La Giornata internazionale del rifugiato manifesta ipocrisia anche a Calais, in Francia, dove ad aprire a serie riflessioni sulla gestione globale dei flussi migratori è stato un giovane ghanese di 19 anni, giunto qualche settimana addietro nel centro di accoglienza francese di Croisilles e morto suicida giorni addietro. La struttura ospita migranti di cui vengono esaminate le richieste di protezione umanitaria, asilo e soggiorno ed è gestita dall’associazione La Vie Active. Proprio l’associazione ha oggi reso noto l’accaduto di cui prima non si era saputo nulla. La vicenda ricorda in molti tratti quella verificatasi a Lampedusa ad inizio anno. Come nel caso del 5 gennaio sull’isola italiana, il ragazzo era stato attenzionato per disturbi della sfera psichica e lo stesso giorno era atteso per un appuntamento con uno psicologo.
Il giovane 19enne del Ghana però dallo psicologo non ci è arrivato e, dopo essersi messo una corda intorno al collo, si è suicidato impiccandosi all’interno del centro di accoglienza di Croisilles. Il direttore del centro in cui si trovava il migrante afferma che l’ente gestore non ha colpe per la disgrazia avvenuta. “Non conoscevamo la sua situazione”, ha appunto dichiarato il direttore aggiungendo che a suo avviso “non si possono imputare colpe” all’ente gestore. Sul caso è intervenuta anche l’organizzazione non governativa Médecins du Monde ribadendo che “le sofferenze psicologiche dei migranti sono reali” e questa è l’ennesima dimostrazione. Nel caso verificatosi a Lampedusa ad inizio anno, il giovane che si è tolto la vita risultò soffrire di disturbi psichici ma nessuno lo aveva comunicato fino a quando il suo comportamento non si era manifestato in tutta la sua precarietà psicologica.