La campagna elettorale, che ha adesso l’unico merito d’essere ufficiale, ha avuto un inizio degno di record ai botteghini. Purtroppo però non è un cinepanettone e agli italiani costerà molto più di un biglietto per una sala multiplex. Abbiamo ascoltato intenzioni elettorali e pseudo programmi di Governo che fanno pensare a due singole ed inderogabili ipotesi: se non sono matti i leader di partito sono idioti gli italiani. Il dubbio che la seconda opzione sia la più attendibile è triste ma concreto. In Tv è sempre più difficile reperire un film o un programma di intrattenimento con un minimo di logica culturale o anche solo leggerezza. Facendo zapping con il telecomando si passa da programmi di dis-approfondimento in quantità industriale, utili solo a confondere sempre più le idee degli elettori, al “pane per le menti” come i programmi di Maria De Filippi ed altri format di cultura allo stato puro in cui si avvicendano i soliti dinosauri, scongelati da lunga ibernazione con altra cultura televisiva dello spessore di Grande Fratello e “reality” vari; il tutto condito da lunghi pianti a favor di camera. Che definire “realtà” questi esperimenti di regressione psicologica dello spettatore è grottesco quanto il programma stesso. Ma ciò che domina i palinsesti televisivi, radiofonici, cartacei e forse anche postali è ormai la presenza di illuminati chef pronti a risolvere tutti i problemi del Paese con le loro inedite ricette.
Ammiriamo così un triste Berlusconi promettere meraviglie agli italiani mentre ripete che “i tecnici hanno scritto così” ma secondo i suoi calcoli si può fare molto meglio. Ed i tecnici che lo smentiscono sono proprio quelli del suo partito che avranno magari anche già gonfiato le possibilità adeguandole alla campagna elettorale. “Sceso in campo” un quarto di secolo addietro, Berlusconi oggi propone di portare a mille euro al mese tutte le pensioni che stanno al di sotto di questa soglia. Sarebbe facile liquidare la questione con un semplice “ridicolo!”, ma la realtà è che probabilmente ci sono già pensionati pronti ad offrirgli il loro voto. Matteo Renzi dal canto suo rivendica quel misero e fisiologico passo che l’Italia ha fatto per allontanarsi dalla crisi. In altri termini sarebbe come dire che se non fosse stato per lui, tutti i Paesi colpiti dalla grande recessione, iniziata nel 2008 con l’esplosione della bolla finanziaria sui titoli tossici, sarebbero usciti dall’asfissia economico-finanziaria tranne noi. Che siamo il fanalino di coda in Unione Europea in quanto a crescita pare essere un dettaglio sorvolabile per il segretario del Partito Democratico. Intanto l’ex premier dei mille giorni, ex rottamatore ed ex stella nascente della politica nazionale continua a puntare sui bonus da 80 euro e cerca di recuperare quantomeno sull’odio assicurando consapevolezza degli errori sulla “Buona scuola” e promettendo adesso full time lavorativo per gli insegnanti al sud Italia. Ammissione di colpevolezza parziale, perché non ha sbagliato il capo del Governo che ha voluto ed attuato la riforma ma un “algoritmo”. Il giro d’Italia in treno dovrebbe però avergli schiarito le idee su quanti ammiratori ha lungo lo stivale e quanti uomini di scorta gli servono per scendere in stazione. Ci sono poi i Liberi ed Uguali, adesso certo liberi dall’autocrate Renzi e uguali…a prima. Volto nuovo del nuovo partito è Pietro Grasso, che attualmente sembrerebbe un “non pervenuto” sulla scena elettorale. Il movimento politico che recita “con Pietro Grasso” – paladino dei parlamentari oppressi – pare stia puntando tutto su un altro algoritmo errato del Partito Democratico: quello che ha messo in atto la più crudele gestione del fenomeno migratorio dall’epoca di Roberto Maroni al Ministero degli Interni. Parte del PD si scopre quindi obiettore di coscienza, imbarca tutti i colonnelli messi alla berlina dal nuovo tiranno democratico di Rignano sull’Arno e l’ex portavoce dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati, e inizia a rincorrere i voti degli elettori Dem delusi dall’approccio leghista del ministro Minniti sui migranti.
