Magliette rosse e cazzate verdi

di Mauro Seminara

di Mauro Seminara

Ieri i social sono stati un tripudio di rosso. Selfie con magliette rosse imperversavano su ogni bacheca, da quelle vip a quelle di perfetti sconosciuti. Una missione compiuta grazie ad uno sforzo immemore del popolo social che, in questo caso, non si è potuto limitare ad un “Like” o ad una faccina della nuova era emotiva Facebook. No. Si è dovuto cercare una T-Shirt, una Polo o un maglione, purché fosse rosso, scattarsi una foto e pubblicarla. Questo perché il social non ha pensato di inserire il tasto “maglietta rossa” con cui ricoprire l’immagine del profilo, come per i precedenti nastri neri di lutto o bandiere arcobaleno di pace. Ma a cosa è servito indossare una maglietta rossa ed aderire così ad un flash mob diffuso? A far sapere a coloro che hanno perso e stanno facendo perdere l’umanità quanti la pensano diversamente? A questo quindi si riduce lo scontro ideologico e politico? Se un Governo che vive di sondaggi quotidiani – come tutti i partiti – e di post, tweet, dirette streaming e cazzate varie agisce in un modo moralmente condannabile, il popolo che lo condanna risponde su sondaggi con evidenza fotografica su Facebook, Twitter, Instagram e chi più ne ha più ne metta. Va bene. Tutto logico. Tutto assolutamente normale. Derisione a parte – da chi si sarebbe dovuto sentire minacciato per cotanto rosso il Governo? – e contro selfie a parte, cosa accade oggi? Cambiamo colore! Oggi tutti con i pantaloni color magenta, che è l’opposto del verde sulla tabella dei colori primari e rappresenta un altro forte messaggio contro la politica leghista del ministro dell’Interno. Vai col magenta! Manca però un piccolo insignificante dettaglio: a fronte di chi se ne infischia altamente, in virtù del consenso di chi la maglietta rossa non l’avrebbe indossata neanche sotto tortura, chi raccoglierà la richiesta del flash mob? L’Italia è rimasta senza politica di sinistra. Il rosso, lo stesso colore delle magliette, è scomparso ormai da tempo.

Tra le tante idiozie che l’ufficialmente ex segretario del Partito Democratico ha pronunciato ieri in assemblea, rubando la scena al segretario reggente e dettando linea ed ordine dei lavori con il suo anticipare chi l’assemblea avrebbe dovuto aprirla, c’è sicuramente una frase d’effetto da non buttare via: il Vaffa Day si è fermato a Pontida. Il Movimento Cinque Stelle non è più quello di Beppe Grillo, o che il genovese proponeva quando era ben lontano dal Governo. La corrente sinistra interna al partito-movimento non si sente più. I valori professati come il verbo nel corso della sua prima legislatura si sono perfino un po’ smarriti. Mi dispiace, cari pentastellati, ma state lasciando che il M5S governi insieme a Salvini – che basta ed avanza come definizione senza che gli si attribuisca anche un aggettivo – e sta perfino fingendo di non accorgersi, nel mezzo della sua comunicazione social e televisiva torrenziale, che la Lega è un partito privo dei requisiti morali pretesi a suo tempo dai “grillini” per un eventuale dialogo. Se la classe dirigente di un partito viene graziata rispetto alle responsabilità di chi ha causato adesso la disposizione di sequestro di 49 milioni, perché “risale a dieci anni fa”, allora anche Forza Italia poteva essere un interlocutore dai valori accettabili. In fin dei conti, nella Lega c’è ancora Umberto Bossi – che si reca al raduno col suo accompagnatore “Trota”, laureato all’estero con i soldi del partito – ed in Forza Italia c’è ancora Silvio Berlusconi, ma mica i dirigenti di partito sono tutti gli stessi di dieci anni fa!

