di Roberto Greco
A Marco Biagi piace girare per Bologna in bicicletta. Abita nel cuore del centro storico della città quella parte che ha ancora una struttura medioevale, con portici, vicoli stretti e finestre che si toccano tra loro. È la sera del 19 marzo 2002. Sono da poco passate le 20. Come ogni giorno, verso quell’ora, Marco Biagi rientra, in treno, da Modena, dove insegna alla locale facoltà di Economia. Percorre il tratto tra la stazione e via Valcadonica, la strada in cui abita, con la bicicletta. Non sa che, dal momento in cui è sceso dal treno, qualcuno sta controllando i suoi movimenti. Alle 20:07, un commando formato da tre uomini lo aspetta davanti al portone del civico 14, dove abita. Il professor Biagi si avvicina alla sua abitazione. Due uomini, con il volto coperto da caschi integrali, sbucano dal portico ed esplodono sei colpi in rapida successione. Il commando fugge. Nonostante il rapido intervento del 118, il professor Biagi muore tra le braccia dei medici. La moglie Marina e i figli, Lorenzo e Francesco, sono in casa e, dalla finestra, sentono tutto. Nella notte, un documento di ventisei pagine è inviato via mail ad oltre cinquecento diversi indirizzi di posta elettronica di agenzie, giornali e media. La rivendicazione è firmata dalle Nuove Brigate Rosse: “Il giorno 19 marzo 2002 a Bologna, un nucleo armato della nostra Organizzazione, ha giustiziato Marco Biagi consulente del ministro del lavoro Maroni, ideatore e promotore delle linee e delle formulazioni legislative di un progetto di rimodellazione della regolazione dello sfruttamento del lavoro salariato, e di ridefinizione tanto delle relazioni neocorporative tra Esecutivo, Confindustria e Sindacato confederale, quanto della funzione della negoziazione neocorporativa in rapporto al nuovo modello di democrazia rappresentativa. Una democrazia “governante” che già accentrante nell’ultimo decennio i poteri nell’Esecutivo e nella maggioranza di governo ora con la riforma dell’articolo V della Costituzione (detta “federale”) vedrà ripartite competenze e funzioni agli organi politici locali entro i vincoli di indirizzo e di bilancio centralizzati e legati all’integrazione monetaria europea, con il fine di stabilizzare l’avviata alternanza tra coalizioni politiche incentrate sugli interessi della borghesia imperialista, sfruttando il restringimento della base produttiva nazionale non solo come vantaggio competitivo nei livelli di sfruttamento della forza-lavoro rispetto ai sistemi economici di altri paesi, ma come condizione per riadeguare il dominio della borghesia imperialista e rafforzarlo nei confronti delle istanze proletarie e delle tendenze al loro sviluppo in autonomia politica antistatuale e antistituzionale che nascono da queste condizioni strutturali. Con questa azione combattente le Brigate Rosse attaccano la progettualità politica della frazione dominante della borghesia imperialista nostrana per la quale l’accentramento dei poteri nell’Esecutivo, il neocorporativismo, l’alternanza tra coalizioni di governo incentrate sugli interessi della borghesia imperialista e il “federalismo” costituiscono le condizioni per governare la crisi e il conflitto di classe in questa fase storica segnata dalla stagnazione economica e dalla guerra imperialista”.
Marco Biagi, bolognese, laureato in Giurisprudenza, si perfezionò e specializzò in diritto del lavoro. Professore Ordinario dal 1984, docente di diritto del lavoro di diverse università italiane, a partire dagli anni novanta, ricoprì diversi incarichi come consulente di diversi ministeri. Fu uno dei principali estensori del Libro Bianco, con cui il secondo governo Berlusconi voleva riformare il mercato del lavoro. Marco Biagi si muoveva da solo, senza scorta, nonostante i segnali intimidatori, da parte delle Nuove Brigate Rosse, fossero evidenti. Il 20 maggio del 1999, avevano ucciso Massimo D’Antona, giurista e docente. Il processo per l’omicidio di Marco Biagi, conclusosi nel 2007, ha condannato all’ergastolo cinque componenti delle Nuove Brigate Rosse: Nadia Desdemona Lioce, Roberto Morandi, Marco Mezzasalma, Diana Befari Melazzi mentre a Simone Bocaccini furono riconosciute attenuanti che portarono la sua pena a dodici anni.
Marco Biagi era nato a Bologna il 24 novembre 1950. Laureato in Giurisprudenza, fu ucciso da un commando delle Nuove Brigate rosse il 19 marzo 2002. Lasciò Marina Orlandi, la moglie, e i figli Lorenzo e Francesco.