al pettine e all’Arenella si è cominciato a pensare che Natale c’entrasse qualcosa anche con la morte di Salvatore Marino. “Cornuto e sbirro”, “Infame”, questo era diventato per loro. Natale è in via Papa Sergio, davanti a un negozio di giocattoli gestito dalla moglie. Due killers aprono il fuoco su di lui. Cade a terra. Accade tutto molto velocemente e Natale Mondo è ucciso per la seconda volta, ma questa volta fisicamente. Oltre a Rosalia lascia due figlie, Dori e Dana. Salvino Madonia e Agostino Marino Mannoia furono condannati all’ergastolo per il suo omicidio. L’identità del terzo killer non fu mai accertata.
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