La prima pecora della lunga scia di questi giorni risale al 26 luglio, quando la Open Arms, nave da soccorso umanitario della Ong catalana Proactiva Open Arms, avvista un corpo galleggiante ad una ventina di miglia dalla costa della Libia. I soccorritori, come racconta anche il segretario di Sinistra Italiana – imbarcato sulla Open Arms – sul diario pubblicato da Huffington Post, calano in mare un gommone credendo possa trattarsi di una persona e una volta giunti sul posto si accorgono che si tratta della carcassa di una pecora. Il gregge sparso per il Mediterraneo mostra altre carcasse due giorni dopo, il 28 luglio, ad un paio di miglia ad est di Lampedusa. In questo caso le carcasse, evidenti, sono due ma poco distante viene visto un sacco che potrebbe averne contenute altre due se non più. Dal sacco, bianco e gonfio, sporge quella che al diportista dell’avvistamento sembra una zampa di pecora.
L’ultima pecora a spasso nel Mediterraneo è stata trovata a circa dodici miglia sud di Lampedusa. Ad avvistarla, e “soccorrerla”, è stata una motovedetta della Guardia Costiera in servizio di pattugliamento. La pecora era ancora viva ed i guardacoste l’hanno presa a bordo e condotta a terra. La pecora, per quanto possa suonare grottesco, è stata “visitata” dal dottor Pietro Bartolo che, anche in casi del genere, è responsabile sanitario per le isole di Lampedusa e Linosa. L’ovino era sfinito e si presume fosse a galla da giorni. Il presidio sanitario ha poi allertato il servizio veterinario ed affidato la pecora, un esemplare maschio, alla Polizia Municipale che provvederà di concerto con l’ufficiale veterinario all’isolamento. Una quarantena obbligatorio per capi di bestiame le cui condizioni di salute, con potenziali affezioni virali, e la cui origine è ancora da investigare. Con quest’ultimo esemplare salvato dalla Guardia Costiera di Lampedusa sono già quattro le pecore certe avvistate nel Mediterraneo centrale oltre a due o più possibili carcasse avvistate da un diportista nei pressi delle Pelagie.