di Mauro Seminara
Lo slogan, anche dopo le amministrative che hanno coinvolto oltre 700 comuni italiani, è “lo facciamo subito!”. Uno slogan che vede azioni a costo zero, o quasi, su un fronte che l’applauso della maggioranza degli italiani lo ha riscosso già. Quegli italiani che hanno seguito, creduloni, la storiella che il cuore del problema migratorio sono gli arrivi e non le politiche del dopo sbarco, per questa forma di pretesa sicurezza ha votato come il 4 marzo abbiamo visto. Poche altre settimane di attività e il Governo guadagnerà un consenso che in Italia non si vede dagli albori della Prima Repubblica. Altro nemico per la diffusa opinione pubblica è l’Unione europea, e in questi giorni anche questa accozzaglia deforme di Stati sta dando il proprio contributo per aumentare il vigore dell’attuale Governo. La Francia, chiusa, nazionalista, colonialista e spietata alla frontiera con l’Italia come a quella esterna, adesso si indigna per la presa di posizione del Governo italiano sui flussi migratori. E gli italiani si scorticano le mani per applaudire Matteo Salvini. E neanche sanno che la Francia di Macron è proprio quella che recentemente ha inasprito le leggi sui flussi migratori e contro i migranti irregolari. Ma anche al netto delle riforme francesi, in Italia l’idea che i francesi accusino gli italiani solo per propria convenienza e non per umanità si fa sempre più concreta. E non è neanche infondata questa idea. Anche la Spagna ha accusato l’Italia di possibili conseguenze penali per l’affare Aquarius, ed anche in questo caso la maggioranza degli italiani riceve le accuse con una sorta di orgoglio interiore. Tra gli slogan ci sono poi gli annunci di Matteo Salvini, ministro dell’Interno, che ospite di Lilli Gruber assicura che anche la Flat Tax – punto del contratto di origine centrodestra a differenza del reddito di cittadinanza che è proposta Cinque Stelle – partirà entro il 2018. Siamo pronti quindi ad un qualunque possibile incidente che metta il Governo in posizione di caduta libera. Se questo Governo dovesse cadere per cause “esterne”, alle prossime elezioni non ci sarebbe neanche bisogno di campagna elettorale perché l’attuale maggioranza di Governo diverrebbe automaticamente il Parlamento italiano per intero, dividendosi tra maggioranza monocolore ed opposizione monocolore. Un Parlamento mezzo giallo e mezzo verde. Ed un altro pegno è stato depositato con la presa di posizione del ministro Tria che ha annullato l’incontro con il suo omologo francese ed il premier Conte che pare intenda annullare il vertice bilaterale con il presidente francese Macron.
Emmanuel Macron accusa l’Italia per la condotta relativa alla nave Aquarius, fingendosi forse il presidente accogliente di una nazione accogliente. Dietro, ovviamente, ci sono altri interessi e la vicenda si rende utile per un attacco al nuovo Governo italiano. Anche in Italia si leva forte un urlo di indignazione per come è stata gestita la nave ed i suoi 629 ospiti soccorsi sotto il coordinamento dell’MRCC italiano. Ma bisognerebbe scindere queste strazianti voci e mettere quelle genuine da una parte e quelle strumentali da un’altra, se proprio non si possono cestinare le ultime. L’Unione europea si comporta in modo razzista da sempre, da sempre colonialista e con una tendenza innata alla chiusura del ponte levatoio della cosiddetta “Fortezza Europa”, anche se dentro la fortezza ci sono ormai solo disagio e disparità sociali. Ha ragione chi sostiene che se l’Europa si comporta in un certo modo non vuol dire che anche l’Italia è autorizzata a farlo, ma in questo momento l’argomento è un altro e riguarda chi si straccia le vesti per i poveri migranti tenuti un giorno di troppo a bordo di una nave sicura e con tutta l’assistenza necessaria. Perché una verità non detta, che appare addirittura banale, riguarda i migranti soccorsi e presi a bordo delle navi che attendono giorni prima di sbarcare in un porto sicuro per un semplice motivo: le navi non vanno in porto ogni cento migranti presi a bordo e se è ipotizzabile ulteriore utilità al largo della Libia queste rimangono in mare per giorni e giorni prima di sbarcare i primi migranti soccorsi. Quindi, minimo ed equo, bisogna distinguere l’indignazione genuina da quella miserabile e strumentale. In quest’ultima classificata forma di indignazione, assurdo ma vero, si sta adoperando a gran voce una parte dell’opposizione politica italiana con annesso esercito di seguaci. Quella parte di opposizione che però era al Governo fino a due settimane addietro, che ha concluso accordi mai del tutto chiariti e comunque inenarrabili con i trafficanti libici per tenere rinchiusi in lager nordafricani gestiti da aguzzini e stupratori i migranti che l’Europa non voleva e che l’Italia, a ruota, d’un tratto, aveva deciso che non gradiva. La stessa opposizione che quando era al Governo, d’un giorno all’altro, ha smesso di vantare i sani valori italiani dell’accoglienza per mettere in atto quelli dei respingimenti camuffati con un lavoro sporco affidato a sedicente Guardia Costiera libica ed agli stessi trafficanti.
