Una nutrita delegazione composta da rappresentanti della Conferenza Episcopale del Burkina Faso, del Ministero degli Affari Esteri dello stesso Stato africano e dell’Ambasciata della presso lo Stato italiano e presso la Santa Sede, ha raggiunto ieri l’isola pelagica di Lampedusa per toccare con mano il luogo simbolo degli arrivi di quei migranti che sono stati costretti a fuggire dal proprio Paese e di quelli che non ce l’hanno fatta a raggiungere un porto sicuro italiano e non hanno quindi attraversato la simbolica porta d’Europa. Quattordici membri della Conferenza Episcopale del Burkina Faso, il Segretario di Stato (rappresentante del Ministro degli Esteri), ambasciatori e console del Paese africano da cui moltissimi migranti negli anni sono andati via in cerca di opportunità economiche dignitose si sono radunati a Lampedusa ieri e vi sono rimasti anche oggi. La delegazione è stata guidata ed accompagnata dalla Comunità di Sant’Egidio, con Don Philippe Zongo (rettore del Seminario della Fraternità Sacerdotale Missionaria di Sant’Egidio) in testa, dal viceparroco di Lampedusa in rappresentanza della Diocesi di Agrigento, dalle istituzioni locali rappresentate dal Prefetto di Agrigento, dal sindaco di Lampedusa e Linosa, dal comandante della Capitaneria e di Porto e dal comandante della locale stazione dei Carabinieri.
Sentiti, ed anche misurati, gli interventi dei rappresentanti religiosi e laici del Burkina Faso a Lampedusa. Il Vescovo del Burkina ha ricordato, sul monumento di Paladino, cosa è accaduto negli anni sull’isola: “Qui sulla Porta d’Europa dell’isola di Lampedusa giungono i superstiti della grande traversata. Questo monumento ci ricorda tutti coloro che, per fuggire un destino incerto, hanno lasciato casa loro e si sono incamminati nel deserto fino al mare. Molti sono morti nel deserto, lontano dagli occhi di tutti. Non ne conosciamo il numero. Molti altri sono morti tra le acque del Mediterraneo. Di costoro conosciamo almeno una stima: dagli anni Novanta circa 34.000. Sono uomini, donne e bambini che giacciono sul fondo del mare senza aver toccato la riva.” Sua eminenza ha anche ricordato il valore positivo della Porta d’Europa di Lampedusa, caratteristica che rende il luogo probabilmente davvero unico malgrado le similitudini con altre isole che nella loro storia hanno avuto pagine di estremo dolore: “I numerosi relitti sparsi per l’isola ricordano tante storie dolorose. Questa isola così vicina all’Africa è il primo approdo europeo, rappresenta la speranza, potremmo dire una ‘porta della vita’. Ci sono altri luoghi simili in Africa, dall’altra parte del mare, ma molto diversi. Ci sono altre ‘porte’: quelle del ‘non ritorno’ da cui passavano gli schiavi che venivano portati via per sempre durante la tratta. Come a Gorée, come a Ouidah: porte senza speranza. Questa invece è una porta di speranza, di vita.”
Anche l’intervento del viceministro degli Esteri del Burkina Faso, Alfred Gouba, è riuscito a trasmettere emozione malgrado il suo stampo più tecnico-statistico: “Secondo le statistiche dell’International Organization for Migration (IOM), nel 2017 166.000 migranti hanno attraversato il Mediterraneo. La maggior parte è arrivata in Italia via Lampedusa. Ma il più drammatico rimane il destino delle migliaia di persone che perdono la vita durante la traversata. Così, durante quell’anno, l’IOM registrò 3091 morti o scomparsi nel Mediterraneo, il più delle volte annegando o asfissiando. Per il primo trimestre del 2018, i dati IOM indicano un totale di 18.575 migranti e rifugiati arrivati in Europa via mare e 559 persone che sono morte in questa avventura. Probabilmente queste cifre allarmanti sono persino sottovalutate nella misura in cui non tengono conto delle vittime dei naufragi incustoditi che perdono la vita su canoe improvvisate e per le quali il sentiero della speranza ha dimostrato di essere piuttosto una strada da percorrere. La portata di questo disastro umanitario sfida la coscienza del mondo.” Non è mancato il segnale, il messaggio, che il primo segretario di Stato di un Paese africano in visita a Lampedusa ci si attendeva pronunciasse: “A nome del Governo del Burkina Faso, ringrazio i soccorritori di tutte le nazionalità, le autorità italiane e l’Italia per tutto ciò che ha fatto per accogliere, la comunità di Sant’Egidio (che ci accompagna qui) e le Chiese italiane per la creazione di corridoi umanitari e tutto il popolo italiano per il loro impegno dedicato alla salvezza dei migranti.”