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La scomparsa dei mercati rionali romani e la crisi dell’agricoltura locale

In copertina: Presentazione del rapporto Magna Roma di Terra!

Il rapporto Magna Roma di Terra!
I banchi chiudono, i mercati si svuotano e gli operatori soffocano tra le spire della burocrazia. Il tutto nel silenzio della politica, che da anni guarda spegnersi i più importanti luoghi di incontro tra l’agricoltura laziale e i consumatori romani. Stretti tra il crescente potere della grande distribuzione organizzata e il proliferare di piccoli negozi al dettaglio aperti fino a notte tarda, i 127 mercati rionali della capitale rischiano di essere presto consegnati alla storia.

È questa la fotografia che emerge da “Magna Roma”, la nuova indagine di Terra! sullo stato di salute dei mercati di quartiere e sui legami con l’agricoltura del territorio. La ricerca offre uno spaccato delle forti criticità che affliggono il settore, ma mette anche in risalto i suoi punti di forza, da cui ripartire per costruire una strategia alimentare urbana che oggi manca alla capitale d’Italia. Pur essendo il più grande Comune agricolo del Paese, infatti, Roma non valorizza il più importante punto di contatto tra le sue campagne e l’area urbana.

Fabio Ciconte, direttore di Terra!
“Riportare i cittadini al mercato è un primo passo per evitare la scomparsa dell’agricoltura di piccola e media scala – spiega Fabio Ciconte, direttore di Terra! – È necessario ripensare la funzione sociale di questi luoghi, per metterli al centro di una strategia alimentare che punti a connettere più strettamente le zone agricole e quelle urbane, valorizzando i prodotti locali”.

Tra “coperti” e “plateatici”, sono 68 i mercati che godono di una sede dedicata. A questi si aggiungono 59 mercati “in sede impropria” (per strada o in piazza) per un totale di circa 5.000 banchi. Circa il 20% (intorno ai 1.000 banchi) tuttavia, secondo le ultime statistiche del 2015, risultano chiusi, mentre sono appena 120 i produttori diretti (il 2% del totale).
“Per ridare vita ai mercati è urgente partire dai nodi burocratici – dichiara Francesco Panié, ricercatore di Terra! – Dopo l’ultimo bando comunale, l’assegnazione dei banchi è durata quattro anni e quasi tutti i vincitori hanno rinunciato. Per sveltire le procedure è necessario che la Regione cambi il Testo unico sul commercio, affidando ai Municipi tutte le competenze sui mercati. Solo così gli uffici comunali saranno liberati da un compito che non riescono a svolgere in tempi accettabili”.

Ma non è tutto qui: servono investimenti pubblici per riqualificare le strutture, e una strategia per valorizzare produzioni locali e coltivatori diretti che deve venire dal Comune.
La direzione che l’Amministrazione vuole imprimere al commercio su aree pubbliche emerge unicamente dalle delibere approvate nel 2017: in particolare, il regolamento sui mercati della scorsa estate prova a dare una risposta allo spopolamento di queste strutture. Il testo consente di allungare gli orari di apertura, incoraggia la somministrazione di cibo e bevande e aumenta la quota di produttori diretti fino al 40% dell’organico. Buoni propositi, che resteranno però tali se alla normativa non seguirà uno sforzo economico e politico.

A Roma 51 mercati sono gestiti direttamente dalle associazioni degli operatori, che si occupano della manutenzione ordinaria e per questo versano al Comune un canone ridotto al 20%. Nel 2017, tuttavia, Roma Capitale ha deciso di alzare questa quota al 50%, causando comprensibilmente la rivolta degli operatori. Molti mercati, già in sofferenza per le carenze di organico, con questa riduzione delle risorse potrebbero chiudere. La percezione è che manchi una presenza forte da parte delle istituzioni, intenzionate più a fare cassa con i mercati che non a organizzarne il buon funzionamento.
Di questi aspetti Terra! ha chiesto più volte conto all’assessore alle Attività produttive, Adriano Meloni che, purtroppo, pare non abbia mai dato risposto.
All’associazione – stando alla nota stampa diffusa – restano dunque con molti interrogativi aperti, tra i quali: perché nessuno oggi conosce il numero esatto dei banchi aperti e chiusi? Perché nessuno è in grado di controllare il rispetto delle norme di etichettatura dei prodotti o la validità delle licenze?
“Nonostante tutto questo – conclude Fabio Ciconte – l’ortofrutta che acquistiamo nei mercati rionali vanta maggiore qualità e freschezza rispetto ad altri canali di distribuzione. Un vantaggio che molte persone hanno dimenticato, ma che se adeguatamente comunicato può contribuire a invertire la rotta di un declino che oggi pare inesorabile”.

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