di Massimo Costanza
Che stiamo vivendo un periodo storico di grandissimi cambiamenti credo sia pacifico oltre che evidente nel nostro vivere quotidiano, anche a chi tenta di arroccarsi dietro certezze culturali ed economiche ferme agli anni 80.
Forbes ha stimato che la ricchezza posseduta da 85 persone equivale a quella complessivamente posseduta da circa 3 miliardi di uomini e donne sul nostro pianeta.
Crediate voglia dire poco questo dato? Negli ultimi 50 anni la forbice economica tra chi sta benissimo e chi malissimo si è talmente accentuata al punto da rendere irrimediabilmente irreversibile il processo di equa distribuzione del reddito. Lo so, non è possibile immaginare un mondo ideale nel quale annullare fame, povertà e disagi sociali. Le periferie del mondo sono sempre più marginalizzate e dimenticate anche da quell’opulenta civiltà occidentale che pare disinteressarsene come non mai. Tutto si brucia. Tutto si consuma con tempi e modi spesso indecifrabili. L’America si chiude a doppia mandata in casa propria alzando muri fiscali mai così alti nella sua storia. Se canarino Trump parla al mondo di dazi e orgoglio a stelle e strisce con la claque degli operai delle acciaierie del Maine alle spalle in alta uniforme e tuta blu qualcosa vorrà dire…
Le periferie insorgono. Insorgono con quella carica di rabbia che solo i grandi movimenti mondiali portano con sé. Insorgono e fanno paura a tutti. Non stiamo parlando solo di quelle del mondo sottosviluppato svuotate da poveracci che scappano dalle loro terre. Il disagio sociale investe anche quelle che hanno vissuto un apparente benessere e che oggi – forse più psicologicamente che concretamente – si sentono minacciate nei loro benefit sociali. Accade come detto negli States ma anche nel profondo dell’operosa Germania, cosi come in Inghilterra (Brexit docet). E le nostre periferie?
In fondo il Belpaese vive di realtà delocalizzate, di piccoli centri, di realtà policromatiche e uniche, tali da renderlo davvero uno dei più belli ed ambiti al mondo. Cos’è accaduto allora? Perché siamo arrivati a questa fase storica mondiale di grandi incertezze? Domenico De Masi, sociologo nonché professore di Sociologia del lavoro alla Sapienza di Roma, lo ripete da anni: non esiste alcuna ripresa ma solo un grande inganno mondiale su cui tutti siamo seduti. De Masi sostiene che dobbiamo piuttosto prepararci ad una decrescita consapevole che a suo avviso rappresenterà l’unica via di salvezza del mondo moderno.
A pensarci bene le nostre periferie hanno sempre rappresentato il nostro valore aggiunto mentre oggi diventano la parte più reazionaria e conservatrice del Paese.
Paura del futuro ed incertezze economiche stanno avendo la meglio. La politica, anche quella italica, risente fortemente di questo disagio sociale. Quanta consapevolezza si trova nel dilagare del voto periferico al M5S? Quanta paura si cela dietro le percentuali bulgare in alcuni casi della Lega al nord e del M5S al sud?
In tutto questo io una semplice riflessione a voce alta vorrei farla domandandomi e domandandovi quanto segue:
Non sarà stata per caso sottovalutata la capacità della società liquida moderna di adeguarsi al cambiamento?
Forse stiamo andando nella direzione giusta con buona pace di sociologhi ed economisti mondiali.
Forse…o forse no…
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