di Mauro Seminara
Come è ormai noto, mettere da parte Silvio Berlusconi è pressoché impossibile. Perfino giovani e freschi antagonisti come Matteo Salvini e, ancor più giovane, Luigi Di Maio, non riescono a mandare in pensione l’ultraottantenne uomo di Arcore. Quando si crede di averlo messo al tappeto, ecco che risorge sferrando un colpo di coda magistrale. L’improvvisazione e la capacità di adattamento sono senza alcun dubbio tra i suoi punti di forza. Ma Silvio Berlusconi non è solo un ottimo comunicatore e neanche la sua celeberrima conoscenza delle debolezze e dei vizi degli italiani lo hanno reso il ricco e potente uomo che è oggi. Sottovalutarlo, come distrarsi credendolo ormai KO, significa finire sotto le sue grinfie in una presa mortale. Forse soltanto adesso iniziano davvero a comprenderlo i due giovani rampanti della politica nostrana. Matteo Salvini, forse, si starà rendendo conto che se avesse creduto maggiormente nelle proprie capacità e nello slancio della “Lega 2.0”, avrebbe fatto cosa buona nel presentarsi al voto insieme a Giorgia Meloni e senza Silvio Berlusconi. Luigi Di Maio, forse, starà adesso comprendendo che gli italiani restano comunque un po’ fans di un Silvio Berlusconi e che l’impresentabilità dell’ex cavaliere non basta a mettere fuori gioco l’avversario e far emergere di contro gli “onesti”. Anzi. Forse la percentuale di italiani che teme l’onestà invocata dai pentastellati è più alta di quella che imperterrita vota Berlusconi.
Silvio Berlusconi ha ribaltato il tavolo. Questo ha fatto ieri con un semplice movimento della sua coda. Un solo movimento ed una lunga serie di risultati. Il primo, il più evidente, è stato appunto quello di capovolgere completamente il tavolo invertendo la posizione dei giocatori. Eravamo arrivati all’astuta partita condotta da Luigi Di Maio, e dal suo team di brillanti comunicatori, in cui il Movimento Cinque Stelle si poneva al centro del dibattito con il suo 32% e costringeva gli altri ad una guerra intestina mediante un saldo aut aut. Il gioco condotto in campo dal M5S stava effettivamente allontanando la Lega e Matteo Salvini dalla coalizione di Silvio Berlusconi – questa è e questa rimane – e stava perfino spingendo il Partito Democratico ad una notte dei lunghi coltelli in cui Matteo Renzi rischiava la fine di Cesare. D’un tratto, con tanto di malcelato smarrimento di Di Maio al termine della consultazione con Mattarella, e forse già prima, visto che ha assistito alla diretta dello show berlusconiano e poi ha evitato i giornalisti guidando l’auto con cui è entrato al Quirinale, la posizione del “o con il PD o con la Lega” tenuta dal Movimento è diventata quella del centrodestra. L’ultima configurazione è infatti quella che vede la coalizione di centrodestra – indiscutibilmente guidata di nuovo da Silvio Berlusconi – dettare la linea con un “o con il PD o con il M5S”. Movimento che non potrà far altro che collocarsi all’opposizione a meno che non si suicidi facendo un accordo con Silvio Berlusconi in persona. In quest’ultimo caso i pentastellati perderebbero in un solo colpo immunità e salvacondotto. In altri termini, farebbero bene ad andare in giro con la scorta.
L’altro ribaltone attuato in un sol colpo da Berlusconi vede Matteo Salvini in croce con qualche chiodo qua e là. Salvini adesso non potrà più lasciare la coalizione senza incorrere nell’accusa di “tradimento” che il suo stesso elettorato gli rivolgerebbe, né può chiedere a Berlusconi un mezzo – o finto – passo di lato per lasciargli formare un Governo. Quindi Matteo Salvini, come Luigi Di Maio per il motivo uguale e contrario, farebbe in tal caso bene a munirsi di scorta. Ulteriore effetto Berlusconi è il capovolgimento di fronte con annesso mantenimento di impasse. L’occasione della pretesa accelerazione di Mattarella, dovuta anche e soprattutto alla crisi siriana, vede adesso proprio Silvio Berlusconi in prima linea per l’appello alla “responsabilità” di cui sentiremo molto parlare da oggi al responso del presidente della Repubblica. Nello scenario dei “responsabili” che si andrebbe così a configurare, Silvio Berlusconi sarebbe un potenziale mediatore, in quanto notoriamente vicino a Vladimir Putin, mentre i “responsabili” renziani del Partito Democratico sarebbero invece i garanti del Patto Atlantico con filo diretto su Washington (e forse anche in Virginia, sede del Pentagono ma non solo). Il colpo di coda di Berlusconi mette quindi di nuovo in gioco il PD ed il Patto del Nazareno e rende a Salvini merito del suo ruolo di fantoccio, anche se “leader” di coalizione. Inoltre, le consultazioni che si sono tenute in questi giorni non erano soltanto quelle del presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Parallelamente si sono infatti tenute anche quelle del presidente della Repubblica emerito, Giorgio Napolitano. E Re Giorgio, si sa e si è visto nel 2011 con la guerra in Libia, ha un ottimo ascendente su Silvio Berlusconi. Se di ascendente non si tratta, allora possiamo pensare che abbia “ottimi argomenti”.