Anche su altri aspetti, tutto sommato, ci si ritrova poco o nulla dei vecchi valori a cinque stelle. Il Parlamento, ad esempio, non sembra aver ancora riscoperto la propria tanto declamata centralità. Un mese dopo il giuramento del Governo, a Commissioni permanenti già composte, in Parlamento non si è ancora vista l’ombra di una Proposta di Legge da far discutere in Commissione prima ed in aula dopo. Nulla da fare in quelle grandi aule dei due rami del Parlamento italiano. Anzi, peggio. La prima concreta azione della maggioranza M5S-Lega, assurdo ma vero, è stata un Decreto Legge. Un po’ come se Virginia Raggi, dopo aver a lungo dichiarato che il suo intento non era di rattoppare buche ma mettere in gara il serio e completo rifacimento dei fondi stradali, all’indomani del suo insediamento avesse mandato in strada un esercito di manutentori muniti di sacchi di asfalto a freddo per rattoppare buche. Certo, l’urgenza degli interventi giustifica l’ausilio dei Decreti Legge. Ma quale è adesso l’urgenza di combattere contro i venditori ambulanti “neri” delle spiagge italiane? Ed i manicomi? Rientravano in un qualche programma di interventi presentato prima delle elezioni? E cosa c’entra, uno dei pochissimi aspetti di cui l’Italia può davvero vantarsi – la psichiatria – col mondo intero, con il lavoro di chi si deve occupare di mafia, criminalità organizzata, tutela delle attività imprenditoriali, sicurezza – quella vera – dei cittadini e di restituire dignità di salario e di servizio alle Forze dell’Ordine italiane? Si sperimenta il Taser. Bene. Ma senza neanche voler entrare nel merito dei costi di una pistola elettrica che nel mondo forse ha ucciso più persone che le pallottole in parti non vitali di criminali in fuga, la domanda è: quanto intende riuscire ad ottenere il ministro dell’Interno dal prossimo bilancio dello Stato per finanziare quei reparti che in Italia abbiamo e che sappiamo bene essere capaci di acciuffare Matteo Messina Denaro, con i giusti mezzi, probabilmente in meno di un anno?

La criminalità organizzata, la mafia, si chiami essa Cosa Nostra, ‘Ndrangheta, Camorra o Yakuza, ha soffocato il tessuto sociale ed imprenditoriale di questo Paese. Si è infiltrata ovunque, nell’industria ed in politica. Controlla ogni cosa. E non lo fa con la coppola in testa e la lupara, ma con costosissime valigie 24ore e colletti bianchi inamidati. Lo fa, però, assicurandosi che chi rappresenta un pericolo voli da una finestra senza che la magistratura ordini l’immediato sequestro di tutti i filmati di videosorveglianza nel raggio di un chilometro e l’intero mega tabulato di celle telefoniche nello stesso raggio; lo fa assicurandosi che una giornalista ed il suo cameraman non rivelino cosa si traffica all’estero oltre alle armi; lo fa lasciando pendolare un faccendiere da un ponte inglese, impiccatosi con le mani legate dietro la schiena da “suicida”. Non stiamo perdendo l’umanità. L’abbiamo persa tanto tempo addietro. E questa assenza di emotività verso il prossimo l’abbiamo trasmessa a figli e nipoti. Mettiamoci tutti una maglietta rossa ogni giorno della nostra vita, così ricorderemo per quante generazioni in Italia è valso legittimo fottere il prossimo con una raccomandazione non accompagnata da capacità e competenze. Siamo bravi nel pretendere che il nostro egoismo ci metta la dove non meritiamo di stare, a discapito di chi ne aveva tutti i requisiti, ed adesso il nostro egoismo ci fa dire che meritiamo di vivere a discapito di chi cerca salvezza attraverso il Mar Mediterraneo. I valori sono principi di base che hanno lo stesso requisito di un Comandamento o di un articolo della Costituzione, non si distinguono da caso a caso. Il laureato con master e straordinarie capacità può essere un cervello in fuga perché un idiota ha una raccomandazione che il meritevole non aveva, allo stesso modo l’italiano idiota può pretendere che i migranti vengano cacciati in modo da consentirgli…di raccogliere pomodori tutto il giorno a due euro l’ora al posto loro.

