di Roberto Greco
Aveva 27 anni. Era nato a Palermo il 23 febbraio 1965. Arruolato nel 1989, fu assegnato al reparto scorte nel dicembre del 1991. Lasciò la moglie Rosaria Costa, 22 anni e un figlio di appena 4 mesi. Le parole che Rosaria pronunciò ai funerali del marito, di Falcone, Morvillo e del resto della scorta fecero presto il giro dei notiziari per la disperazione ma anche lucidità che ne traspariva:
“Io, Rosaria Costa, vedova dell’agente Vito Schifani mio, a nome di tutti coloro che hanno dato la vita per lo Stato, lo Stato…, chiedo innanzitutto che venga fatta giustizia, adesso. Rivolgendomi agli uomini della mafia, perché ci sono qua dentro (e non), ma certamente non cristiani, sappiate che anche per voi c’è possibilità di perdono: io vi perdono, però vi dovete mettere in ginocchio, se avete il coraggio di cambiare…
Ma loro non cambiano… loro non vogliono cambiare… Vi chiediamo per la città di Palermo, Signore, che avete reso città di sangue, troppo sangue, di operare anche voi per la pace, la giustizia, la speranza e l’amore per tutti. Non c’è amore, non ce n’è amore…”.
Vito Schifani era al volante della prima delle tre Croma blindate. Seduto al suo fianco c’era Antonio Montinaro, mentre Rocco Di Cillo viaggiava sul sedile posteriore. La loro auto fu quella investita con maggior violenza dalla deflagrazione e fu sbalzata decine di metri oltre il manto stradale.