Il giovane somalo evacuato questa mattina da Nave Diciotti e affidato alle cure mediche dell’equipe coordinata dal dottor Pietro Bartolo, a Lampedusa, ha subito ripetutamente tortura durante la sua permanenza in Libia. Lo ha raccontato lo stesso ragazzo al dottor Bartolo nel corso delle visite mediche: “Mi ha detto di essere stato torturato con scariche di corrente elettrica”. Il medico conferma che sul corpo del giovane somalo ci sono parecchie cicatrici, potenzialmente riconducibili alle bruciature causate dalle forti scariche di corrente elettrica sul corpo. La parte più delicata dello stato di salute dello sventurato minore somalo riguarda però l’aspetto psicologico. “Attacchi epilettici di probabile causa post traumatica e conseguente alle torture che ha subito”, afferma Pietro Bartolo dopo avere visitato il ragazzo ed avervi riconosciuto effetti psicologici causati dall’esperienza subita in Libia. Per il ragazzo è stata prevista l’ospedalizzazione come per due delle tre donne in stato di gravidanza che la Guardia Costiera ha evacuato questa mattina da Nave Diciotti in transito verso l’Italia con un carico di oltre 500 migranti. Tra essi anche i superstiti della tragedia su cui era intervenuta la nave americana USS Trenton la scorsa settimana.
Già sulla vicenda del trasbordo dalla USS Trenton alla nave Diciotti, il dottor Bartolo parte con un affondo alla politica del ministro dell’Interno: “Non capisco una cosa in questa vicenda: il ministro Salvini ha deciso di accogliere solo quelli che vengono soccorsi dalle navi italiane, ma la nave americana? Perché non ha subito la stessa sorte della Aquarius?”. La stilettata del medico in prima linea a Lampedusa arriva poi in chiusura di provocazione: “Perché questa differenza tra Ong e navi militari americane, per paura dell’America?”. Altro tema che mostra incongruenze secondo il medico – che tutto il mondo ormai conosce grazie al documentario premiato con un Orso d’Oro a Berlino, e di cui Sergio Castellitto ne ha vestito i panni in quel “Lacrime di sale” già girato interamente a Lampedusa – è l’intervento della marineria mercantile invece delle Ong ed il via libera che i migranti così soccorsi hanno per lo sbarco in porti italiani. A bordo della Nave Diciotti ci sono appunto oltre 500 migranti soccorsi da navi mercantili e l’unica eccezione è quella dei superstiti soccorsi dalla USS Trenton. “Non c’è nessuna differenza tra una Ong ed un mercantile che soccorre dei migranti nel Mediterraneo”, spiega il dottor Bartolo che afferma con decisione: “Bisognerebbe dire grazie alle Ong che hanno salvato un sacco di persone”.
La politica del nuovo Governo, che secondo il dottor Bartolo sembrerebbe impersonato dal solo Matteo Salvini in questa fase, viene criticata da persona con anni di esperienza in prima linea a Lampedusa. La critica del dottor Bartolo sembra però limitarsi ad una parte delle azioni messe in atto dal Governo e si rivela poi anche esplicitamente costruttiva per altre fasi. Il dottore riconosce infatti valida l’idea della possibilità di chiedere asilo direttamente nei Paesi di provenienza, ma sottolinea le criticità di questi progetti. Inoltre, afferma Pietro Bartolo, “c’è il concreto rischio che anche le ultime Ong possano abbandonare le missioni, se saranno costrette a navigare cinque o otto giorni dopo il soccorso per sbarcare i migranti mentre ci sarebbe una soluzione molto più semplice proprio applicando il Regolamento di Dublino e facendo arrivare i migranti in altre nazioni attraverso l’Italia”. La proposta del medico è infatti quella di riconoscere la bandiera della nave che soccorre i migranti in acque internazionali come territorio nazionale, di cui appunto batte bandiera, e quindi luogo di primo approdo ai fini dell’applicazione del Trattato di Dublino. “Sbarcherebbero in Italia – afferma il medico – ma per altre destinazioni e con il trasferimento a carico dei Paesi europei di destinazione”. Pietro Bartolo al riguardo manifesta idee chiare: “Il Trattato di Dublino non deve essere rispettato solo nella sua errata applicazione, basta riconoscere una nave militare di un altro Paese luogo in cui applicare il Trattato ed il Paese di bandiera avrà l’obbligo di farsi carico dei migranti soccorsi”.
Anche Pietro Bartolo preme sull’investimento dei fondi per la cooperazione in Africa condividendo che è errato spenderli per le cooperative dei centri per migranti sul territorio nazionale invece che nei Paesi di origine di questi, con particolare attenzione per quelli da cui provengono i cosiddetti migranti economici. “Fanno capire che i soldi dei centri di accoglienza vanno ai migranti ma sono soldi che vanno alle cooperative invece che investiti nell’integrazione”, spiega Pietro Bartolo che aggiunge anche una critica sulla gestione delle risorse per i soccorsi in mare: “Sono soldi spesi male, ma non sembra essere strategia del ministro Salvini come non lo era del ministro Minniti quella di prevenire, e si sente parlare solo delle percentuali di riduzione degli arrivi; e non è certo la strada giusta quella di andare a soccorrerli nel Mediterraneo, visto che fino all’altro giorno ne sono morti altri quindici”. Il dottore di Lampedusa attacca infine la reale politica internazionale che rende Stati dell’Africa, potenzialmente “ricchissimi” per materie prime, luoghi di povertà da cui dover migrare per sopravvivere alla fame: “Spendiamo un sacco di soldi, loro arrivano lo stesso e tanti ne muoiono; a cosa serve? Un buco nell’acqua! Prendiamo questi soldi che spendiamo nel Mediterraneo, mettiamoli realmente sulla cooperazione e cerchiamo di portare formazione professionale nei Paesi di provenienza dei migranti economici, visto che quelli che vengono da Paesi in guerra sono tranquillamente accolti da chi a mantenere in guerra quei luoghi ha interesse”. Per Pietro Bartolo, l’idea di campi profughi nei Paesi di partenza dei migranti è solo una “ingerenza” ed a suo avviso bisogna sì investire con la cooperazione internazionale nei luoghi in cui c’è bisogno di evolvere lo stato sociale, ma “non bisogna dare soldi ai dittatori”. Sicuramente, conclude il dottore, “farli arrivare in Libia è la cosa peggiore, perché la li torturano e li uccidono”. Appunto come pare essere capitato al giovane somalo sbarcato questa mattina al centro poliambulatoriale di Lampedusa da Nave Diciotti della Guardia Costiera.