La coalizione di Berlusconi-Salvini-Meloni, quella di Matteo Renzi e il Movimento Cinque Stelle sono “sicuri” di avere la maggioranza assoluta e poter vincere le elezioni il 4 marzo. Disgraziatamente – per loro – la realtà risulta un tantino diversa. Il centrodestra di Silvio Berlusconi potrebbe vincere le elezioni, ma con un esperimento replica di quello siciliano. E in Sicilia, dopo due mesi, non si è ancora capito chi guida il Governo regionale. L’unica cosa chiara è che una lottizzazione si sta delineando in funzione alle percentuali di voti ed influenze confluite nella maxi alleanza. L’impressione è quindi che sia in atto un “questo è mio e questo è tuo” della Sicilia, ma nessuno si stia facendo carico dei problemi da risolvere. Fenomeno politico dei giorni nostri che si potrebbe ripetere tale e quale con le elezioni politiche nel caso in cui dovesse vincere il trio dei capitani coraggiosi Berlusconi, Salvini e Meloni. Il centrodestra rappresentato dal Partito Democratico vede anch’esso la possibilità di risalire la china fino a divenire il primo partito italiano, pur non trovandosi in un coffee shop ad Amsterdam. Il Movimento Cinque Stelle dal canto suo è davvero il primo partito italiano con percentuali d’altri tempi, ma resta comunque in minoranza assoluta di fronte ad una già paventata alleanza dei due schieramenti di centrodestra: quello di Berlusconi e quello di Renzi. Se il piano di Grillo-Casaleggio-Di Maio fosse quello di chiedere la fiducia con un programma per l’Italia che – in chiave “Il Padrino” di Mario Puzo – “Non si può rifiutare” e poi, dopo il rifiuto e la conseguente mancata fiducia al Governo pentastellato, mobilitare quei dodici milioni di elettori, potrebbe anche funzionare e l’Italia potrebbe così finalmente insorgere. Se contano invece di spuntare la fiducia e formare un Governo senza però cedere ad alleanze con tanto di tradizionale affidamento di ministeri ai cobelligeranti, è allora probabile che stiano in un coffe shop di fianco a quello in cui si allietano Renzi e compagni.
Tutto ciò però altro non è che il gioco a cui dovremmo assistere senza così aprire il vaso di pandora. Silvio Berlusconi, Matteo Renzi e pretendenti a Palazzo Chigi vari, sono niente altro che il fronte del palco intenti in una commedia che intrattiene il pubblico e lo distrae dall’immane lavoro che gli addetti svolgono dietro le quinte. E gli operosi lavoratori sono poi i veri artefici del buon risultato di uno spettacolo. Renzi, ad esempio, prende a bordo Verdini, Lorenzin e strizza l’occhio a Bonino. Denis Verdini è il mediatore del “Patto del Nazareno”, padre costituente, insieme a Giorgio Napolitano, della fallita riforma istituzionale affondata dagli italiani con il referendum del 4 dicembre 2016 e noto toscano di stampo massone. Della stessa linea è ad esempio Beatrice Lorenzin, ministra della salute pubblica pluridecorata per la campagna “Fertility Day” e passata alla storia per l’attuazione dell’esperimento che ha visto l’Italia Paese pilota sulla vaccinazione obbligatoria multivalente in Europa. Il famoso obbligo vaccinale contro affezioni in parte scomparse ed in parte non fondamentali – No-vax oppure Pro-vax, non si può paragonare il morbillo alla meningite – adesso ha calato il sipario e di sensibilizzazione ed informazione da affiancare all’obbligo non se ne parla più. Beatrice Lorenzin, che ha fondato un proprio partito insieme a Fabrizio Cicchitto, stessa estrazione “culturale” di Denis Verdini e forse stesse tessere, ha mantenuto la propria poltrona da ministra con il Governo Letta, quello Renzi e poi quello Gentiloni. Magari sarà di nuovo ministra alla salute nel prossimo Governo, di chiunque esso sia. Sarà stata indubbiamente una ministra così capace che nessuno dei tre ha inteso affidare la salute pubblica ad altri. Accadeva la stessa cosa con il leader dell’ultimo partito in cui militava Lorenzin, quel Angelino Alfano “zero voti” che occupava ministeri di fondamentale importanza da anni e da Governi diversi. Ministro della Giustizia, vicepresidente del Consiglio dei ministri, ministro dell’Interno, ministro degli Esteri… Alfano sarà certamente una delle menti più illuminate del nostro tempo. Dei soggetti citati si possono ricordare alcuni aneddoti per meglio chiarirne il profilo. Lorenzin, Stati Uniti e vaccini lo ricordiamo ancora tutti, o quasi. Verdini e il Patto del Nazareno tra Renzi e Berlusconi con la riforma della Costituzione di origine e sponsorizzazione firmata da quel Giorgio Napolitano che in campagna referendaria presagiva un nefasto futuro in caso di bocciatura popolare, li ricordiamo ancora. Alfano ed il caso Shalabayeva è un altro episodio che evidenzia la capacità nazionale di prendere posizione di fronte alle richieste di altri Stati, siano essi più o meno democratici. In sintesi, l’Italia è un Paese che consegna tutti a chiunque ne faccia richiesta – come nel caso dell’imam Abu Omar rapito a Milano nel 2003 – ma che non riesce ad ottenere che altri consegnino gli italiani all’Italia: come nel caso della Enrica Lexie nel 2012, con i marò Massimiliano Latorre e Salvatore Girone arrestati con l’accusa di omicidio dalle autorità indiane.