Il grande leader del centrosinistra, quello che sbeffeggia i colleghi di partito un po’ più di sinistra con un canzonatorio “compagni”, neanche ieri ha ammesso i propri torti. Neanche ieri, quando ha parlato di una agenda che al PD era stata dettata a sua insaputa e di cui non si era reso conto, ha ricordato che la riforma di un terzo della Costituzione non stava in nessun programma elettorale. Neanche ieri ha ricordato che il PD non aveva come missione morale quella di salvare i migranti in mare, ma che proprio il PD ha iniziato la guerra alle Ong – riuscendo più che a dimezzarle con una prima drastica scrematura – e l’idea della chiusura dei porti era del ministro dell’Interno “democratico”. Neanche ieri il rais del centrosinistra ha ammesso che la sinistra in Italia forse oggi viene rappresentata dal più osteggiato dei sindacalisti, tale Landini. Forse l’unico, in Italia, a cui una maglietta rossa dona sul serio e veste alla perfezione. Per il resto, assistiamo solo a magliette verdi da una parte, con tanto di fascia da “capitano” su quella del ministro dell’Interno, e magliette rosse dall’altra; come in una partita di calcio nell’estate dei mondiali deludenti. E tra quest’ultime magliette ci sono anche, o soprattutto, disperati in cerca di consenso in quell’arida ex prateria che fu un tempo l’area di sinistra. Ex PD, super privilegiati, speculatori vari, figli dell’establishment senza il quale oggi raccoglierebbero pomodori, autori di politiche folli che hanno prodotto la reazione ignorante e di pancia oggi cavalcata da Salvini. Ieri indossavano una maglietta rossa tutte queste categorie di geni che per ogni tre T-Shirt rosse ne hanno prodotta una in più verde. Poi ci sono i casi particolari, come quello di Laura Boldrini, tanto amata dagli italiani che la sua sola maglietta rossa avrà prodotto almeno un migliaio di magliette verdi in più. La ex portavoce dell’Unhcr ed ex presidente della Camera non si rassegna al fatto che quella famosa ghigliottina che tagliò i lavori in Parlamento per un intervento in favore di alcune banche ha rappresentato il suo di patibolo. Infine ci sono quelli che la maglietta rossa se la sono messa, ma che sono comunque convinti che non possiamo fare a meno di una certa condotta della nostra ENI in Africa e Medio Oriente per non “regredire” come economia industriale, quelli che della mezza Sardegna di esclusivo appannaggio della Difesa con il poligono più grande d’Europa e nella quale si producono le armi con cui viene bombardato lo Yemen non gliene può fregare di meno e tanti altri “red T-Shirt” da social per un giorno. Quelli che sono “umanitari” sui social, ma quando vedono un nero nelle proprie vicinanze temono subito per la propria incolumità sono però senz’altro i migliori. Poi, infatti, se un povero venditore ambulante viene aggredito o derubato in spiaggia, o gli viene aizzato contro un cane molto aggressivo, per “gioco”, nessuno interviene. E chissà quante “magliette rosse” c’erano su quelle spiagge che il ministro dell’Interno vuole adesso mettere in sicurezza difendendo gli italiani proprio da quei poveri ambulanti. Insomma, magliette rosse e cazzate verdi. Però, anche di cazzate rosse non ne mancano affatto. Esattamente come mancano, anche da parte di chi si definisce “opposizione”, delle proposte concrete che disinneschino le idiozie populistiche ormai alla base delle politica italiana.

…aspettando che in politica nasca un nuovo soggetto che abbia dei valori e delle capacità.

Informazioni su Mauro Seminara 705 Articoli
Giornalista palermitano, classe '74, cresce professionalmente come fotoreporter e videoreporter maturando sulla cronaca dalla prima linea. Dopo anni di esperienza sul campo passa alla scrittura sentendo l'esigenza di raccontare i fatti in prima persona e senza condizionamenti. Ha collaborato con Il Giornale di Sicilia ed altre testate nazionali per la carta stampata. Negli anni ha lavorato con le agenzie di stampa internazionali Thomson Reuters, Agence France-Press, Associated Press, Ansa; per i telegiornali nazionali Rai, Mediaset, La7, Sky e per vari telegiornali nazionali esteri. Si trasferisce nel 2006 a Lampedusa per seguire il crescente fenomeno migratorio che interessava l'isola pelagica e vi rimane fino al 2020. Per anni documenta la migrazione nel Mediterraneo centrale dal mare, dal cielo e da terra come freelance per le maggiori testate ed agenzie nazionali ed internazionali. Nel 2014 gli viene conferito un riconoscimento per meriti professionali al "Premio di giornalismo Mario Francese". Autore e regista del documentario "2011 - Lampedusa nell'anno della primavera araba", direttore della fotografia del documentario "Fino all'ultima spiaggia" e regista del documentario "Uomo". Ideatore e fondatore di Mediterraneo Cronaca, realizza la testata nel 2017 coinvolgendo nel tempo un gruppo di autori di elevata caratura professionale per offrire ai lettori notizie ed analisi di pregio ed indipendenti. Crede nel diritto all'informazione e nel dovere di offrire una informazione neutrale, obiettiva, senza padroni.

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