Propaganda Salvini al porto di Catania, i migranti non si possono mandare in Libia. Domenico Gallo: “Così si provocano solo morti in mare”

Intervista al coordinatore del Comitato esecutivo di Coordinamento per La Democrazia Costituzionale, associazione che nel 2016 si battè contro la riforma della Costituzione voluta da Matteo Renzi. Il giudice Domenico Gallo sulle violazioni del ministro degli Interni Matteo Salvini: “Italia in Stato di Diritto persino durante il fascismo”

In copertina: il giudice cassazionista Domenico Gallo e sullo sfondo la gru che carica provviste su nave Diciotti nel porto di Catania

di Mauro Seminara

Domenico Gallo

La vicenda della nave della Guardia Costiera ferma nel porto di Catania con a bordo 150 migranti ormai da otto giorni ha scatenato l’intervento di Procure e non solo. Tra Organizzazioni, associazioni e collettivi vari intervenuti c’è anche il Coordinamento per la Democrazia Costituzionale. Un insieme composto da costituzionalisti, avvocati, associazioni, studenti, insegnanti, pensionati, precari, lavoratori, cittadini comuni, artisti e intellettuali che ricorderemo per il forte imegno profuso nel 2016 contro la riforma della Costituzione voluta dall’allora premier Matteo Renzi. Un impegno che ha visto nascere oltre 700 comitati locali in difesa della Costituzione. Membro del Coordinamento e coordinatore del comitato esecutivo è il giudice cassazionista Domenico Gallo. Intervistato sul caso, il giudice ha confermato i motivi di allarme costituzionale che la condotta del ministro degli Interni comporta e la gravità del precedente giuridico del “caso Diciotti”. Un precedente che può determinare gravi conseguenze sul piano dello Stato di Diritto ma anche per la legge internazionale del mare.

“Nei confronti delle persone a bordo di nave Diciotti

è stato applicato una sorta di fermo amministrativo

non previsto da nessuna legge e palesemente al di fuori

di quello che stabilisce l’articolo 13 della Costituzione”

Dottor Gallo, lei ha firmato il comunicato stampa in cui si definisce la condotta del ministro Salvini un “gravissimo vulnus inflitto alla Costituzione italiana creando un buco nero”. Può definire cosa comporta, quali conseguenze può determinare per il Paese qualora tutto ciò dovesse restare impunito?

Si creerebbe un precedente che costituisce un vulnus, uno strappo allo Stato di Diritto. L’Italia è sempre stata in uno Stato di Diritto, persino durante il fascismo. Perché la repressione fascista dei reati avveniva conformemente alle leggi. Qui ci troviamo in una situazione in cui è stata creata una bolla nella quale non si applicano le leggi italiane per volontà di un organo politico di governo. Un fatto veramente assurdo, inusitato e inaccettabile. In pratica, qui stiamo imitando la situazione che hanno creato gli americani con Guantanamo. Quando, dopo l’attentato alle torri gemelle, George W. Bush decise di reprimere duramente i nemici dell’America, scoprirono che se queste persone fossero state portate negli Stati Uniti sarebbero state sottoposte alle leggi americane. Quindi all’ habeas corpus. Cioè, sarebbe dovuto intervenire un giudice per verificare le accuse e dovevano essere processate. Allora decisero di “importare” queste persone nella base di Guantanamo, a Cuba. Quindi, secondo loro, li non si applicano le leggi americane e potevano fare quello che volevano. Qui ci troviamo in una situazione simile. Nei confronti delle persone a bordo di nave Diciotti è stato applicato una sorta di fermo amministrativo non previsto da nessuna legge e palesemente al di fuori di quello che stabilisce l’articolo 13 della Costituzione; che pretende che la libertà personale sia inviolabile, per cui i limiti della libertà personale sono ammissibili solo con determinate caratteristiche sotto il controllo di un giudice. Tutto questo non c’è, non esiste in questa situazione. Anzi, si rivendica questo comportamento come un nuovo modello di Governo e di politica. Così però si demolisce lo Stato di Diritto.