Fondamentale, in un simile teatro, è la distrazione di massa. Si accusa la Russia di ingerenza sulle campagne elettorali altrui mediante fake news o altre idiozie sui social media, mentre l’ex presidente degli Stati Uniti faceva endorsement in favore della riforma della Costituzione firmata ufficialmente Renzi-Boschi e augurava che Matteo Renzi potesse continuare a fare politica ed essere rieletto dagli italiani. Si accusano dei brutti ceffi ed ex agenti del KGB di finanziare segretamente il Movimento Cinque Stelle o la Lega e non si fa luce su chi sponsorizza i ministeri e sulle ragioni originali di determinate scelte di Governo su riforme, banche, tasse, contratti di lavoro, vaccini e intelligence. Né ovviamente sulle ragioni che spingono il Governo, con l’appoggio sfegatato ieri in aula di Fabrizio Cicchitto per conto del partito “della petunia” di Beatrice Lorenzin, ad avviare una missione militare in Niger che può essere definita in tanti modi ma sempre supporto militare agli interessi francesi nel Paese centroafricano appare. Ed anche se fosse realmente finalizzata al blocco degli attraversamenti del Niger verso la Libia dei flussi migratori centrafricani, sarebbe la missione più indegna che un militare italiano con tanto di scudo tricolore sul braccio possa condurre in onore alla propria bandiera. L’Italia è una colonia di vassalli che si alternano al Governo ma che, qualunque colore o ideologia politica manifestino, restano asserviti agli interessi di potere altrui ed extranazionali. In questa visione poi sembra ancor più ridicolo che gli italiani dovrebbero sentirsi minacciati dai migranti morti di fame che sbarcano sulle nostre coste e non da quegli stranieri che muovono fili invisibili che determinano la sconfitta del welfare nazionale, dei diritti sanciti dalla nostra Costituzione e che pilotano la svendita del patrimonio dello Stato iniziata con la privatizzazione di banca e valuta nazionale e culminata con la svendita dei cosiddetti “beni di famiglia” come Alitalia, Poste Italiane ed altri tesori del popolo italiano.
Occasionalmente, forse per errore o distrazione di entità all’uopo preposte, sfugge la notizia sull’ipotesi di un pre-concordato Governo – tipo Gentiloni bis – che metta d’accordo le parti dopo una elezione farsa consumata con una legge elettorale che replica i principi di incostituzionalità di quella bocciata dalla Consulta e da cui era nata la legislatura che tentò la drastica revisione della Costituzione. Intanto sfugge poco o nulla sulle rivolte che investono altri Paesi come la vicina Tunisia e la compagna d’Unione europea Grecia. Se ne parla poco e niente. Eppure, obbligo di risanamento del debito pubblico a fronte di prestiti dello strozzino internazionale, riforme imposte da organismi non democratici ed estranei e austerità sono alla base dei motivi di violenta protesta dei popoli di Tunisia e Grecia, distrutti da corruzione e disoccupazione. Corruzione, il cui livello in Italia è al di sopra di ogni fantasia, e disoccupazione: che malgrado la recente campagna pubblicitaria sulla “ripresa occupazionale” mantiene dati da ultima della classe o quasi. In piena grande recessione è stata agevolata la delocalizzazione delle imprese italiane, anche di quelle che per decenni hanno usufruito di aiuti di Stato. Sono state privatizzate le partecipazioni statali e sono state passivamente incentivate le acquisizioni dei più prestigiosi brand nazionali da parte di gruppi stranieri. Come per fare un esempio la Ducati, su cui gli italiani devono in qualche modo rassegnarsi visto che è ormai tedesca e non più motivo di vanti Made in Italy. Che poi, già quando era un marchio italiano i telai storici e prestigiosi venivano interamente realizzati in estremo oriente. In effetti, di italiano in Italia è rimasto ben poco. Squadre di calcio italiane in mano ai cinesi, marchi storici in mano a tedeschi e francesi ed altri, banche in mano a holding straniere, interi territori in mano agli americani (Sigonella, Aviano, Birgi, Vicenza, Camp Darby, Niscemi, Napoli, La Maddalena, Decimomannu, Gaeta, Bagnoli, Taranto, Lampedusa, solo per citarne alcuni). Infine il popolo italiano, aizzato contro l’invasore straniero che viene a raccogliere i nostri frutti ed i nostri ortaggi, è stato privatizzato e reso merce per grosse lobby che variano dalle Big Data, che raccolgono ogni sorta di dato personale sull’intera popolazione mondiale incluso il DNA, alle Big Pharma e passando ovviamente per le banche d’affari che usano questo gregge di pecore per il risanamento delle speculazioni delle quali ovviamente le pecore sono all’oscuro.
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