Era un inverno come questo

Storia del futuro, di Ernesto Gibellina

Era un inverno come questo. Tutto era cominciato già a settembre, quando il primo freddo sostituiva le soleggiate giornate estive. Ma in quegli anni l’estate non era mai stata sinonimo di vacanza. Era il 1943. All’inizio poche centinaia di famiglie, poi sempre di più, fuggitivi o esuli o dissidenti, poco cambia nella sostanza… sradicati per un regime avverso, per pulizia etnica, o forse solo per becera intolleranza. Sono gli istriani, i dalmati, gli abitanti della zona B del territorio libero di Trieste. In due anni raggiungeranno il numero di quasi 300.000 persone. Venivano in Italia portando con loro ‘il bianco degli scogli in marina, il profumo dei grappoli d’acacia’ come scrive Mario Orlandini, nient’altro, neanche il rimpianto. Solo Trieste conta 30.000 profughi. Il 10 febbraio 1947 il trattato con la Jugoslavia le assegna l’Istria e le isole Quarnerine. È il giorno della Memoria dell’esodo. Ma che accoglienza abbiamo dato in quegli anni? Centonove centri di raccolta sparpagliati in tutte le regioni: caserme dismesse, baraccopoli nei campi sportivi, provvisorietà, promiscuità, emergenza. Aspetteranno cinque, sei, in alcuni casi dieci anni per avere una casa. Chi può migra in America o in Australia, chi ha relazioni familiari in Italia trova condizioni più decorose. Intanto la nostra politica litiga per Fiume: DC e PCI, USA e URSS. Tutto cambia nel PCI quando Belgrado e Mosca rompono, ma per i profughi non cambia nulla, aspettano sempre un tetto decente.

Una giornata della Memoria in sordina oggi, dopo 70 anni una politica litigiosa continua a disinteressarsi dei problemi reali di chi fugge. Sembra quasi che siano in vacanza i siriani, i libici, gli etiopi e tutti coloro che l’unica crociera della loro vita l’hanno prenotata da aguzzini libici e l’hanno trascorsa su barconi extra-colmi più che extra-lusso. Fuggono anche loro e magari l’Italia dovrebbe essere solo un approdo momentaneo, un luogo per ricominciare a riappropriarsi di una dignità calpestata. Allora ripetiamoci perché non ricordiamo o perché è scomodo ricordare o perché forse non sappiamo; ignoriamo la storia. Bene! Questa è la storia. Prima istriani, dalmati, oggi siriani, libici. Ancor prima anche noi in cerca di fortuna in America, in Argentina, in Germania, anche noi trattati spesso come ‘ignoranti e puzzolenti’. Non ci è piaciuto allora, non dovrebbe piacerci ora. Chissà domani a chi toccherà… L’importante è dimenticare!

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