Non sarà sfuggito a molti il manifesto nervosismo del presidente francese sulle politiche italiane del nuovo Governo in tema di flussi migratori. Macron ha attaccato, con tono accusatorio, l’Italia per poi ritrattare come “equivoco” prima di una stretta di mano con il premier Conte per poi tornare ad accusare in toni ancora più offensivi la maggioranza di Governo. Al centro delle tensioni però non ci sono i migranti, e viste le recenti politiche – molto stringenti – adottate proprio da quell’Eliseo guidato da Emmanuel Macron, risulta anche difficile credere che quella del presidente francese sia pura indignazione umanitaria. Piuttosto, a far crollare i nervi del principe dell’Eliseo è l’ingerenza italiana su quella tavola imbandita che la Francia aveva apparecchiato in Libia. Forte delle distrazioni italiane, causate da politiche internazionali deboli e poco convinte, la Francia aveva avviato rapporti con la Libia intensi e potenzialmente proficui. Vari incontri si erano tenuti in precedenza a Parigi senza alcun invito al tavolo per il Governo italiano, al tempo presieduto da Paolo Gentiloni. L’ultimo appuntamento all’ombra della Torre Eiffel risale alla fine di maggio di quest’anno, in pieno marasma politico italiano per la formazione del Governo che ha poi giurato nelle mani del presidente della Repubblica quattro giorno dopo il vertice che il vicino Emmanuel Macron ha tenuto in casa con il presidente del Governo di Unità Nazionale libico Fayez Al-Serraj e il generale a capo dell’Esercito Nazionale Libico Khalifa Haftar.
L’incontro di fine maggio tra il leader della Libia cirenaica e il presidente della Libia tripolitana aveva prodotto l’impegno, da parte dei due rappresentanti, di “tenere elezioni credibili e pacifiche e nel rispetto dei risultati elettorali” sotto l’egida delle Nazioni Unite. All’evento era presente l’Italia, ma con un rappresentante che nulla poteva se non assistere, essendo il Governo Gentiloni già dimesso e quello nuovo non ancora formato. Presenti anche i rappresentanti degli altri quattro Paesi del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite oltre a Egitto, Tunisia, Ciad, Emirati Arabi Uniti, Qatar, Kuwait, Turchia, Algeria e Marocco. Hanno ovviamente partecipato anche gli inviati speciali per la Libia di Onu, l’UNSMIL, e dell’Unione Africana. L’esito del super vertice del Mediterraneo ottenuto da Emmanuel Macron è stato un giorno di fine anno per le elezioni in Libia: il 10 dicembre. La mediazione francese ha portato a termine un lavoro di diplomazia tra le maggiori parti libiche più volte sfuggito all’inviato speciale dell’UNSMIL. Ma a questo interessamento parigino corrisponde un premio che la colonialista Francia non intendeva farsi sfuggire già dai tempi dell’esecuzione di Muammar Gheddafi nel 2011. Circostanza che sta lentamente emergendo con le vicende giudiziarie che hanno raggiunto e colpito l’allora presidente francese Nicolas Sarkozy.
Al bilaterale Italia-Germania, il premier italiano Giuseppe Conte aveva lanciato un neanche molto criptico invito alla cancelliera tedesca per un sostegno sulla questione libica. Il tentativo italiano è apparso subito evidente e vorrebbe la Germania quale alleato forte per disarcionare la Francia e riprendere la leadership che l’Italia ha sempre avuto in Libia fino alla sventurata guerra di sette anni addietro. La partita Italia-Francia, gli azzurri, sembrano inoltre giocarla su più fronti e con più di un centravanti. Mentre il presidente del Consiglio dei ministri affronta i tavoli diplomatici europei con Germania, Francia e a breve anche Bruxelles, il ministro dell’Interno si sposta in Tunisia e in Libia per accordi meno formali o per aprire tavoli di contrattazione. L’incontro libico di Matteo Salvini non ha prodotto certezze sul fronte migratorio, motivo ufficiale della visita nordafricana del titolare del Viminale, ma ha aperto a progettualità che in tutto sembra riprendere quei rapporti tra Silvio Berlusconi e Muammar Gheddafi bruscamente interrotti con una guerra a cui lo stesso “amico” premier italiano è stato costretto a partecipare. Il ruolo di Salvini, investito anche da qualifica di vicepremier oltre che da responsabile degli Affari Interni, è parso – dai termini dello stesso ministro dell’Interno in conferenza stampa – di rottura dell’accordo Serraj-Haftar tanto travagliato da Macron. Matteo Salvini ha infatti nettamente chiuso a ipotesi di dialogo con il generale Haftar, definito leader non riconosciuto da alcun organismo internazionale quale referente ufficiale, ma ha aperto a investimenti in Libia in accordo con Tripoli. Cosa ancora più importante, a cui il ministro Salvini ha fatto cenno al rientro dal vertice libico, è l’impegno italiano perché venga tolto l’embargo sulle armi per il Governo legittimo della Libia e venga posta maggiore attenzione a come vengono fornite armi alle milizie e, sottinteso, all’Esercito Nazionale Libico di Haftar.
Sullo scacchiere mediterraneo c’è anche una discussione aperta con l’Egitto che l’Italia ha subito avviato dopo l’insediamento del Governo M5S-Lega. Le manifestazioni di intenti sulla Cirenaica, e in particolare su Haftar, hanno effetti anche sull’Egitto che del generale è alleato e sponsor. L’insieme costituisce un’impresa ardua che vorrebbe riportare l’Italia ad un ruolo di primo piano nel Mediterraneo con l’approvazione degli Stati Uniti che nel frattempo si stanno ritirando da vari fronti, inclusi quelli sulla sponda mediorientale. Per riuscire nella complessa iniziativa però è necessario il sostegno della Germania, storico ago della bilancia tra Usa e Russia. Nel caso in cui la cancelliera tedesca dovesse sbilanciarsi in favore dell’Italia, l’asse centrale che ne verrebbe a costituirsi sarebbe fondamentale per la stabilizzazione del Mediterraneo con il conseguente allontanamento delle superpotenze che negli ultimi anni si sono contese interessi in Egitto, Libia e Medio Oriente. Risultato che taglierebbe fuori, almeno dai Paesi dell’Africa che si affacciano sul Mediterraneo, quella Francia di Macron tanto impegnata nell’estensione delle proprie colonie fino alla riva del mare che si affaccia sull’Europa. Tra Niger e Nigeria la Francia ha sicuramente una posizione comoda e detiene anche lo sfruttamento di risorse di cui il Niger è estremamente ricco: l’uranio. Ma il passo a nord che l’era Macron vorrebbe aprire, fino a rinvigorire gli interessi in ambito petrolifero, potrebbe adesso trovare uno sbarramento deciso con l’Italia sostenuta da Germania e Stati Uniti. Una situazione di politica internazionale complessa e poco lusinghiera che attiene sempre e comunque a forme di sfruttamento privilegiato da neocolonialismo, e che pare comodo a tutti gli attori celare dietro la solita falsa scusa dei flussi migratori e degli hotspot in Libia. Toccherà attendere per vedere come si tradurranno i “doni” promessi in Libia da Salvini, tra nuove navi, pattugliatori, armi, sostegno militare e via di questo pacifico passo.