“L’Italia è sempre stata in

uno Stato di Diritto,

persino durante il fascismo”

Violazione dell’articolo 13 della Costituzione e delle conseguenti leggi. Chi, o quale è l’organo costituzionale tenuto ad intervenire per interrompere questo scollamento istituzionale?

Gli organi di garanzia. Il costituente ha voluto delineare un potere di controllo molto forte, consegnandolo all’autorità giudiziaria e organizzando un sistema in cui l’autorità giudiziaria dovrebbe godere di piena indipendenza rispetto agli altri poteri. Questa situazione di indipendenza comporta l’obbligo di esercitare il controllo di legalità. Pare che qualcosa si sta muovendo. Questo controllo di legalità si può fare da molti punti di vista: si può esplorare se sussistono ipotesi di reato per questo trattenimento privo di una base giuridica. Poi si possono fare anche azioni civili, quindi possono intervenire varie forme di tutela. Gli organi di garanzia devono farlo, perché la logica dello Stato di Diritto è questa. Gli organi di garanzia devono correggere e reprimere gli abusi commessi da coloro che esercitano poteri pubblici o privati.

Tra le istituzioni di garanzia c’è anche la figura del presidente della Repubblica, garante della Costituzione?

Certo, però è una funzione diversa e meno invasiva di quella dell’autorità giudiziaria. Il presidente della Repubblica eserciterà questo potere come ritiene più opportuno. È più che altro un potere di moral suasion. Potrebbe negare la firma di determinati provvedimenti, ma qui non ci sono provvedimenti perché, per quel che ne capisco, ci troviamo di fronte a provvedimenti amministrativi presi con un tweet.

Ci sono Procure della Repubblica che indagano sulla vicenda, ma qualora venisse riconosciuta una responsabilità penale di un ministro, questo verrebbe giudicato dal Tribunale dei ministri. Rischiamo di veder pagare solo chi ha eseguito gli ordini, come nel caso dei respingimenti voluti dall’allora ministro degli Interni Roberto Maroni?

Certamente. Dovrebbe essere il Tribunale dei ministri ad interessarsi alla vicenda e chiedere poi l’autorizzazione a procedere. L’importane è comunque che l’autorità giudiziaria si muova e cominci ad agire. Poi, è certamente sperabile che i veri responsabili di questi abusi rispondano in prima persona e non altri.

La magistratura si è trovata spesso in contrasto con la politica. Adesso vediamo Procure che rischiano di incrociare di nuovo la spada con il Governo. Cosa pensa di queste continue tensioni tra i poteri dello Stato?

La magistratura deve fare il suo compito. Il problema è che la politica, e le decisioni di amministrazioni e di Governo, nello Stato di Diritto si devono svolgere rispettando certi binari. Quando escono fuori da questi binari, per forza di cose devono intervenire gli organi di garanzia. Perché uscire fuori da questi binari significa compiere degli abusi oppure violare dei diritti inviolabili di persone. Quindi l’ordinamento reagisce in questo modo. Se si verifica spesso questo conflitto tra politica e magistratura vuol dire che spesso la politica esce da suo ruolo, esce dai limiti dello Stato di Diritto.

“Se venisse ordinato di rimandare i migranti

in Libia sarebbe un ordine militare e sarebbe

un ordine palesemente illegale che secondo la

legge non deve essere rispettato, in base al

Codice Penale militare”

I migranti della Diciotti si possono rimandare in Libia, come paventato dal ministro degli Interni in caso di Unione europea non pervenuta?

Assolutamente no. Una condotta del genere comporterebbe dei reati gravissimi. Se venisse ordinato, sarebbe un ordine militare e sarebbe un ordine palesemente illegale che secondo la legge non deve essere rispettato, in base al Codice Penale militare. Però è fortemente diseducativo il fatto che un organo politico ventili la possibilità di compiere un’azione così palesemente illegale e contrabbandandola come se fosse una sua prerogativa.

