La Guardia di Finanza di Siena ha scoperto ed interrotto una serie di reiterate e sistematiche condotte delittuose volte a turbare la regolarità di alcune gare di appalto indette annualmente dalla Prefettura di Siena per l’assegnazione del servizio di accoglienza ai migranti sbarcati nel nostro Paese.
Le indagini condotte dal Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria e dirette dal Procuratore della Repubblica di Siena, Salvatore Vitello, hanno consentito di disvelare l’esistenza di un gruppo di soggetti che, sotto la guida di un componente, è riuscito ad aggiudicarsi indebitamente gli appalti banditi per la gestione di centri di accoglienza ubicati in alcuni comuni della provincia di Siena, dal 2015 al 2018, accaparrandosi gli stanziamenti elargiti per la ricezione e l’ospitalità di centinaia di stranieri ogni anno, per importi di diverse centinaia di migliaia di euro.
Almeno 600.000 euro dei compensi percepiti dalle società gestite dall’organizzazione non sono stati utilizzati per l’assistenza e il sostentamento degli immigrati ma distratti verso conti correnti personali intestati ai responsabili del raggiro, o a società agli stessi riconducibili.
A dare avvio alle indagini è stata la stessa Prefettura di Siena che ha segnalato alla Guardia di Finanza alcune anomalie di cui era venuta a conoscenza nella gestione di due società che, negli ultimi anni, si erano aggiudicate il servizio di accoglienza immigrati presso tre centri ubicati uno nel Comune di Monticiano e due nel Comune di Sovicille e che si proponevano nuovamente per la gestione degli stessi anche per il 2018.
Con l’operazione, denominata “Picket”, le Fiamme Gialle di Siena hanno accertato la costituzione, da parte di tre soggetti, di un’impresa creata ad-hoc sulle ceneri di una società fallita nel 2014, per partecipare alle gare di aggiudicazione dei servizi di accoglienza. Le cariche societarie venivano ricoperte da soggetti conniventi mentre, di fatto, la gestione era curata direttamente dall’imprenditore fallito che, gravato da diversi precedenti penali, non avrebbe potuto partecipare ai bandi di gara pubblici.
Tra i requisiti necessari per la partecipazione al concorso era prevista la sottoscrizione di una convenzione con operatori privati attivi nel campo dell’assistenza sociale per l’espletamento di servizi di natura assistenziale sociale e sanitaria. Al fine di ottemperare alla carenza di tale requisito, è stata escogitata la sottoscrizione di una falsa convenzione con un ente del grossetano che, pur non avendo la struttura e i mezzi per l’esecuzione di quei servizi, si impegnava a fornirli. Le indagini sono state espletate anche mediante l’utilizzo di intercettazioni telefoniche, oltre che alle escussioni in atti di persone informate sui fatti, numerose perquisizioni, esame di copiosa documentazione bancaria, contabile, extra-contabile ed amministrativa relativa alle istruttorie delle gare di appalto. La sovrapposizione delle investigazioni classiche agli approfondimenti documentali e contabili ha consentito di ricostruire l’intera truffa. La ricostruzione dei fatti gestionali dell’impresa fallita, dei flussi finanziari dall’erogazione dei compensi governativi alla loro reale destinazione, mascherata mediante manovre ed operazioni atte ad ostacolarne l’origine illecita ha consentito di scoprire che almeno seicentomila euro erano stati oggetto di illecita distrazione e di indebito reimpiego.
I responsabili, quattro soggetti legati tra loro da vincoli di amicizia e affari, sono stati denunciati per “Turbativa d’asta”, “Appropriazione indebita” e “Autoriciclaggio”, e il principale riferimento del sodalizio criminale è stato tratto in arresto. Per gli altri sodali sono state disposte misure restrittive della libertà personale mediante l’obbligo di firma quotidiano presso la Forza di Polizia del luogo di residenza e la sospensione dalle cariche societarie. Tra i soggetti coinvolti vi è anche un sacerdote della diocesi di Grosseto.
L’Autorità Giudiziaria ha, inoltre, disposto il sequestro di denaro, beni mobili ed immobili, per un valore complessivo di 317.000 euro, corrispondente all’ammontare delle somme indebitamente percepite e successivamente riciclate – come accertato dalla Guardia di Finanza mediante la ricostruzione dei movimenti bancari – mediante l’acquisto di quote di una società e l’erogazione di finanziamenti a terze società.
La Prefettura di Siena, per il bando di gara del 2018 aveva già estromesso le due società, riconducibili agli stessi indagati, per via delle irregolarità riscontrate. Il ricorso amministrativo proposto contro il provvedimento della Prefettura è stato respinto dal Tar Toscana.