X

La Borsa e la vita reale dell’Italia, dalla manipolazione dei mercati allo spread

Il primo attacco all’Italia era arrivato con il mirato gioco all’asta dei titoli di Stato che aveva aumentato il divario tra le quotazioni nostrane e quelle dei titoli tedeschi. Lo spread aveva quindi toccato la soglia dei 300 punti facendo suonare tutte le campane d’allarme del Paese in un momento in cui le decisioni politiche riguardanti la formazione di un nuovo Governo, quindi di una nuova maggioranza parlamentare, non avrebbero dovuto ricevere né considerare alcuna forma di endorsement. Ma di endorsement se ne è registrato, ed anche parecchio. Dallo spread ai politici di eurozona che proferivano minacce e spauracchi vari sulle eventuali scelte che l’Italia avrebbe potuto fare con un Governo “populista” e fino al tirar per la giacchetta il presidente della Repubblica sulle eventuali ingerenze che avrebbe dovuto mettere in atto per la formazione del Governo. Germania, Francia ed Unione europea non ne hanno risparmiata una alla povera Italia in quei giorni cruciali per il futuro del Paese. Prendere una decisione fondamentale per gli anni a venire, si sa, non è mai facile con una pistola puntata alla tempia.

L’agenzia di rating Moody’s, già il 25 maggio aveva annunciato attività critiche cui poteva conseguire un ulteriore declassamento dell’Italia e quindi gravi perdite conseguenti sul pano finanziario. I titoli di aggiornamento che Moody’s trasmetteva agli investitori era un vero bollettino di guerra, degno però delle prime pagine di un quotidiano di partito che sta all’opposizione. La classificazione dell’Italia, per l’agenzia in questione, è già BAA2 ed il rischio paventato prima della formazione del Governo era di ulteriore declassamento. Praticamente, per l’agenzia, l’Italia è un Paese le cui finanze sono sull’orlo del fallimento e l’affidabilità – sulla solvibilità – si attesta verso il fondo della classifica. Eppure l’Italia sta ancora nella Top Ten mondiale per Pil e qualità dei prodotti. Caratteristica non di poco conto per valutare il rischio di grave recessione di un Paese.

Ieri la Borsa di Milano ha chiuso in positivo, ma con dei momenti critici che hanno riguardato in particolare alcuni titoli. Titoli quotati in borsa che per i titoli dei giornali devono il loro calo alla instabilità politica del Paese. Secondo qualche analista quindi il titolo di Fiat Chrysler ha subito contraccolpi perché gli italiani potrebbero non cambiare l’auto nel caso in cui il Governo non si dovesse formare. Il Governo si è invece costituito ed ha giurato nel pomeriggio, annunciato però la sera precedente. Il 31 maggio è stato incaricato il primo ministro Conte, l’indomani, primo giugno, i mercati hanno dato tregua ai titoli sulla piazza di Milano e lo stesso pomeriggio il Governo Conte ha prestato giuramento. Occhi puntati però all’apertura delle Borse lunedì mattina, quando gli investitori si sveglieranno con un Governo italiano M5S-Lega formato e insediato a mercati chiusi, tra la sera del primo giugno e la festa della Repubblica di oggi.

Moody’s, dicevamo, potrebbe procedere al taglio del giudizio sull’Italia “a seguito del downgrade del rating sovrano italiano o per un deterioramento delle valutazioni del merito di credito delle banche coinvolte, dovuto, per esempio, a un peggioramento dell’ambiente operativo o a istanze specifiche di peggioramento della qualità degli attivi, con perdite o riduzione della capitalizzazione”. Nel frattempo l’agenzia di rating ha messo sotto osservazione Unicredit, Intesa Sanpaolo, Banca Imi, Cassa Depositi e Prestiti, Mediobanca, Fca Bank, Banca Nazionale del Lavoro, Credito Emiliano, Credit Agricole Cariparma, Cassa Centrale Raiffeisen, Invitalia e Banca del Mezzogiorno. Perfino Cassa Depositi e Prestiti, cioè i risparmi degli italiani, potrebbe essere a rischio secondo Moody’s. L’Italia non ha un buon rapporto con le agenzie di rating ed ancora oggi si ricorda l’attacco che nel 2011 comportò perdite ed instabilità cui seguirono le riforme “lacrime e sangue” del Governo Monti imposto dal presidente Giorgio Napolitano. In quel caso il Paese subì il giudizio, devastante, di altre agenzie di rating: Standard&Poor’s e Fitch. Giudizi devastanti per l’Italia quanto dubbi nelle modalità e motivazioni. Tanto dubbi che dopo un’inchiesta della Procura di Trani furono valutati validi i motivi di un rinvio a giudizio per cinque analisti delle agenzie con l’accusa di “manipolazione del mercato” ottenuta mediante la doppia bocciatura-declassamento dell’Italia. Corpo del presunto reato erano quattro reports contenenti “informazioni tendenziose e distorte sull’affidabilità creditizia italiana e sulle iniziative di risanamento adottate dal Governo per disincentivare l’acquisto di titoli del debito pubblico italiano e deprezzarne così il valore”.