Nel drastico cambiamento di ideali ed opinioni di quanti erano prima al Governo e lodavano l’operato del ministro dell’Interno, “uomo di sinistra”, Marco Minniti e adesso criticano con violenza la chiusura dei porti alle Ong – dimenticando che la guerra alle Ong l’hanno iniziata loro con il cosiddetto “codice di condotta” e la libertà libica di sparare su queste navi senza difesa alcuna – c’è probabilmente la chiave di lettura su quanto sta accadendo sullo scacchiere politico europeo. E forse, non a caso, una nutrita percentuale di italiani – non tutti razzisti latenti – prova in questo momento una strana sensazione di orgoglio tricolore. Dopo una lunga serie di Governi che eseguivano sostanzialmente i desiderata europei, oggi sembra che al comando della “portaerei Nato del Mediterraneo” ci sia un manipolo di matti – o apparenti tali – che dice con fermezza “chissenefrega!”. Non è roba da poco. Lo sappiamo, anche se per un abbondante paio di generazioni abbiamo finto di nulla, che l’Italia non ha avuto né voluto voce in capitolo su nulla limitandosi ad eseguire senza batter ciglio qualunque assurdità ordinata dai cosiddetti “alleati forti”. Oggi però la Francia si trova un vicino di casa che non risponde più come dovrebbe, che non sa bene che intenzioni abbia, che non intende sottomettersi come ha sempre fatto. E questo, innegabile, spiazza il giovane rampante uomo delle banche e dell’establishment mondiale contro il quale stanno insorgendo i francesi. In Francia quindi si attuano quelle riforme che l’Italia ha già subito, in danno alla classe meno abbiente francese come ormai da anni di quella italiana. Perché il mondo deve essere fatto di lavoratori poveri e precari. In Italia invece il popolo alza la testa, soprattutto lo sguardo, con orgoglio. Questo fenomeno innesca un potenziale meccanismo in cui non si sperava più: gli italiani potrebbero abbandonare quella radicata rassegnazione al “tanto non cambierà nulla comunque” per cominciare a rivendicare i propri diritti anche sotto il palazzo del “Governo del Cambiamento”, se questo si dovesse rivelare la più grande messinscena della storia della democrazia italiana. E di questo fenomeno in corso in Italia si è accorta anche la Germania. Anzi, forse a Bruxelles il brusio è seriamente allarmato proprio a causa dell’Italia. L’Unione europea è a rischio, perché oggi ci rendiamo finalmente conto che dell’Unione europea non resterebbe nulla se l’Italia decidesse di mandarla affanculo. Non ci sarebbe una Unione europea in grado di esercitare gravi rappresaglie verso l’Italia e gli italiani, perché non ci sarebbe una Unione europea. E di questo forse l’Italia inizia a prendere consapevolezza, malgrado il mainstream abbia suonato sempre e solo la musica del “meglio tacere e non disturbare i grandi manovratori” con un sottinteso “perché noi non contiamo un cazzo”.
Se l’attuale Governo fosse davvero il nuovo fascismo italiano, se domani ci dovessimo svegliare con delle “camicie verdi” al posto di quelle nere che ridussero l’Italia in ginocchio negli anni quaranta dopo un sussulto di orgoglio negli anni venti, se le politiche che il cosiddetto “Governo giallo-verde” dovessero rivelarsi follia pura, gli autorevoli analisti italiani e stranieri che di lavoro fanno gli ospiti full time sulle pagine dei maggiori quotidiani e nei salotti Tv non potrebbero spiegarlo perché hanno perso la loro credibilità tanto tempo addietro. Ad ogni spauracchio sproloquiato in Tv da un prestigioso editorialista corrisponde una reazione della classe debole italiana che va nella direzione opposta. Forse anche con legittima ragione, visto che per anni gli stessi editorialisti hanno tessuto le lodi dei Berlusconi e dei Renzi, Monti incluso, come se gli italiani vivessero di programmi Tv e pagassero l’affitto con gli editoriali della prima pagina. Probabilmente per questa ragione l’establishment mondiale, con in testa sempre lo stesso signor George Soros, ha dichiarato guerra ai social media; colpevoli, quest’ultimi, di diffondere idee diverse da quelle che il controllatissimo mainstream diffonde come fosse il verbo. Se oggi una persona di grande spessore culturale, già conosciuta al grande pubblico, dicesse la verità sui terribili rischi che stiamo correndo, non gli crederebbe nessuno. La favola di “Al lupo! Al lupo!” è divenuta realtà mediatica. Si tenta di aggredire quindi i social, anche se da quando la vecchia maggioranza di Governo non è altro che una minoranza molto ristretta, delle fake news su Facebook e dintorni non se ne parla proprio più. Chissà, forse non circolano più le bufale. Oppure erano una percentuale assolutamente ridicola già prima e adesso che ad eseguire ordini non ci sono più i vassalli dell’establishment il problema non se lo pone più nessuno. Tanto che i social adesso sono proprio il primo veicolo dell’informazione, per così dire, diretta della politica nazionale. Ma se sui social ci sono le continue dirette streaming di stampo propagandistico del “nuovo che avanza”, la stampa tradizionale cosa dovrebbe fare? Probabilmente inchieste giornalistiche ben documentate che svelano la realtà agli italiani. L’unico problema è che la stampa è, più che asservita, quasi completamente di proprietà di editori con interessi politici. Di più: classificata come organo di partito ma venduta in edicola come un vero giornale. Propaganda pura che ingombra le prime quattro o sei pagine dei quotidiani e tutte le serate Tv con i programmi di “approfondimento politico” in cui non si approfondisce nulla perché gli ospiti sono sempre gli stessi e quindi anche le idee e le opinioni non cambiano mai. Allora che si fa? Nel frattempo che in Italia (e nel mondo) ritorni la libertà di stampa vera e che questa riguadagni la credibilità del popolo, avremo un bipolarismo puro che può far cadere il Governo anche domani con la certezza di rielezione “senza zavorra” ed immediata o che può prenderci gusto e decidere di governare per i prossimi dieci anni e forse anche per un ventennio pieno. D’altro canto, in Italia si va di ventennio in ventennio.