Donato Boscia, ingegnere di origini pugliesi, stava rientrando a casa dopo la sua giornata di lavoro nel cantiere sul monte Grifone, vicino a Palermo. Era un abitudinario. Dopo aver terminato il lavoro, normalmente intorno alle 17, si intratteneva a parlare con gli operai del cantiere che dirigeva. Quella sera, lungo il percorso che lo portava a casa, i killers dei Corleonesi erano in agguato. Donato Boscia non ebbe scampo. Fu ucciso da cinque colpi di pistola.
Aveva poco meno di trent’anni quando, dopo una laurea al Politecnico di Torino in Ingegneria, fu assunto dalla Ferrocementi, azienda nazionale che si occupava di costruzioni e appalti pubblici. Gli fu affidato un cantiere a Palermo, sul monte Grifone, alle porte della città. La Ferrocementi aveva vinto l’appalto per la realizzazione del traforo che faceva parte di un più ampio progetto di ristrutturazione dell’acquedotto palermitano. Segnali ce n’erano già stati. Piccoli danni al cantiere poi macchinari danneggiati. Balduccio Di Maggio, capofamiglia di San Giuseppe Jato con la benedizione di Totò Riina, si presentò al cantiere cercando di farsi assumere. Donato Boscia andrò dritto per la sua strada. La sua priorità era concludere i lavori nei tempi previsti. Aveva scommesso con i suoi operai che avrebbero terminato i lavori di perforazione entro il 14 aprile. Donato non riuscì a vederli ultimati, ma i suoi operai sì. Dopo la sua morte, continuarono a lavorare, senza essere pagati, giorno e notte, per mantenere l’impegno che avevano preso con il loro ingegnere. Ce la fecero e la notte del 14 aprile la perforazione fu finita.
Il Maxiprocesso, che si celebrò e concluse a Palermo nel 1997 con 22 condanne di cui 14 all’ ergastolo, dimostrò, nell’ omicidio di Donato Boscia, il coinvolgimento di Salvatore Riina e l’implicazione di Balduccio Di Maggio. Donato Boscia è morto perché stava costruendo una sezione dell’ acquedotto siciliano sul quale la mafia non era riuscita a mettere le mani.
Donato Boscia era nato a Corato, in provincia di Bari il 6 novembre 1957. La sua famiglia era originaria di Gioia del Colle, dove Donato trascorse la sua infanzia e la sua adolescenza. La mafia lo uccise il 2 marzo 1988. Non aveva ancora compiuto 31 anni. Angela, la madre, e Vito, il padre, continuano a piangerlo.
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