Al termine delle consultazioni a cui, nel secondo giro, il centrodestra si è presentato unito, è stata ricordata “Pratica di Mare” ma è stata omessa la guerra a Muammar Gheddafi che l’Italia dell’allora Governo Berlusconi ha dovuto appoggiare militarmente – e ragionevolmente controvoglia – per quella pressione storica che Giorgio Napolitano esercitò su Silvio Berlusconi. Ciò non toglie che alle parallele consultazioni dei due presidenti possa essere risultata quella composta da centrodestra e Partito Democratico l’alleanza ideale per il sostegno di quello che sarà quasi certamente il Governo del presidente Mattarella. In fin dei conti, questa non è una deduzione conseguente alla odierna dichiarazione di Mattarella sul perdurare della condizione di stallo. Risale piuttosto al giorno in cui il Partito Democratico ha trovato l’accordo con la parte berlusconiana del centrodestra sulla legge elettorale con cui siamo andati al voto. Il PD si è infatti accreditato la paternità del Rosatellum pur essendo questa una legge che non avrebbe mai potuto premiare alle urne il partito che l’ha firmata e blindata a suon di fiducie in Parlamento. Lo scopo della legge che prende nome dal piddino Ettore Rosato non era quella di agevolare un buon risultato al Partito Democratico, ma piuttosto di facilitare una vittoria dell’ampia coalizione di centrodestra delegata all’impedimento della temuta vittoria del Movimento Cinque Stelle. Ci stava dentro tutto un programma che prevedeva quindi il vantaggio alle coalizioni in barba a chi, come il Movimento Cinque Stelle, correva da solo. Anche a costo di far governare Silvio Berlusconi o chi per lui e, nella peggiore delle ipotesi, di accordare un Governo del presidente a cui avrebbero preso parte l’entourage berlusconiano e quello renziano. Esattamente come per l’appena terminata legislatura.
A questi piani si erano temporaneamente frapposti due imprevisti: Salvini supera Berlusconi e pretende di guidare la coalizione – di guidarla davvero – e il Movimento Cinque Stelle per un soffio non ha raggiunto e superato la percentuale presa il 4 marzo da un insieme di partiti che in comune hanno davvero poco, come il centrodestra. La percentuale di voto raggiunta dal Movimento con Di Maio candidato premier in pectore ha forse un po’ ubriacato i pentastellati che, merito di una buona campagna politica e di comunicazione post urne, hanno davvero creduto di poter formare un Governo italiano pentastellato, o al massimo “esastellato”. Cioè, con le cinque stelle del Movimento e quella alpina, verde, della Lega. Ma i tempi non sono ancora maturi, e la cosa migliore che possa verificarsi per i Cinque Stelle è che, “integri e incontaminati”, vadano all’opposizione conservando il proprio elettorato che non potrà certo imputargli brutte alleanze o inciuci. In fondo, hanno comunque ottenuto la presidenza della Camera dei deputati e l’opportunità di tagliare davvero i vitalizi ed altri privilegi oltre ad impedire future ghigliottine e canguri e saltafossi vari. Il nome del capo del prossimo Governo italiano non abbiamo alcun modo per ipotizzarlo in questo fine settimana, ma è quasi certo che Sergio Mattarella, richiamando i partiti – anche quelli che si “ostinano” a voler stare in opposizione – alla “responsabilità”, pronuncerà la sua proposta di presidenza del Consiglio dei ministri già martedì. In tal caso, però, nessun contratto di governo e nessun programma tormentone della campagna elettorale servirà più a nulla ed anche questa volta gli italiani avranno votato per farsi prendere per il culo. Unico motivo di ottimismo potrà derivare dal fatto che, oltre alla ormai veneranda età di Silvio Berlusconi, chiunque calerà la maschera sostenendo in alleanza trasversale il Governo di Mattarella si troverà ben al di sotto del 10% alle prossime elezioni. Qualcuno, addirittura, scomparirà del tutto dalla scena politica. Magari con una legge elettorale che, oltre a fornire una maggioranza – magari con un doppio turno – neghi pratiche vergognose come quei ripescaggi che hanno riportato in Parlamento quei nomi, candidati in partiti severamente trombati dagli italiani, come Grasso, Bonino, Lorenzin ecc.
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