Sono in corso le dichiarazioni di voto sul DEF, il Documento di Economia e Finanza, al Senato della Repubblica ed alla Camera è già stato approvato. Quello che è certo in questa fase dell’iter è l’intervento del ministro dell’Economia, Giovanni Tria. Il titolare del dicastero di Via XX Settembre ha subito chiarito che l’unica ricetta praticabile per il governo del Paese passa attraverso la doppia azione su bilancio e la riduzione del debito. “Il consolidamento di bilancio e una dinamica decrescente del rapporto debito/Pil sono condizioni necessarie per mantenere e rafforzare la fiducia dei mercati finanziari”, ha dichiarato Tria in Senato. Ma Giovanni Tria non chiude del tutto a piani di Governo che mirano ad investimenti nel Paese, e afferma che “una svolta ormai matura, che deve portare ad un significativo piano europeo per gli investimenti” è necessaria per ottenere che gli investimenti non debbano più andare a bilancio come spesa corrente.
Crescita inferiore rispetto al 2018
Il riferimento di Giovanni Tria è stato rivolto al punto di Contratto di Governo mirato alla revisione delle regole europee che normano la spesa pubblica. A sostegno di questa linea le dichiarazioni di voto di M5S e Lega, maggioranza di Governo, che hanno annunciato l’intenzione di rivedere il deficit del triennio 2019-2021 in questa chiave di lettura. Nel frattempo però il ministro dell’Economia rassicura, per quanto possibile i mercati e punta al consolidamento per scampare la clausola di salvaguardia con l’aumento dell’IVA. Per il 2018 infatti le stime sulla crescita erano state quantificate in un +1,5%, mentre quelle annunciate per il 2019 sono pari a +1,4%. Secondo Tria però le stime di crescita dello scorso anno “sono ancora alla nostra portata ma richiedono un’adeguata strategia di politica economica”. Nel corso del suo intervento, Giovanni Tria ha palesato completa sintonia con la maggioranza M5S-Lega, tirando colpi ben assestati alla botte ed anche al cerchio. Da una parte infatti il rigore dei conti e lo scongiuramento dell’aumento Iva, ma dall’altra anche “promemoria” sulla improcrastinabile necessità di ridurre il debito e l’imprescindibile “condizione di forza per rivendicare una svolta decisiva che consenta di considerare la spesa per investimenti diversamente dalla spesa corrente”.
Quei “rischi” che corre Schenghen
La condizione di forza auspicata dal ministro dell’Economia Giovanni Tria ha avuto una sua piccola manifestazione già ieri tra il primo ministro italiano Giuseppe Conte e la cancelliera tedesca Angela Merkel. Conte ha infatti parlato, in conferenza stampa da Berlino, di sostegno sociale per le classi deboli dei cittadini europei dopo aver ricordato al pubblico europeo ansioso per questo bilaterale che in Italia ci sono due milioni e 700mila italiani che non riescono a mangiare. Argomenti che, oltre ad aver spiazzato la cancelliera tedesca, sono stati accompagnati da una affermazione drastica sulla distruzione di Schenghen. Un po’ un “qui si fa l’Europa o si muore”, ma più elegante e politichese. Infatti Giuseppe Conte non ha parlato da uscita da Ue o aera Schenghen da parte dell’Italia, ma di area Schenghen che finisce. Questo al bilaterale Italia-Germania che ha anticipato la relazione alle Camere di Tria sul DEF in cui è stato discusso lo scorporo della spesa per investimenti dalla voce “spesa corrente” per fa ripartire l’economia con opportuni investimenti infrastrutturali che “hanno continuato a diminuire anche negli ultimi anni, nonostante la flessibilità di bilancio – spiega il ministro dell’Economia – contrattata con la Commissione europea”.
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