“L’effetto anti-giuridico non è soltanto

quello di questa condizione di non libertà

non prevista dalla legge delle persone

bloccate sulla Diciotti; l’effetto vero è quello

di scoraggiare i salvataggi in mare”

Il ministro degli Interni gode di un notevole consenso da parte dell’opinione pubblica, anche in un momento del genere, in cui agisce a discapito delle leggi e dei diritti. Cosa che si potrebbe ripercuote su qualunque cittadino italiano una volta creato il precedente. Che impressione le fa tutto ciò?

Un’impressione molto triste, ma a questo servono gli organi di garanzia. Mentre i partiti politici inseguono il consenso, il compito degli organi di garanzia è quello di non inseguire il consenso ma di far rispettare le leggi ed i diritti fondamentali delle persone. C’è però una cosa che mi preoccupa molto di più: la questione del divieto di sbarco non è solo un problema che riguarda solo la violazione della libertà di queste persone a bordo della nave Diciotti e che sono sottratte ad un giudice; se viene impedito lo sbarco delle persone salvate in mare, evidentemente la politica emette una direttiva che sostanzialmente punta ad impedire il salvataggio dei naufraghi e delle persone che si trovano a rischio naufragio in mare. D’altronde abbiamo visto che le navi commerciali non si fermano più per i soccorsi. Se devono prendere delle persone dal mare che poi non possono sbarcare…capirete che a nessuno si può chiedere un sacrificio del genere! Quindi, l’effetto anti-giuridico non è soltanto quello di questa condizione di non libertà non prevista dalla legge delle persone bloccate sulla Diciotti; l’effetto vero è quello di scoraggiare i salvataggi in mare. Effetto che si è già verificato. C’è un comunicato del Unhcr del 6 luglio che mette in evidenza che nel 2018 c’è stata un’inversione del tasso delle persone morte in mare durante la traversata. Nel solo mese di giugno, come dice il comunicato, una persona su sette ha perso la vita nel tentativo di attraversare il Mediterraneo centrale, rispetto ad una su diciannove nella prima metà dell’anno e una su trentotto nella prima metà del 2017. Quindi, il punto è questo: facendo tutte queste storie per impedire lo sbarco in realtà si impedisce il salvataggio e si provoca la morte in mare.

Informazioni su Mauro Seminara 705 Articoli
Giornalista palermitano, classe '74, cresce professionalmente come fotoreporter e videoreporter maturando sulla cronaca dalla prima linea. Dopo anni di esperienza sul campo passa alla scrittura sentendo l'esigenza di raccontare i fatti in prima persona e senza condizionamenti. Ha collaborato con Il Giornale di Sicilia ed altre testate nazionali per la carta stampata. Negli anni ha lavorato con le agenzie di stampa internazionali Thomson Reuters, Agence France-Press, Associated Press, Ansa; per i telegiornali nazionali Rai, Mediaset, La7, Sky e per vari telegiornali nazionali esteri. Si trasferisce nel 2006 a Lampedusa per seguire il crescente fenomeno migratorio che interessava l'isola pelagica e vi rimane fino al 2020. Per anni documenta la migrazione nel Mediterraneo centrale dal mare, dal cielo e da terra come freelance per le maggiori testate ed agenzie nazionali ed internazionali. Nel 2014 gli viene conferito un riconoscimento per meriti professionali al "Premio di giornalismo Mario Francese". Autore e regista del documentario "2011 - Lampedusa nell'anno della primavera araba", direttore della fotografia del documentario "Fino all'ultima spiaggia" e regista del documentario "Uomo". Ideatore e fondatore di Mediterraneo Cronaca, realizza la testata nel 2017 coinvolgendo nel tempo un gruppo di autori di elevata caratura professionale per offrire ai lettori notizie ed analisi di pregio ed indipendenti. Crede nel diritto all'informazione e nel dovere di offrire una informazione neutrale, obiettiva, senza padroni.

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