Il presidente della Repubblica, dopo quasi due ore di colloquio con Giuseppe Conte, ha deciso di conferirgli l’incarico di formare un Governo. Lo ha annunciato in sala stampa il segretario generale della Presidenza della Repubblica Ugo Zampetti che, dando lettura della brevissima nota, ha precisato che il professor Giuseppe Conte ha accettato l’incarico con riserva. Trascorse due ore esatte dal suo ingresso nello studio del presidente Mattarella, in sala stampa è comparso un premier incaricato visibilmente emozionato. Conte ha confermato la condivisione del Contratto di Governo sottoscritto da Movimento Cinque Stelle e Lega ed al quale ha dato un personale contributo. Il premier sottolinea quindi che il Paese attende risposte e che queste arriveranno dal nascente Governo che “sarà il Governo del cambiamento”. Il professore ha spiegato che con il presidente, nel lungo colloquio, ha “parlato delle sfide che ci attendono e di cui sono consapevole”. Tra le sfide di cui il primo ministro incaricato ha fatto cenno c’è la “collocazione europea dell’Italia”. Frase che apre uno scenario imperscrutabile sulle intenzioni del presidente Mattarella, tirato negli ultimi giorni per la giacchetta da molti leader europei sulle sorti e sulle politiche italiane del nuovo Governo. Infine, nei circa quattro minuti di interventi in sala stampa, Giuseppe Conte ha ricordato d’essere un avvocato: “Mi accingo ora a difendere gli interessi di tutti gli italiani. Mi propongo avvocato difensore di tutto il popolo italiano. Per questo compito darò il massimo impegno e la massima responsabilità”. Il primo ministro incaricato ha accettato con riserva ed al termine del suo intervento in sala stampa ha spiegato quando la riserva verrà sciolta: “Nei prossimi giorni scioglierò la riserva e, se l’esito sarà positivo, mi recherò dal presidente per proporgli la lista dei ministri per la squadra di Governo.
Alle 17:20 Giuseppe Conte ha fatto il suo ingresso al Quirinale per la convocazione del presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Il professore, negli ultimi due giorni investito da polemiche relative al suo curriculum, è giunto al Colle in taxi e con piccolo mazzo di fogli in mano. La convocazione al Colle del presidente del Consiglio suggerito dal Movimento Cinque Stelle e dalla Lega arriva ottanta giorni dopo le elezioni del 4 marzo. Prossimo il record del Governo presieduto da Giuliano Amato nella XI legislatura che vide la squadra dei ministri al cospetto del presidente della Repubblica dopo 83 giorni ed ottenne la fiducia anche alla Camera dei deputati il 4 luglio, 89 giorni dopo le elezioni che si tennero il 5 e 6 aprile del 1992. Governo poco longevo quello di Giuliano Amato. Il primo ministro dell’ultimo Governo della cosiddetta Prima Repubblica si dimise meno di un anno dopo, nell’aprile del 1993. Poco tempo dopo, nel 1994, l’Italia ebbe il Governo in assoluto più veloce: Il primo Governo Berlusconi si formò e vide il giuramento della squadra di ministri appena 12 giorni dopo l’esito elettorale.
Entro metà della prossima settimana le Camere potrebbero già riunirsi per votare la fiducia al Governo Conte. Queste le prime indiscrezioni dai palazzi romani sul voto di fiducia del Governo che dovrà comunque avvenire entro dieci giorni dal giuramento della squadra di ministri, quindi non oltre venerdì della prossima settimana. La tabella di marcia indicata dalla Presidenza della Repubblica prevede quindi che entro la fine di questa settimana si tenga il giuramento dei ministri su cui, questa mattina, Luigi Di Maio si è espresso con un ermetico “li decide il presidente della Repubblica”. La partita invece è tutt’altro che semplice e si attende a questo punto di sapere quale sia la contropartita leghista alla concessione della Presidenza del Consiglio dei ministri a quel Giuseppe Conte che già faceva parte della squadra di ministri presentata da Luigi Di Maio prima del voto. Il presidente della Repubblica potrebbe comunque avvalersi pienamente delle sue prerogative per la nomina di Ministeri che risultino “di garanzia” a Bruxelles per conti pubblici e relazioni estere. In tal caso sarebbero due – se non addirittura tre – Ministeri chiave che in un certo senso “commissarierebbero” il nascente Governo su alcune politiche.