Creme solari salvavita contro i tumori della pelle ma anche possibili responsabili dei tanti problemi legati alla carenza di vitamina D? La questione è stata sollevata in occasione del congresso della Società Italiana di Medicina Estetica che ha chiuso i battenti a Roma ieri, con una edizione record che ha superato i 3 mila partecipanti provenienti da tutto il mondo. “Cominciano ad accumularsi evidenze scientifiche che suggeriscono una possibile correlazione tra uso di creme con filtri solari ad elevata protezione (SPF 50+) e carenza di vitamina D– ha detto il presidente della Sime Emanuele Bartoletti ad un simposio su questo argomento-. Ma rimane ancora controverso il ruolo dei filtri solari nell’influenzare i livelli di vitamina D”.
“Sembra un paradosso ma l’Italia, Paese baciato dal sole, è anche uno di quelli con la maggior prevalenza di carenza di vitamina D in Europa – sottolinea Domenico Centofanti, vicepresidente Sime-. Esporsi al sole almeno per 20 minuti a giorni alterni aiuta a ‘ricaricare’ l’organismo di vitamina D; tenendo però presente che la pelle delle mani o del viso è meno ‘efficiente’ di quella del tronco nel produrre vitamina D”. Ma i medici consigliano giustamente di non esporsi al sole senza aver prima applicato sulla pelle una crema con filtro solare.
“Di recente- ricorda Centofanti – è stato pubblicato un documento sull’effetto dei filtri solari sulla vitamina D. Scopo di questo studio era quello di valutare l’effetto di una protezione solare SPF50+ sulla produzione di vitamina D cutanea e sui livelli circolanti di 25(OH)D3 (la vitamina D ‘trasformata in forma attiva dal fegato) in base alle diverse aree superficiali del corpo (Bsa, body surface area). La Bsa era classificata in quattro gruppi: testa e mani (gruppo I), testa, mani e braccia (gruppo II), testa, mani, braccia e gambe (gruppo III) e corpo totale (gruppo IV). I risultati dello studio hanno mostrato una riduzione della produzione di vitamina D cutanea variabile dal 75,7 al 92,5% a seconda del gruppo Bsa considerato. Tuttavia, i valori della vitamina D 25(OH)D3 circolante risultavano diminuiti solo del 7,7-13,2 per cento. Pertanto, nonostante una grave riduzione della vitamina D cutanea, i livelli di vitamina D 25(OH)D3 circolanti D3 sono risultati influenzati in modo modesta. Gli autori dello studio concludono dunque che l’uso a breve termine dei filtri solari non esercita un impatto rilevante sui livelli di 25 (OH) D3 circolante; resta tuttavia da stabilire se questo sia vero anche per l’uso cronico di filtri solari ad alta Spf. Il dibattito sulla ‘relazione pericolosa’ tra creme solari ad elevato Spf e carenza di vitamina D è ancora aperto e, anche in considerazione della mancanza di prove certe su questo argomento, sarebbe auspicabile condurre ulteriori studi per far luce su questa associazione. La vitamina D, che è un o vero e proprio ormone, è fondamentale per la nostra salute. Oltre al suo ruolo nel metabolismo osseo, infatti, la vitamina D è coinvolta in diversi processi quali la modulazione della crescita cellulare, la funzione neuromuscolare e immunitaria e la riduzione dell’infiammazione. Di conseguenza, la sua carenza, può contribuire a determinare non solo disturbi ossei, ma anche una serie di altre malattie, di tipo metabolico, cardiovascolare, autoimmune. Alcuni studi infine suggeriscono un ruolo della carenza di vitamina D addirittura nella patogenesi di alcuni tumori”.
Continua Centofanti, vicepresidente Sime: “La vitamina D è prodotta dal nostro organismo quando la pelle è esposta alla luce solare. I fotoni UV-B, infatti, agiscono sulla pro-vitamina D3, nella membrana plasmatica delle cellule epidermiche per formare la pre-vitamina D3, che a sua volta si trasforma rapidamente in vitamina D3. Quest’ultima viene trasferita nello spazio extracellulare dove si lega ad una proteina di trasporto, per essere veicolata nel fegato dove viene idrossilata in posizione 25 (25-OH-D3). In considerazione di questo processo, appare chiaro che la concentrazione di vitamina D è strettamente correlata all’esposizione ai raggi UV-B, la cui quantità dipende da giorno, latitudine, altitudine, abbigliamento, pigmentazione della pelle, età e, secondo alcune ricerche anche dall’uso di creme con schemi solari, che potrebbe essere correlato ad una diminuzione della produzione di vitamina D. Tuttavia, le evidenze sull’importanza dei filtri solari nel proteggere la pelle dai tumori sono ormai schiaccianti e ampiamente accettati dalla comunità scientifica. A livello molecolare, infatti, la luce UV del sole danneggia il Dna cellulare della pelle, creando mutazioni genetiche che possono portare al cancro della pelle. Per questo motivo, l’Organizzazione mondiale della sanità ha indicato le radiazioni UV solari come cancerogeno comprovato per l’uomo, con studi che lo collegano a circa il 90% dei tumori della pelle non-melanoma e a circa l’86% dei melanomi. Accanto a questo, i raggi UV del sole sono un noto fattore di invecchiamento precoce della pelle (foto-invecchiamento). Pertanto, l’uso di fattori di protezione solare (Spf) è raccomandato esattamente per la loro azione profilattica sulla fotocarcinogenesi perché sono progettati per filtrare la maggior parte della radiazione Uvb del sole”, conclude.