di Mauro Seminara
La data presunta di fine lavori era prevista per il 22 aprile 2017, circa un mese e mezzo prima delle elezioni comunali di Lampedusa e Linosa, mentre l’inizio era datato 23 giugno 2015. Due anni di tempo a disposizione per i lavori di ricostruzione di un impianto di depurazione comunale che sostanzialmente non ha mai depurato nulla. Costo dell’opera: circa otto milioni di euro. Finanziati da una delle emergenze che hanno travolto e poi “ricompensato” l’isola. In questo caso si trattava dei famosi 26 milioni di euro detti a Lampedusa “Fondi Berlusconi” e conseguenti al disastro economico e sociale derivato dalla pessima gestione del Governo dell’epoca nel 2011 a seguito delle primavere arabe. Non pochi spiccioli, ma 5 milioni e 371 mila euro al netto di iva, progettazione, oneri di sicurezza e voci varie. Ma al momento in cui le autorità si recavano in cantiere per apporvi i sigilli di sequestro come disposto dal Tribunale di Agrigento, in loco non c’era neanche un operaio. Cantiere vuoto dopo un anno esatto dalla data prevista, o presunta, di fine lavori. Nel frattempo però l’intera reflua fognaria di Lampedusa veniva scaricata senza alcun trattamento depurativo direttamente in mare. In corso di costruzione dell’impianto pare si dovesse collocare un “soffione” che, al posto del vecchio sistema a “pennello”, diffondesse i liquami scaricati in mare ad una distanza di qualche centinaio di metri dalla costa ed in maniera il meno possibile “concentrata”. Quello che hanno trovato le autorità inquirenti invece era un tubo rotto che a breve distanza scaricava in modo concentrato i liquami. Ma la foto diffusa dalle autorità mostra comunque una condotta sottomarina che sparge i liquami in mare. Una settimana prima delle elezioni al Comune di Lampedusa e Linosa, qualche giorno oltre un mese dopo la prevista consegna di un impianto finito e funzionante, le foto di cui è in possesso Mediterraneo Cronaca (vedi foto in basso) mostrano flussi torrenziali di liquami sversati sulla costa da condotte aperte e pozzi fognari a cielo aperto.
Il risultato, secondo gli esperti incaricati dalla procura di Agrigento, è di 10mila volte superiore al massimo consentito dalla legge ed il parametro riguarda l’inquinamento da batteri fecali. Appena fuori dal porto, a breve distanza dalla zona di punta Maluk, l’acqua del mare conteneva quindi batteri fecali in quantità diecimila volte superiore a quanto è il limite previsto da legge. Per questa “anomalia”, la Procura di Agrigento ha impartito delle direttive al Comune di Lampedusa e Linosa al fine di contenere l’inquinamento idrico ambientale. Direttive prodotte e consegnate quasi unitamente al sequestro del cantiere ed alla consegna di 13 avvisi di garanzia. Tra gli indagati ci sono anche l’ex sindaca di Lampedusa e Linosa, Giusi Nicolini, e l’attuale primo cittadino, Totò Martello. La prima, Nicolini, in carica dal 2012 e fino ai primi di giugno del 2017, a ridosso dell’inizio lavori e della presunta data di fine lavori che avrebbe dovuto vedere un depuratore comunale funzionante ed efficiente un mese e mezzo prima del voto sulle Pelagie. Il secondo, Martello, in carica dall’avvicendamento con Nicolini fino ad oggi, quindi nel periodo in cui i lavori per l’impianto di depurazione si sono arenati. Insieme ai due amministratori comunali sono stati iscritti nel registro degli indagati l’ingegnere Salvatore Stagno, responsabile unico del procedimento, l’ingegnere Giuseppe Tornabene, direttore dei lavori, Giuseppe Dragotta, direttore dei lavori, l’ex direttore del Dipartimento Acqua e Rifiuti della Regione Sicilia Maurizio Pirillo, il direttore dei servizi attuativi della Regione Sicilia per il servizio idrico Felice Aiello e poi i dirigenti del Comune di Lampedusa e Linosa Manlio Maraventano, Francesco Brignone e Calogero Fiorentino; infine anche Sonia Cannizzo e Luigi Fidone, rispettivamente amministratrice e direttore tecnico della Nurovi srl, e Giovanna Taormina della Epilscan. La Nurovi srl era la società che avrebbe dovuto realizzare l’impianto, impresa esecutrice con sede a Misterbianco, in provincia di Catania. Della realizzazione dell’opera di “Adeguamento e ampliamento dell’esistente impianto di depurazione nel Comune di Lampedusa e Linosa, connesso al sistema di collettamento, sollevamento finale dei liquami e condotta sottomarina.” Faceva parte anche l’impresa subappaltatrice Sub Technical Edil Service snc di Mola di Bari, in provincia di Bari. La Epilscan invece doveva servire lo smaltimento del materiale di risulta ma, secondo la procura diretta da Luigi Patronaggio, avrebbe invece realizzato una vera e propria discarica abusiva.
La Procura di Agrigento indica quale periodo di verificato inizio della mancata depurazione delle reflue lampedusane il 2012. L’anno in cui al Comune di Lampedusa e Linosa Giusi Nicolini succede al suo predecessore Bernardino De Rubeis, oggi in carcere per una condanna in via definitiva. Nel corso dell’amministrazione De Rubeis però erano stati documentati sia le condizioni dell’impianto che quelle dei liquami scaricati in mare. L’allora sindaco aveva interrotto il pagamento delle fatture alla ditta responsabile della manutenzione e del funzionamento dell’impianto motivando la mancata liquidazione con l’inottemperanza. Di fatto l’impianto versava già in stato di abbandono, ma l’iniziativa dell’allora sindaco De Rubeis si scontrò con due problemi che gli si sono addirittura ritorti contro: l’interruzione del pagamento delle fatture non seguiva relazioni dello stato dell’impianto e contestazioni formali, risultando pertanto arbitrarie, e la ditta che aveva l’appalto della manutenzione e del funzionamento dell’impianto era di quel Campione che al Tribunale di Agrigento risultava anche tra gli accusatori in una inchiesta che coinvolgeva il primo cittadino quale autore di richieste illecite nei confronti di alcuni imprenditori. Il depuratore comunale di Lampedusa è quindi fuori servizio, con buona probabilità, da almeno una decina di anni; ma sull’isola c’è chi è pronto a giurare che forse non è mai entrato in funzione.
Nel pomeriggio, poche ore dopo la conferenza stampa della Procura di Agrigento, il sindaco di Lampedusa e Linosa, Totò Martello, ha diffuso una nota per la stampa legittimando la sua iscrizione nel registro degli indagati: “Ritengo sia un ‘atto dovuto’: quando sono stato eletto sindaco, poco meno di un anno fa, mi sono immediatamente attivato per chiede all’assessorato regionale all’Energia il motivo per il quale il vecchio impianto di depurazione era stato chiuso, nonostante il nuovo impianto non fosse ancora pronto. In questa vicenda i lampedusani sono ‘parte lesa’ ed io, insieme con loro, sono il primo a chiedere che sia fatta piena luce. L’amministrazione comunale è pronta a fornire tutte le informazioni e quanto sarà necessario alla magistratura per l’accertamento dei fatti. Quanto al mare di Lampedusa, resta ‘pulito ed immacolato’. Solo nella zona di Cavallo Bianco, interessata dall’impianto di depurazione, risultano livelli di inquinamento. Ma nessun allarmismo, il nostro mare resta quello che migliaia di turisti hanno amato ed apprezzato in questi anni”.
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