La vicenda del ponte di Genova, oggi per tutti “ponte Morandi”, da nome del suo progettista, assume ogni giorno di più contorni oscuri ed inquietanti. Il suo cedimento è costato la vita a 43 persone, ma poteva essere una strage da centinaia di vite umane se solo non si fosse verificato nella vigilia di ferragosto. Intorno al crollo ci sono tanti dettagli che assumono un contorno da insabbiamento preventivo di un disastro quantomeno “annunciato”. Dalle videocamere webcam del sito Autostrade per l’Italia che hanno smesso di coprire l’area già prima del crollo ai lampi che molti testimoni affermano di aver visto nel punto in cui hanno ceduto gli stralli subito prima del disastro. Lampi che sono stati anche documentati in un video purtroppo troppo lontano per punto di ripresa e dalla qualità insufficiente per determinarne la natura. Si incrociano, tra i misteri video e webcam, le stranezze dei proclami fatti dal Governo che annuncia una revoca di concessione che non può essere revocata a meno di non dover risarcire miliardi ad Autostrade per l’Italia e la nomina di esperti per la commissione ministeriale che, come dimostrato dall’inchiesta dell’Espresso firmata da Fabrizio Gatti, sono in evidente conflitto di interessi e dovrebbero trovarsi nell’elenco degli indagati invece che su quello degli inquirenti. Infine l’assurdità ultima del caso, che già per molti sembra un possibile “complotto pro-gronda”, con il video scomparso da tutti i media come le riprese delle webcam sul ponte e che mostrava lavori anomali sotto un temporale la sera prima del crollo.
Il video inedito diffuso dalla Guardia di Finanza del momento in cui crolla il ponte
L’inchiesta pubblicata ieri dal periodico l’Espresso e firmata da Fabrizio Gatti svela una sequenza di conflitti di interesse che fanno rapidamente scemare la forza e la convinzione dei proclami fatti dal Governo all’indirizzo del concessionario per le autostrade della famiglia Benetton. Il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti ha infatti messo in piedi una propria squadra di esperti che, parallelamente a quella della procura competente, avrà il compito di indagare sulle cause del cedimento della struttura progettata cinquant’anni fa da Morandi e venduto in tre parti del mondo. Tutte e tre con scarsissimi risultati. Tra i nominati, scrive l’Espresso, ci sono quegli stessi Roberto Ferrazza e Antonio Brencich che due anni fa relazionarono per il Provveditorato per le opere pubbliche di Piemonte-Valle d’Aosta-Liguria a Genova il logoramento dei tiranti, con “riduzione d’area totale dei cavi dal 10 al 20%”, ma che malgrado le osservazioni inserite nella relazione e l’assunzione dell’esito di test svolti proprio la dove il 14 agosto si è verificato il disastro non avevano ritenuto di proporre la riduzione del traffico o la completa chiusura del ponte. Eppure, lo stesso Antonio Brencich, professore associato della facoltà di ingegneria dell’Università di Genova, negli anni e nei giorni successivi alla strage, ha sempre definito un errore il progetto Morandi basato su cemento armato pre-compresso a causa della maggiore rapidità con cui il ferro al suo interno tende a corrodersi e cedere. Ferrazza e Brencich sono stati nominati dal Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti rispettivamente presidente e membro esperto della commissione d’indagine del Governo.
La strana scomparsa delle riprese che le webcam di Autostrade per l’Italia avrebbero dovuto offrire per fare chiarezza sulle cause del cedimento fanno il pari con le immagini che un testimone oculare residente aveva inviato a Sky Tg24 con documentati mezzi e gru che la sera prima del disastro lavoravano sotto un copioso temporale proprio sul tratto di ponte crollato poche ore più tardi. La testata Sky aveva ricevuto il video e subito lo aveva trasmesso nel corso di una breve intervista telefonica al suo autore. Il video però non è stato più ripreso né mostrato e dei lavori che il testimone genovese vide la sera precedente al crollo non se ne è più parlato. Eppure, a meno che il video non fosse risultato girato da un mitomane e non la sera precedente al crollo, di anomalie su cui indagare ce ne erano davvero tante. Nella breve ripresa, fatta con uno smartphone, si vedono mezzi, gru, lampeggianti e nell’insieme un gran armeggiare, proprio sul pilone crollato l’indomani. Intervento, quello dei mezzi e della gru sul ponte, che tra l’altro si svolgeva di sera e sotto una copiosa pioggia. Un intervento che, stando alla stessa dichiarazione dell’autore del video, risultava strana proprio per la natura emergenziale con veniva effettuato: al buio, la sera del 13 agosto e sotto la pioggia.
Video trasmesso da Sky Tg24 e ripreso – forse soltanto – da Pandora TV:
Al contempo, viene fuori la nota del Codacons che annuncia di voler inviare “alla Procura tutti gli elementi rinvenuti sul web che fanno riferimento a una spiegazione fantascientifica molto diffusa tra gli utenti – l’uso del tritolo da parte dei ‘pro-Gronda’ per incoraggiare la costruzione della nuova infrastruttura, specie alla luce della sparizione di 300 kg. di materiale esplosivo risalente a qualche giorno fa. Lo scopo della segnalazione è quello di valutare e semmai escludere questa ipotesi, che sta godendo di un grosso credito tra gli utenti del web-continua il comunicato- L’Associazione, inoltre, chiede una serie di misure immediate: blocco dei mezzi pesanti su tutti i viadotti a rischio per 30 giorni, così da dare modo ai tecnici di provvedere alle necessarie verifiche sullo stato e la sicurezza delle infrastrutture. E impiego del genio militare – non di privati – per realizzare a stretto giro le verifiche necessarie insieme ai gestori, così da minimizzare l’impatto sul traffico. Queste le richieste del Codacons, dopo la tragedia che ha toccato Genova e l’Italia intera”. Il riferimento è quindi palese e, se pur proposto quale teoria complottista da fugare, si riferisce agli interessi economici che la costruzione della nuova opera avrebbe per le parti interessate e l’accelerazione che il crollo del cosiddetto “ponte Morandi” avrebbe offerto al “piano B” della Gronda invece di un risanamento e consolidamento della vecchia struttura in calcestruzzo. Dulcis in fundo, i monconi del ponte scricchiolano e mettono a rischio altre aree intorno alla struttura collassata. Per questa ragione, per mettere l’area in sicurezza, la Procura potrebbe dissequestrare i monconi pericolosi per la loro demolizione controllata. In questo caso, altre prove verrebbero distrutte rendendo ancora più teoriche le conclusioni investigative dei tecnici.
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