Dopo cinque anni di processo – di primo grado – è arrivata, il 30 marzo 2017, il giudizio sugli imputati: tutti assolti. Spiegava in tal modo il Sole 24 ore l’indomani della sentenza: “Rispetto a tutti i 4 reports l’assoluzione è stata piena, ovvero il fatto non sussiste per il taglio dell’outlook del debito sovrano italiano da stabile a negativo del 20 maggio 2011, per la diffusione della nota del 1° luglio 2011 contenente valutazioni negative sulla manovra finanziaria correttiva del Mef e per il credit watch negativo sull’Italia del 5 luglio 2011, mentre l’assoluzione è stata pronunciata perchè il fatto non costituisce reato, cioè non vi è stato alcun elemento psicologico, ovvero dolo, per il declassamento del rating dell’Italia di due gradini da A a BBB+, decretato da S&P il 13 gennaio 2012”.

Sulla chiusura di Borsa a Piazza Affari di ieri ha avuto un ruolo anche la proposta formulata al Parlamento europeo – bocciata già mercoledì – di costituire un “fondo per aiutare i Paesi a uscire dall’euro” che i parlamentari di Movimento 5 Stelle e Lega avevano appoggiato in aula. Le politiche nazionali, quelle che più da vicino interessano ed influiscono sulla vita degli italiani come dei popoli di altre nazioni, vengono quindi decise dai mercati e dagli operatori economici e finanziari che sponsorizzano la moneta unica europea. L’Unione europea non ha un Governo centrale ed il Parlamento europeo non ha potere legislativo. Hanno sicuramente influenza sui Governi nazionali le Commissioni europee, in special modo quelle che hanno potere esecutivo su una Unione di Stati che si fonda sulla libera circolazione finanziaria prima ancora che su leggi comuni e regole comuni. A l’euro, già oggi, è un fenomeno che non solo Paolo Savona o Alberto Bagnai vedono in modo estremamente critico. Moltissimi noti economisti rilevano infatti gravi criticità derivanti dall’euro sia per il presente che per il futuro. Malgrado la logica dell’Unione europea e dell’unione monetaria potrebbe, e dovrebbe, portare benefici al vecchio continente. Tra i critici dell’euro, paradossalmente, ci sono anche quanti nell’euro ci hanno portato l’Italia.

Da questo punto di vista risulta oltremodo interessante ascoltare cosa spiegava Giuliano Amato già qualche anno addietro. Un video, fortunatamente pubblicato il 6 gennaio del 2015 da Byoblu e per questo ancora reperibile, spiega con la viva voce di Giuliano Amato la follia del “meccanismo euro” in cui l’Italia è stata cacciata con trattati di irreversibilità ed a tutela di quegli organismi che oggi impongono riforme irrealizzabili in assoluto danno della popolazione ma che non hanno potere di intervento a tutela dei singoli Stati membri. Tra le clausole sottoscritte dai “luminari della finanza” dell’epoca, neanche tanto lontana, tra cui proprio Giuliano Amato, c’è anche il veto sull’aiuto di Stato alle imprese che costringe gli Stati membri a veder fallire aziende e compartecipate da migliaia di posti di lavoro con le mani legate dietro la schiena ed a vendere assetti preziosi per l’economia ed il Pil senza poter far nulla per evitarlo. Ascoltate Giuliano Amato da Byoblu:

Redazione:
Related Post