di Mauro Seminara
Appare talmente azzardato il copione scelto dal presidente della Repubblica da far apparire adesso il Quirinale un vecchio monolite incapace di comprendere cosa accade al mercato della frutta ma molto attento a quanto si verifica sui mercati finanziari. La decisione, ostinata, irreversibile, del presidente Mattarella di impedire che il professor Paolo Savona ricoprisse l’incarico di ministro dell’Economia ha scatenato conseguenze devastanti per il Paese. Conseguenze che vanno tutte, o quasi, nella direzione opposta a quella voluta ed indicata dalla Costituzione italiana. Qualunque cosa accadrà in futuro, qualunque sia la data delle prossime elezioni, il Movimento Cinque Stelle salirà ad oltre il 40% del consenso e Matteo Salvini li raggiungerà a pari percentuale senza Silvio Berlusconi. Quest’ultimo, tra l’altro, nelle ultime ore sta incanalando l’odio degli italiani insieme al sodale Matteo Renzi.
Ieri pomeriggio è andata in scena la Costituzione in chiave farsesca. Due forze politiche si apprestavano ad avviare i lavori con un Governo che avrebbe riposto in priorità la Costituzione italiana rispetto alle indicazioni sovranazionali europee e finanziarie; il presidente della Repubblica ha negato una pedina fondamentale per l’attuazione del programma di Governo e della maggioranza parlamentare costituita motivando con il messaggio di allarme che il ministro Savona avrebbe rappresentato “per gli operatori economici e finanziari”. Luigi Di Maio e Matteo Salvini sono, ovviamente, saliti sulle barricate ritenendo che il presidente della Repubblica non possa negare la volontà dei rappresentanti del popolo, da questo eletti, per gli allarmismi dei mercati finanziari. Al gruppo si è immediatamente unita la leader di Fratelli d’Italia, Giorgia Meloni, che ha immediatamente puntato il dito sul titolare del Colle.
La componente mainstream difende, con evidenti difficoltà, la scelta del presidente della Repubblica e la sua legittimità. Purtroppo per quanti di lavoro fanno i difensori d’ufficio di certe “correnti di pensiero”, l’articolo 90 della Costituzione è configurabile con la condotta del presidente della Repubblica. A questo punto non è importante quando e come Sergio Mattarella sciolga le Camere per tornare al voto e quanto quindi il “fantoccio” Cottarelli governi il Paese su mandato diretto del presidente della Repubblica, perché il popolo è contro l’Unione europea, contro i mercati finanziari, contro Bruxelles e contro la Germania molto più di quanto lo fosse il giorno in cui si è recato alle urne lo scorso 4 marzo. Inoltre oggi il popolo è anche contro il Quirinale, e questo rappresenta uno strappo istituzionale gravissimo che era già iniziato con la presidenza di Giorgio Napolitano e che oggi traccia con un ancora più profondo solco Sergio Mattarella. Questo non vale solo per gli elettori di M5S e Lega, ma anche per quelli di Fratelli d’Italia e quelli di Silvio Berlusconi che – tutti o in parte – si sentono traditi dal tacito consenso alla scelta del Colle.
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