di Mauro Seminara
Oggi è il gran giorno della politica italiana. Il primo tempo della partita si è concluso con i dati registrati dal Ministero dell’Interno il 5 marzo e adesso tutte le squadre tornano in campo per cercare di chiudere nel migliore dei modi l’incontro. Chi ha moralmente vinto i primi 45 minuti si è poi chiuso in un silenzio stampa che ha spiazzato tutti gli avversari, adesso sfiniti in vista del novantesimo minuto. Seduti in riva al fiume hanno atteso con saggezza e pazienza, entrambe premiate dai primi corpi portati a valle dalla corrente. Hanno chiacchierato così tanto dopo le elezioni – sul nulla – che qualunque cosa i partiti decidano adesso di fare, non potranno che rimediare una ulteriore pessima figura. Il Partito Democratico, che è ancora a guida renziana, ha già commesso tre gravi errori. Il primo è certamente quello di essere ancora a guida renziana. Un partito che taglia netto con gli errori del passato e manifesta maggiore umiltà ha sicuramente migliori opportunità di giocare la partita smarcandosi da qualunque aspettativa. Il PD ha invece deciso di affrontare questa fase politica facendo “la preziosa”. Il secondo errore, conseguente, è infatti quello di pretendere il ruolo di ago della bilancia con tanto di “mai con il Cinque Stelle” preparatorio; giusto perché se qualcuno aveva dubbi sulla disponibilità del partito di Renzi di sostenere una maggioranza di centrodestra berlusconiana avrà così le idee già più chiare. Il terzo grave errore è probabilmente quello di non aver fatto un mea culpa sulla legge elettorale, attribuendola a Matteo Renzi – che con tutte le cazzate che ha fatto… una più, una meno… – dopo averlo defenestrato per rendersi disponibili “responsabilmente” al nuovo corso. Ma se i piani prevedevano comunque l’orgia di centrodestra, il patto del Nazareno con Lazzaro resuscitato, allora è presumibile che il problema non se lo pongano neppure. Ce ne sarebbe un quarto ma, difficile spiegare a chi ha tanta boria che il 18% che ti ha votato è più importante di quel 10% che non lo ha fatto. Infatti, stanno tutto il tempo a dire che gli elettori li hanno puniti e hanno deciso che loro devono stare all’opposizione. Bel rispetto per quei milioni di elettori che nelle urne hanno barrato il simbolo PD!
Intanto, sembra di sentirli, cert’uni, dire frasi del genere: “Va bene ragazzi, avete vinto, siete stati bravi, ma adesso smettetela di rompere i coglioni!”. Giusto perché, per quanto tutta la scorsa legislatura sia stata condotta all’insegna del “tutto purché non cresca il Movimento Cinque Stelle”, alla fine qualcuno si aspetta sempre che poi si finisca per aderire alle regole non scritte della “sana” vecchia politica. Tarallucci e vino alla Buvette. Ma, a quanto pare… Certo che un po’ di fastidio lo si prova quando anche giornalisti e commentatori vari pronunciano frasi del tipo “Di Maio dice che…”. Ci mancherebbe! Perché se non fosse per quel rompipalle di Di Maio sarebbe magari normale eleggere presidente del Senato uno condannato per peculato. Che male c’è? In fondo si mette un condannato per appropriazione indebita a ricoprire la seconda carica dello Stato. Il prossimo presidente della Repubblica poi lo eleggiamo almeno condannato per omicidio, così abbiamo finalmente risolto la “questione morale” di questo Paese. Il momento è quindi difficile, ed anche molto delicato. Se solo oggi scoprono che la storia non è cambiata, che Luigi Di Maio con Silvio Berlusconi non ci parla e che un condannato per il Movimento Cinque Stelle – ma guarda un po’ che gente strana che è questa! – non può essere votato alla presidenza del Senato, vuol dire che da questa mattina la campagna elettorale è finita ed inizia la guerra delle presidenze. Una guerra senza quartiere e nella quale non si fanno prigionieri. Due sono le ipotesi per questa giornata di elezioni che durerà probabilmente ben più di un giorno: nel tutti contro uno, pur di non restare fuori da tutte le stanze, concederanno la presidenza della Camera al Cinque Stelle e lasceranno scorrere una politica pseudodemocratica, oppure verrà fuori già adesso la vera maggioranza che bloccherà tutte le iniziative pentastellate prima che sia troppo tardi. La “vera maggioranza” sarebbe quella composta da centrodestra e Partito Democratico con contorno di Bonino, Boldrini e vari apparentemente slegati. Il “prima che sia troppo tardi” riguarda invece il taglio dei vitalizi operato dall’ufficio di presidenza della Camera come da programma Cinque Stelle.
Ma tra i programmi del Movimento Cinque Stelle potrebbe rivelarsene uno fino a questo momento non mostrato, abilmente occultato per non pregiudicarne l’effetto sorpresa. In fondo, perché tagliar fuori dal Parlamento uno per volta pezzi d’arredo come Casini se li si può sfrattare tutti insieme? Come farlo potrebbe essere in fin dei conti ancora più facile del previsto. Sarebbero infatti gli stessi sfrattati ad evacuare i palazzi. Fermo restando che le vacche grasse sono scomparse ormai da un pezzo, che la “seconda Repubblica” è stata di gran lunga peggiore della prima – che dalla sua aveva quantomeno la motivata ricostruzione dell’Italia nel dopoguerra, la Costituzione e poi anche il boom economico – e non di poco, nella nascente terza Repubblica c’è un popolo vessato ed affamato che non ha più alcuna ragione per assecondare le logiche della politica vecchio stile: la politica del mangia e fai mangiare. Di solito il popolo riverisce il Re, certo, ma non lo ama. Nella leggenda di Robin Hood, come per il leggendario Rob Roy – il Robin Hood scozzese – o per l’eroico immaginario Zorro, il popolo difende il nemico del proprio nemico, proteggendolo, nascondendolo se necessario o se il difensore degli oppressi versa in un momento di difficoltà. Altro non è che un principio logico valido anche in guerra: il nemico del mio nemico è mio amico. In tal senso, il Movimento Cinque Stelle, in caso di rivelazione della maggioranza coesa “tutti contro i grillini”, potrebbe tranquillamente occupare la foresta di Sherwood in attesa di prossime elezioni – che non tarderebbero certo ad arrivare – per poi vincere con la stessa percentuale di Putin in Russia. “Era tutto pronto per redistribuire la ricchezza ma loro ce lo hanno impedito a vostro discapito”, e vai di plebiscito! Luigi Di Maio farebbe il capo politico del Movimento Cinque Stelle, magari per prendere comunque parte al Governo e, con il fatidico secondo mandato ancora nuovo di zecca, tornerebbe in scena quel Alessandro Di Battista che tanto piaceva agli elettori pentastellati e non. Oggi è il giorno della vera resa dei conti, e chi si preoccupava della formazione del Governo stava solo guardando il dito invece che la luna. In fondo, il Governo altro non è che un direttivo, un Consiglio di esecutori, ma dove va il Paese si decide nelle aule del Parlamento. Oggi si decide dove andrà l’Italia. Intanto la foresta di Sherwood è già pronta a proteggere “quegli sprovveduti dei grillini”.
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