False sponsorizzazioni sportive, arrestato consulente finanziario

Il giro di riciclaggio del raggiro prevedeva anche il transito su conti correnti intestati a società con sede in Cina. Sette le società coinvolte nell’emissione di false fatture. Fulcro dell’operazione un consulente finanziario italiano emigrato a Londra. Ogni società contabilizzava circa 50 milioni di euro di false fatture

I finanzieri del Gruppo di Milano hanno eseguito un’ordinanza di custodia cautelare in carcere, emessa dal Tribunale di Milano, nei confronti di un consulente finanziario originario del Veneto, iscritto all’A.I.R.E. ed emigrato a Londra, responsabile di riciclaggio, aggravato dal carattere transnazionale. Il professionista è stato individuato nel corso dell’analisi di rischio condotta dal “Pool latitanti fiscali” della Procura della Repubblica di Milano. Le indagini hanno permesso di svelare un articolato sistema di frode fiscale imperniato sul ruolo svolto da 7 società italiane con sedi a Milano e Roma. Le società venivano designate dall’organizzazione per emettere fatture per operazioni inesistenti nel settore delle sponsorizzazioni sportive.

Del sistema hanno beneficiato oltre trenta società su tutto il territorio nazionale. Ognuna di esse ha inserito nelle loro scritture contabili false fatture per quasi 50 milioni di euro. In tal modo le società hanno abbattuto significativamente la propria base imponibile. Le ricostruzioni contabili e bancarie svolte dai militari della Guardia di Finanza hanno infatti permesso di accertare un fraudolento sistema di sovrafatturazione pari ad oltre l’80% dell’importo indicato nelle richiamate fatture fittizie, confluite poi nelle dichiarazioni fiscali presentate per gli anni dal 2012 al 2016 dalle imprese beneficiarie.

Lo schema esecutivo della frode prevedeva l’integrale pagamento della fattura falsa, a cura dell’impresa beneficiaria, a mezzo bonifico bancario addebitato sul proprio conto aziendale. Successivamente tali disponibilità finanziarie venivano trasferite dalle società che emettevano le fatture fittizie su rapporti bancari inglesi, intestati a imprese sedenti a Londra e amministrate dal consulente finanziario colpito dalla misura cautelare. Centrale è risultato il ruolo svolto dal consulente che, al fine di ostacolare l’identificazione della provenienza delle disponibilità finanziarie, ha provveduto a bonificare le medesime somme, al netto di una provvigione, su conti correnti intestati a società con sede in Cina, operanti nel settore del commercio internazionale.

Ottenuto l’accreditamento di queste ultime somme, i rappresentanti delle imprese cinesi hanno autorizzato i propri connazionali in Italia (titolari a loro volta di micro-aziende sparse tra Lombardia, Emilia-Romagna e Veneto) a consegnare il denaro contante, “rastrellato” all’interno della propria comunità, nelle mani degli indagati di nazionalità italiana. Tale ingente liquidità è stata infine impiegata per consentire la “retrocessione” in contanti nei confronti delle imprese beneficiarie delle false fatturazioni che, in tal modo, hanno ottenuto il ristoro dell’80 per cento del bonifico bancario originariamente disposto.

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