Riformare al meglio il Regolamento di Dublino, rompendo il muro imposto dai Paesi di Visegrad – Polonia, Ungheria, Slovacchia e Repubblica Ceca – imporre un sistema delle quote di rifugiati obbligatorio e porre fine all’atteggiamento predatorio delle imprese, anche italiane, che operano in Africa: questa la ricetta sulla questione dei migranti che propone in un colloquio con l’agenzia DIRE Fabio Massimo Castaldo, vicepresidente dell’Europarlamento, esponente del Movimento 5 Stelle.
Critici del Regolamento di Dublino – che prevede che il migrante presenti richiesta d’asilo esclusivamente nel primo Paese europeo in cui arriva – gli eurodeputati dell’M5S non hanno votato la riforma in sede Ue qualche mese fa. Perché? “Voglio premettere – risponde Castaldo – che è stato il Movimento a portare il problema di Dublino nel dibattito europeo con una mozione del 2015. Noi non siamo favorevoli al principio del Paese di primo approdo, tuttavia non abbiamo potuto votare la riforma perché lasciava irrisolte due questioni. Primo, il tema dei migranti economici, ancora totalmente al di fuori della competenza del Regolamento di Dublino. Secondo, la complessità delle procedure di redistribuzione, che scattano solo quando le strutture statali arrivano al 150% dell’accoglienza, quindi a una situazione di collasso di fatto. Questo non è sufficiente a dare una risposta a quei Paesi come l’Italia e la Grecia che si trovano in prima linea e rischiano di essere il ‘campo rifugiati’ d’Europa”.
Gli esponenti pentastellati, ricorda ancora, avevano chiesto “più coraggio e ambizione. Ma i Paesi di Visegrad hanno fatto muro”. Resta quindi valida per il Movimento la distinzione tra migranti economici e rifugiati, che alcuni difensori dei diritti umani cercano di superare? “Sì, l’abbiamo sempre ribadita: i primi sono protetti da convenzioni internazionali di cui anche l’Italia è firmataria, i secondi no. Però il problema dei migranti economici permane”.
La soluzione, per il vicepresidente dell’Europarlamento, si trova cambiando le politiche nei Paesi di partenza, “tra cui anche l’operato delle multinazionali italiane nell’Africa subsahariana”. Quanto al sistema di ricollocamento, “vorremmo che fosse strutturale e automatico, e soprattutto obbligatorio e preventivo. Finora ha funzionato in modo parziale, e con grandi ritardi: solo di recente sono state completate quote che erano state stabilite nel 2015”.
L’obbligatorietà del ricollocamento non va contro la posizione del Movimento, che tiene molto alla sovranità degli Stati? “Anche avere una moneta unica pone il problema della sovranità”, la replica di Castaldo. “Se dobbiamo essere un’Unione di Stati e di popoli, ci deve essere un’applicazione della sovranità e delle regole in ogni caso. Non si può chiedere di applicare in modo ferreo le regole in campo economico e monetario, e poi quando si parla di solidarietà – che, ricordo, è un principio dei trattati europei, non un mero auspicio – vedere che Paesi come Francia e Spagna si chiamano fuori. Nel periodo dell’emergenza migratoria ci hanno persino chiuso i porti. Insomma serve coerenza”.
Alessandra Fabbretti – Agenzia DIRE
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